La digital transformation e i big data sono – in un certo senso – le due facce della stessa medaglia. Gestire il cambiamento vuol dire tener conto della complessità di un universo sempre più articolato. Un universo fatto di dati, numeri ed informazioni che hanno un impatto tale sul business da arrivare a mutarne le logiche. Ecco perché comprendere gli impatti dei big data e delle tecniche di analytics è un passo fondamentale per capire come cambierà il business nei prossimi anni.
Lo scenario
Secondo una recente ricerca IDC, nel corso dell’ultimo anno e mezzo il 91% delle aziende ha ampliato lo spettro delle tecniche utilizzate per l’analisi dei dati dei quali dispone; il 77% ha esteso i tipi di dato e di fonti analizzate; il 76% ha aumentato il numero di utenti che possono sfruttare analisi basate su Big Data; infine, il 74% ha implementato nuove metriche e nuovi Key Performance Indicator. Il risultato? Un aumento stimato del valore del mercato mondiale inerente i big data che lo porterà a raggiungere i 21 miliardi di dollari nel 2015 e a toccare i 48,6 miliardi nel 2019. Cifre che la dicono lunga sul futuro prossimo della Big Data Analysis sul suo ruolo nelle aziende.
A tutto ciò vuol dire che le aziende che non saranno in grado di stare al passo non potranno che perdere di competitività. Entro il 2018 un’azienda leader di mercato su tre rischierà di essere surclassata dai concorrenti che avranno adottato piattaforme di Big Data Analytics per incrementare i risultati e ridurre i costi. E tra soli 5 anni chi sarà fuori dai Big Data sarà tagliato fuori anche dal mercato in cui opera. Nel 2020, infatti, la percentuale di dati ad alto valore che varrà la pena di analizzare sarà pari al doppio rispetto ad oggi, prevede IDC. E sempre nel 2020, il 60% di tutte le informazioni che raggiungeranno i decision maker aziendali sarà considerato affidabile e in grado di attivare azioni/reazioni ad hoc.
In Italia il panorama è incoraggiante: “possiamo stimare che circa il 23% delle imprese con più di 50 addetti stia cominciando seriamente a porsi la questione di perseguire una apposita strategia di Digital Transformation e allo stesso tempo si dia come priorità l’implementazione, seppure sperimentale, di una specifica progettualità sui Big Data” spiega Giancarlo Vercellino, Research & Consulting Manager di IDC Italia. “In questo ambito, l’interesse più forte viene espresso dalle aziende che lavorano nell’ambito dei servizi professionali e di business, oltre a quelle del comparto finanziario e assicurativo. Però, un interessamento sempre maggiore si segnala anche nell’ambito del manufacturing, fatto piuttosto inedito fino a qualche anno fa.”
Big data e digital enterprise
Il panorama appena descritto non si realizzerà certo da un giorno all’altro, ma ciò non vuol dire che i tempi del cambiamento siano rilassati. I Big Data sono una rivoluzione di una portata tale che la loro piena adozione e comprensione richiederà tempo e soprattutto una graduale evoluzione dei processi e della cultura aziendale. Siamo agli inizi, come si è detto, ma la consapevolezza sta aumentando chiarisce Enrico Salvatori, Big Data Business Consultant di HPE: “I nostri clienti chiedono ad HPE soluzioni open che salvaguardano gli investimenti già fatti; che siano scalabili in modo da indirizzare il crescente aumento dei dati e delle analisi e che sia in grado di supportare il processo di cambiamento sia dal punto di vista infrastrutturale, consentendo l’impiego di piattaforme cloud, on premise o ibride, sia dal punto di vista Software con le piattaforme di analytics, che dal punto di vista consulenziale in modo da ‘guidare’ il processo di trasformazione organizzativo che la digital transformation richiede.” Il fattore tempo viene riconosciuto come fondamentale: “anche il ‘time to market’, la dinamicità del mercato richiede dei tempi di messa in esercizio sempre più stringenti e per questo è fondamentale fornire piattaforme flessibili, modulari e scalabili anche in modalità cloud o hybrid cloud. L’approccio ‘As a Service’ della piattaform ‘Haven On Demand ‘ di HPE va ad indirizzare proprio questa necessità.”
Ma una volta che sarà raggiunta la piena maturità del fenomeno, l’impatto sarà enorme su due fronti: quello di una maggiore comprensione dei mercati e degli utenti di riferimento e quello più strettamente connesso alla digital enterprise. Il perché è presto detto, aggiunge Salvatori: “Attualmente le imprese prendono le loro decisioni basandosi sulle formazioni che vengono dai sistemi ‘tradizionali’ come i sistemi CRM ed i database transazionali che rappresentano circa il 10% del patrimonio informativo disponibile. La digitalizzazione e quindi l’avvento dei Big Data e dell’Internet of Things, mette a disposizione delle imprese un patrimonio informativo che consente di avere una visione olistica del business. Per fare questo le imprese devono attingere alle informazioni che sono presenti anche al di fuori della propria base dati, come ad esempio i dati social, gli open data così come ad altre tipologie di sorgenti come audio, video ed immagini. Fondamentale diventa fornirsi di piattaforme di analisi adeguate, in grado di far emergere quelli che vengono definiti gli ‘hidden patterns’. Sono i dati, infatti, che interpretati da nuove figure come i data scientist, che ‘suggeriscono’ nuove relazioni e nuovi modelli e per creare nuove opportunità di business.”
Se è vero che i big data e l’analisi dei dati permetteranno alle imprese orientate al consumatore di conoscerne abitudini e preferenze per soddisfare la sempre maggiore richiesta di personalizzazione di prodotti e servizi, è pur vero quidndi che sarà lo “sblocco” della digital enterprise a rappresentare la manifestazione più chiara del connubio tra Big data e trasformazione digitale. Sbloccare la digital enterprise, per IDC, vuol dire fare delle indicazioni derivanti dalla Big Data Analysis degli strumenti operativi per sviluppare le strategie di business. Usare cioè i dati per trarne informazioni utili ad elaborare soluzioni e prodotti con cui continuare ad alimentare quella catena di conoscenze di cui ha bisogno un’impresa per essere competitiva nell’era digitale.
Un circolo virtuoso in cui nuovi servizi e nuovi modelli di lavoro creeranno a loro volta nuovi dati che dovranno essere analizzati continuativamente, così da permettere a quei servizi di migliorare e restare competitivi. Questo, in fondo, vuol dire realizzare logiche di business non solo big data “oriented”, ma letteralmente data driven.
Di big data, di manifacturing e di digital transformation si parlerà il 25 Novembre a Milano nel corso della tavola rotonda Big Data e Real-time Analytics organizzata da Hewlett Packard Enterprise e Intel in collaborazione con IDC: qui per ulteriori informazioni.
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