Stazione appaltante: e la chiamano trasparenza

Se siete un’azienda ed avete tra i vostri clienti una Pubblica Amministrazione (PA), già sappiamo quanto sia difficile districarsi tra i mille adempimenti e le mille procedure, come ad esempio quelle imposte dalla normativa antimafia…

Ma se siete una Pubblica Amministrazione, o meglio una Stazione Appaltante, la situazione non è affatto migliore: secondo un paradosso tutto italiano, se avete applicato con zelo eccessivo le leggi vigenti potreste avere dei problemi.

Le leggi

Il D.Lgs 82/2005, meglio noto come “Codice dell’Amministrazione Digitale” o CAD, all’art.68 impone alle PA l’acquisizione di “programmi informatici o parti di essi nel rispetto dei principi di economicità e di efficienza, tutela degli investimenti, riuso e neutralità tecnologica, a seguito di una valutazione comparativa” che di fatto relega l’uso di software proprietari, compresi evidentemente i sistemi operativi, a casi di effettiva comprovata necessità.

La Legge 190/2012, nota come “legge anticorruzione”, al comma 32 dell’art.1 impone alle PA che appaltano lavori o servizi, e per questo denominate in questo contesto Stazioni Appaltanti (SA), la trasparenza del proprio operato secondo le seguenti modalità:

[…] le stazioni appaltanti sono in ogni caso tenute a pubblicare nei propri siti web istituzionali: la struttura proponente; l’oggetto del bando; l’elenco degli operatori invitati a presentare offerte; l’aggiudicatario; l’importo di aggiudicazione; i tempi di completamento dell’opera, servizio o fornitura; l’importo delle somme liquidate.

Entro il 31 gennaio di ogni anno, tali informazioni, relativamente all’anno precedente, sono pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici. Le amministrazioni trasmettono in formato digitale tali informazioni all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che le pubblica nel proprio sito web in una sezione liberamente consultabile da tutti i cittadini, catalogate in base alla tipologia di stazione appaltante e per regione.

Gli adempimenti

Fin qui non ci sarebbe nulla da eccepire, se non – a voler essere pignoli – una certa (e inutile) ridondanza delle richieste che lascia sospettare una migliorabile competenza informatica del legislatore. Infatti, una volta definita una struttura di dati da utilizzare e una volta imposta la pubblicazione dei dati in quel formato (in tal modo promuovendoli al rango di “informazioni”), pubblicare “tabelle riassuntive” è una richiesta ridondante, dal momento che le informazioni possono essere trattate, elaborate e riassunte a piacere. Analogamente ridondante è la richiesta di “trasmettere in formato digitale tali informazioni all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture”, dal momento che le informazioni sono già in formato digitale e sono pubbliche e quindi l’Autorità può andarsele a leggere dove esse sono pubblicate (avete presente internet?).

Ma questo è niente. Il sito web dell’Autorità Nazionale Anti-Corruzione (ANAC) riporta altri adempimenti a carico delle SA. A questa pagina viene detto che per adempiere agli obblighi di cui sopra le SA devono:

a)    Trasmettere all’Autorità, entro il 31 gennaio 2015, solo mediante Posta Elettronica Certificata all’indirizzo [email protected], un messaggio di PEC attestante l’avvenuto adempimento. Tale messaggio PEC deve riportare obbligatoriamente, nell’apposito modulo PDF (si deve utilizzare esclusivamente la versione del modulo aggiornata al 12 gennaio 2015), il codice fiscale della Stazione Appaltante e l’URL di pubblicazione del file XML per l’anno 2015;

b)    Pubblicare sul proprio sito web istituzionale le informazioni di cui all’articolo 3 della Deliberazione n.26 del 22 maggio 2013 secondo la struttura e le modalità definite dall’Autorità (vedi specifiche tecniche aggiornate per la pubblicazione dei dati in file XML).

Il punto b) va nella giusta direzione auspicata poco sopra: la definizione delle specifiche per la pubblicazione dei dati è il primo passo.

Il punto a), invece, appare davvero irricevibile, per almeno un paio di ragioni che elenchiamo in ordine di gravità.

