Alfabeto Open: V come Volontari

“Tutti raggiungono il miglior risultato possibile a condizione che tutti agiscano NON con il fine di ottenere il miglior risultato per sé, MA quello di ottenere il miglior risultato per il gruppo (e quindi, indirettamente, ottenendo un risultato migliore anche per sé)” [Teoria dei giochi, sintesi di “Equilibrio di Nash”, del matematico John Nash]

Circa un italiano su otto svolge attività di volontariato a beneficio di altri o della comunità.
L’ISTAT ci dice infatti che sono 4,14 milioni i cittadini che svolgono la loro attività in un gruppo o in un’organizzazione (7,9%), ai quali si sommano altri 3 milioni che si impegnano in maniera non organizzata (per un tasso di volontariato totale pari al 12,6%).
I settori sono i più disparati, con una ricchezza d’offerta che riesce a coprire a tutto tondo sia l’aspetto sociale che quello culturale della nostra vita, senza trascurare altri temi importanti come l’ambiente.

VolontariVolontariato è la capacità di dedicare tempo agli altri, sottraendolo a noi stessi.

E’ la voglia di cambiare le cose, di risolvere problemi che secondo noi non trovano una risposta efficace nella realtà quotidiana che viviamo. Quindi, semplicemente ci rimbocchiamo le maniche e ci mettiamo al lavoro.

Il volontariato organizzato nelle associazioni possiede delle precise caratteristiche, previste dalla legge 11 agosto 1991 n. 266:

  • l’assenza di finalità di lucro;
  • la democraticità della struttura, cioè l’elettività delle cariche associative (oltreché la loro gratuità);
  • la gratuità delle prestazioni degli aderenti;
  • i diritti e gli obblighi degli aderenti e l’esplicitazione dei criteri della loro ammissione ed esclusione;
  • l’obbligo della formazione del bilancio e le modalità di approvazione dello stesso da parte dell’assemblea degli aderenti;
  • divieto assoluto di retribuzione degli operatori soci delle associazioni [fonte wikipedia]

In Italia, dove si riscontra una sempre maggiore attenzione per il software libero, vi sono moltissime associazioni no-profit che dedicano le proprie energie a promuovere i valori che esso rappresenta e, soprattutto, a cercare ogni occasione possibile per dimostrare le opportunità che il software libero può offrire, a vantaggio di tutti.

Ne sono un esempio i Linux User Group nelle città italiane di tutto il territorio nazionale, l’Associazione per il Software Libero (AsSoLi), l’Industria Italiana del Software Libero, oppure la stessa LibreItalia (…impossibile riuscire a citare tutti).

Nuove o veterane, grandi o piccole che siano, ogni giorno le associazioni lavorano in prima linea per dare un contributo.

Un esempio concreto lo vediamo nelle scuole, con le quali si creano spessissimo rapporti di collaborazione per risolvere diverse necessità, che vanno dalla formazione di docenti su strumenti liberi alla riprogettazione dei laboratori informatici, o anche al supporto alla progettazione per partecipare a bandi di finanziamento (come gli attuali fondi PON 2014-2020).

Non mancano anche rapporti con le Pubbliche Amministrazioni, con le quali, ad esempio, spesso si pianificano efficacemente le strategie relative alle migrazioni a software libero, oppure si analizzano le problematiche relative alla necessità di ridurre il lock-in tecnologico.

Volontariato nel software libero è anche ritrovare negli occhi dell’interlocutore la stessa passione per la tecnologia, per l’openness, per il problem solving, la stessa soddisfazione nel contribuire a qualcosa di collettivo, di importante per gli altri e per la realtà che viviamo… e l’appagamento morale dei risultati conseguiti, insieme alla gratitudine che ci viene dimostrata, ci fa ben dimenticare il sacrificio del nostro tempo libero.

Trattandosi specificatamente di tecnologia, quindi materia specialistica, nelle associazioni i soci vivono spesso l’equilibrio importante tra attività di volontari e la propria professione.

Un bravo informatico spesso può dare un contributo molto utile, quasi come fosse un medico in una missione umanitaria. Ma proprio per questa duplice natura, di volontario e di professionista, è necessario tracciare bene i confini oltre i quali finisca l’uno e cominci l’altro ruolo, in modo da tutelare e privilegiare sempre e comunque lo scopo dell’associazione, la sua natura no-profit e lo spirito volontaristico delle attività che vengono svolte.

Occorre essere consapevoli, altresì, che non definire con attenzione e chiarezza questi confini comporti, prima o poi, il discredito dell’associazione e, inevitabilmente, di tutti i suoi soci.

In generale, il momento che stiamo vivendo è favorevole per le associazioni di software libero e può tendere ancora al miglioramento.

Finalmente si sta facendo spazio il modello operativo dei living labs, che definisce l’innovazione come un processo collaborativo di co-produzione e co-creazione di servizi innovativi.

I servizi stessi stanno superando il concetto di “usabilità”, ormai troppo riduttivo, e si occupano sempre più di dare risposta a necessità dettate dalla “User eXperience”, l’esperienza individuale di interazione con questi servizi in ambienti di vita reale.

L’utente torna al centro del sistema, quindi la prospettiva cambia e cambia pure il ruolo di ciascuno di noi, utente o volontario attivista che sia.

Se si inverte davvero il paradigma, si può aprire una stagione molto positiva per realizzare qualcosa di nuovo, di concreto, contribuendo ciascuno con il proprio ruolo a creare tutti gli spazi ed i momenti di confronto, di scambio, di crescita: un coworking tra associazioni, il nostro futuro di collaborazione e sostegno reciproco.

Fare rete insieme ci può consentire di creare e rendere disponibili “beni comuni” nei territori, a cui il territorio possa attingere: beni come la conoscenza diffusa, la disponibilità di competenze qualificate, insieme alla presenza di imprese fornitrici di servizi o di tecnologia, ottenendo un ambiente sociale che premi i comportamenti non opportunistici ed un governo del territorio che favorisca l’integrazione tra gli attori.

Spazi utili, molto utili al giorno d’oggi: forse un po’ meno social, ma decisamente più socievoli.

E c’è posto per tutti, davvero, basta solo avere voglia di donare un po’ di tempo agli altri.

 

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