“Non ho paura di morire, in qualsiasi momento capiterà, non m’importa… Perché dovrei aver paura di morire? Non ce n’è ragione, prima o poi te ne devi andare.” (“The Great Gig in the Sky”, Album “The Dark Side of the Moon” – Pink Floyd)
Muore Ian Murdock, il padre di Debian.
Molto si scriverà sulle cause e sulle circostanze, ancora non del tutto chiare, che aggiungono tristezza e amarezza alla sua scomparsa. Chiedo venia, non mi soffermo su questo.
Molto altro si scriverà sulle origini del nome della distribuzione, sulla sua storia. Molti tweet, molti post sui blog. E’ del tutto legittimo.
Una parte del mondo ieri è rimasta letteralmente senza fiato davanti a questa notizia.
Appartengo a quella parte del mondo, insieme a molti altri, ma come se si trattasse della scomparsa di un amico caro, piuttosto sento la necessità solo di tornare indietro con i ricordi e di sospendere un poco nel tempo questo amaro momento.
Nelle community open source ognuno di noi ha la propria distribuzione GNU/Linux preferita. Quindici anni fa si discuteva con molta passione su questo argomento, direi ben più di oggi: chi preferiva la purezza tecnica della Slackware, chi la garanzia e compatibilità Red Hat, altri l’ottimizzazione della Gentoo, oppure il supporto della Suse… Altri preferivano Debian.
Non era una questione di “fedeltà” all’una o all’altra distribuzione, come se si trattasse della squadra del cuore. Piuttosto era “sentire” una determinata distribuzione, non solo come quella adatta allo scopo per cui doveva essere utilizzata (desktop, server ecc.), ma anche come quella più o meno aderente alla propria filosofia, al proprio carattere.
Debian è la distribuzione più importante del mondo ed il merito di aver compiuto il primo passo di questa meraviglioso cammino è tutto dell’allora ventenne(!) Ian Murdock.
Lo dico ora con un pizzico di presunzione, una determinazione maggiore rispetto a quella che usavo nelle disquisizioni che si tenevano molti anni fa. E non solo perché la storia ci ha inequivocabilmente dimostrato che Debian sia la mamma del più alto numero di distribuzioni figlie (compresa la usatissima Ubuntu, basta guardare questo grafico e notare da sinistra a destra il peso di ciascuna di esse).
Ciò che mi va di fare oggi insieme a voi, quindi, è ricordare il manifesto Debian, scritto da Ian nel gennaio 1994, e che vi invito caldamente a leggere (o rileggere dopo svariati anni, per qualcuno di noi).
E’ solo per questo manifesto che molti, moltissimi, compreso il sottoscritto, hanno inequivocabilmente adottato Debian come la propria distribuzione.
Scriveva Ian:
“Debian Linux è un tipo del tutto nuovo di distribuzione Linux. Invece di essere sviluppata da una persona o da un gruppo singolo, come sono state sviluppate in passato le altre distribuzioni Linux, Debian è sviluppata apertamente secondo lo spirito di Linux e di GNU. Lo scopo principale del Progetto Debian è finalmente quello di creare una distribuzione che sia degna di Linux. Debian è realizzata attentamente e coscienziosamente e sarà mantenuta e supportata con la stessa cura.”
[…]
“Il processo di creazione di Debian è aperto per assicurare che il sistema ottenuto sia della più alta qualità e rifletta le esigenze della comunità degli utenti. Coinvolgendo altre persone, con un ampio bagaglio di capacità e conoscenze, Debian è in grado di svilupparsi in maniera modulare.”
Parole che rapiscono subito.
Si afferma non solo lo spirito di un uomo, ma il vero spirito della community, che si impegna solennemente a dare vita, tutti insieme, a questo progetto meraviglioso, un sogno che al tempo sembrava inarrivabile: una distribuzione GNU/Linux aperta, mantenuta, curata, attraente, facile da usare, totalmente libera e diffusa in ogni dove. Scusate se è poco: letteralmente una rivoluzione.
Prosegue ancora Ian sul modo in cui distribuire Debian:
“È anche il tentativo di creare una distribuzione non commerciale che sia in grado di competere effettivamente sul libero mercato.”
[…]
“Una tale distribuzione è essenziale per il successo del sistema operativo Linux sul libero mercato e deve essere realizzata da organizzazioni in posizione tale da promuovere e sostenere con successo il software libero senza la pressione di profitti o rientri.”
[…]
“Con il semplice fatto che distribuirà Debian, viene inviato al mondo il messaggio che Linux non è un prodotto commerciale e non lo sarà mai, ma questo non significa che Linux non potrà competere commercialmente.”
Qui il taglio netto di Debian: l’indipendenza e la libertà del progetto e l’ingresso come no-profit nel mercato mondiale. Caratteristiche che il progetto ha mantenuto con impegno e serietà.
Conclude infatti Ian nel suo manifesto:
“È arrivato il momento di concentrarsi sul futuro di Linux, piuttosto che allo scopo distruttivo di arricchirsi a spese dell’intera comunità Linux e del suo futuro. Lo sviluppo e la distribuzione di Debian potrebbero non essere la risposta ai problemi che ho descritto nel Manifesto, ma spero che servirà almeno ad attirare l’attenzione su queste problematiche abbastanza per permettere che vengano risolte.”
A mio avviso esiste oggi un modo del tutto sostenibile di fare business con l’open source e le parole di Ian su questo punto possono suonare come radicali ed oltranziste, per certi versi in analogia a quelle di Richard Mattew Stallman, che proprio in quegli anni fondava la Free Software Foundation.
Piuttosto, il progetto Debian ha efficacemente controbilanciato il modello mondiale di produzione e distribuzione del software, ridando vita e realizzando i principi stessi delle community.
Il mondo Linux non sarebbe stato lo stesso senza Ian, che con capacità, lungimiranza ed altruismo ha aggregato una comunità di persone imponente e legata da ideali comuni, a cui ha dato voce, risposta alle esigenze e libertà. E molti di questi utenti, compreso il sottoscritto, non sarebbero gli stessi. Ne ho assoluta consapevolezza.
Oggi Debian dunque rappresenta molto più di un semplice Sistema Operativo: viene liberamente distribuita con oltre 43000 pacchetti, programmi già compilati e impacchettati in modo tale da permettere installazioni facili in ogni dove.
Grazie Ian, grazie di tutto. Solo questo.
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