Comunichiamo di aver comunicato

La prima ragione ha a che fare con l’opportunità. A che serve, nel 2015, comunicare con una e-mail (una PEC, addirittura) l’avvenuta pubblicazione in rete di dati? Se i dati ci sono, ci sono, punto. Nel 2015 abbiamo tutti gli strumenti per rendere la procedura automatica. Per fare un esempio, quando il tuo sistema operativo ha degli aggiornamenti da proporti non ti manda mica una mail per informarti, vero? Se gli aggiornamenti ci sono il sistema riceve una notifica, non una e-mail (tanto meno una PEC!). Cosa impedisce alla nostra PA di implementare un sistema in cui ad ogni pubblicazione di informazioni relative a una gara d’appalto segue una notifica che l’Autorità riceve in tempo reale, senza che ci sia bisogno di un impiegato che si metta lì a scrivere di suo pugno un messaggio di posta elettronica?

Invece no: bisogna mandare una mail, con DENTRO un allegato file PDF con DENTRO le informazioni sulla pubblicazione dei dati. Un’idea come questa, frutto del più puro genio italiano, bisognerebbe brevettarla, prima che ce la rubino.

Come si apre questo modulo?

La seconda ragione ha a che fare con la libertà. Ma cosa c’è esattamente DENTRO al file PDF che dobbiamo allegare DENTRO alla PEC? Cos’altro se non… un modulo (già, il vero unico totem della burocrazia italiana: il Modulo!) da compilare?

Peccato, però, che il modulo sia stato realizzato con un software proprietario, Adobe LiveCycle Designer, che è fatto apposta per creare file PDF (ma anche HTML) compilabili, i quali però si aprono solo con un altro software proprietario, Adobe Reader (versione 6 o successive). Quest’ultimo è scaricabile gratuitamente dal sito web del produttore, ma solo  dagli utenti di sistemi operativi proprietari. Tutti gli altri, cioè ad esempio le PA virtuose di cui si parlava in premessa, che magari hanno applicato alla lettera il CAD installando sui proprio computer un sistema operativo libero come Linux, potranno solo limitarsi ad ammirare questo messaggio:

MOD-LG1902012-1.2

Nonostante le rassicurazioni (You can upgrade to the latest version of Adobe Reader for Windows®, Mac, or Linux® by visiting http://www.adobe.com/products/acrobat/readstep2.html) sul sito di Adobe non c’è nessuna versione per Linux da poter scaricare, perché in realtà Adobe ha smesso di sviluppare nuove versioni per Linux del suo lettore di file PDF (l’ultima versione scaricabile è la 9.5.5, risalente ad almeno due anni fa), e la versione per Android non sembra in grado di aprire il file in questione.

AdobeReader

Se ancora vi sembra poco, potete provare ad andare su quest’altra pagina del sito dell’ANAC, dove viene spiegato come comunicare i dati relativi alla nomina dei Responsabili della Prevenzione della Corruzione (RPC) e dei Responsabili della Trasparenza (RT). Testualmente:

I dati relativi alla nomina del Responsabile della prevenzione della corruzione e del Responsabile della Trasparenza devono essere inviati ESCLUSIVAMENTE con il Modulo_ANAC_Nomina_RPC compilato digitalmente in ogni suo campo e inviandolo ESCLUSIVAMENTE alla casella e-mail [email protected].
NON SARANNO PRESE IN CONSIDERAZIONE COMUNICAZIONI EFFETTUATE IN MODO DIVERSO O MODULI COMPILATI A MANO E SCANNERIZZATI.

Riassumendo: per comunicare all’ANAC che avete pubblicato degli open data a norma di legge dovete avere un sistema operativo proprietario, dove installare un software proprietario che serve per compilare un modulo PDF da inviare per e-mail. Lo stesso sistema operativo proprietario e lo stesso software proprietario sono anche l’unico strumento da usare per comunicare i dati relativi alla nomina dei Responsabili della Prevenzione dellaCorruzione e – dulcis in fundo – del Responsabile della Trasparenza.

E la chiamano trasparenza…

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