No contraffazione: un codice aiuta il made in Italy

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Approvata dalla Camera in questi giorni, senza voti contrari e con l’astensione del M5S , la proposta di legge sulla tracciabilità dei prodotti made in Italy che dovrebbe arginare il fenomeno della contraffazione, presentata da alcuni parlamentari tra i quali Stefano Quintarelli (Gruppo Misto), Paolo Coppola (Pd), Vincenza Bruno Bossio (Pd), Maria Chiara Carrozza (Pd). La legge istituisce un sistema volontario per le aziende di autenticazione e tracciabilità dei prodotti tramite l’apposizione di codici identificativi non replicabili (ovvero codici RFID che nel testo volutamente non sono stati nominati per non legarsi troppo alla tecnologia, come ci ha spiegato l’on. Quintarelli). Obiettivo: permettere al consumatore di tracciare la filiera del prodotto e soprattutto scoprire eventuali contraffazioni grazie alla consultazione dei dati contenuti nell’etichetta identificativa dalla quale si potrà risalire ai dati del produttore, dell’ente certificatore della filiera del prodotto e del distributore che fornisce il sistema dei codici stessi. Gli aspetti tecnici quali tecnologie da usare, modalità operative per il rilascio delle certificazioni e modalità di accreditamento dei produttori delle applicazioni saranno definiti con regolamento del Ministro dello sviluppo economico da emanare entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge.

Quali costi per le aziende?

Una delle prime obiezioni, come c’era da aspettarselo, è stata: quali saranno i costi per le aziende che decideranno di codificare i propri prodotti? L’onorevole Stefano Quintarelli risponde a questo sottolineando che “il sistema non è obbligatorio ma volontario. Deve essere visto come una opportunità per le imprese per certificare la qualità dei prodotti e per proteggere il nostro made in Italy. Abbiamo deciso inoltre di sostenerne la diffusione con 20 milioni di euro di contributi”.
Ai contributi – le cui modalità di concessione saranno stabilite con regolamento adottato entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge con decreto del Ministro dello sviluppo economico – potranno accedere le micro, piccole e medie imprese, i distretti produttivi, le forme associate di imprese e le start-up innovative.

Il parere dell’economista che ha contribuito a costruire la proposta di legge

La proposta di legge – spiega Carlo Alberto Carnevale Maffè, professore di Strategia e Imprenditorialità SDA Bocconi – ha un duplice vantaggio: dal lato dell’offerta rappresenta un impegno al controllo della filiera finalizzato a garantire qualità del prodotto mediante trasparenza; dal lato della domanda è una chiamata alla responsabilità del consumatore e alla collaborazione di tutti. L’utente finale, contribuendo con la verifica della “bontàdel prodotto, diventa ispettore distribuito”. Nella economia della collaborazione tutti controllano quindi contribuendo a migliorare l’ecosistema. “Con questa legge – continua Carnevale Maffè – si contribuisce alla crescita della cultura del consumatore che, facendo un controllo legittimo per il suo interesse a non essere truffato, aiuta le aziende a scoprire eventuali falle nel sistema di distribuzione”. In questo modo si può innescare un circolo virtuoso che fa contento il cliente, fa guadagnare le aziende e aiuta i controlli da parte delle autorità.

Il parere di un imprenditore che sulla tracciabilità dei prodotti ha costruito una solida realtà

Viene da chiedersi: la certificazione e tracciabilità dei prodotti hanno un loro mercato? Gli utenti e le imprese sono davvero interessate? Abbiamo intercettato Certilogo, azienda fondata a Milano nel 2006 e che opera oggi a livello internazionale, e che su questo basa il suo business. I numeri sembrano confermare un interesse importante: più di 50 top brand che hanno aderito al network, oltre 60 milioni di prodotti taggati e quasi 1 milione di autenticazioni prodotto, eseguite da consumatori provenienti da oltre 100 Paesi.

La contraffazione – afferma il fondatore e amministratore delegato di Certilogo, Michele Casucciè un fenomeno che ha saputo nutrirsi dell’evoluzione tecnologica per diventare sempre più sofisticata e complessa da debellare. Sulla rete i contraffattori agganciano un mercato globale inserendosi, come un virus, negli scambi tra produttori e consumatori che inconsapevolmente si trovano ad acquistare un prodotto falso. Combattere questo fenomeno comporta un duplice approccio: di sistema e tecnologico. Di sistema perché è fondamentale che tutti gli attori potenzialmente impattati dalla contraffazione si schierino facendo fronte comune: al fianco delle aziende produttrici devono esserci Stato, dogane, associazioni di categoria e principalmente gli stessi consumatori. Tecnologico perché bisogna dotare tutti i soggetti di strumenti che sfruttando la rete li abilitino a verificare l’autenticità dei prodotti che intendono acquistare. Di questa legge non possiamo che essere contenti: riteniamo che, attraverso la creazione dello stimolo legislativo, lo Stato solleciti le aziende a dotarsi di sistemi di autenticità attivabili da tutti gli attori, in particolare dai consumatori.

Gli ambiti di applicazione della legge potranno spaziare dall’agroalimentare alla moda toccando tutti i settori in cui si ritenga importante certificare la provenienza del prodotto ritenuta spesso sinonimo di qualità.

Chi è interessato alla verifica dei prodotti?

Dai dati 2015 presentati da Certilogo a inizio anno, sono i consumatori dell’Europa Occidentale (36%) i più interessati a interrogare la piattaforma per controllare che il prodotto acquistato sia autentico, seguiti da quelli del Far East (22%), con a capo la Cina e Nord e Centro America (17%); gli italiani sono il 12%.  I consumatori che si sono trovati davanti a un falso sono per il 59% provenienti dall’Europa Occidentale, con l’Italia che registra un 22% del totale “falsi di Made in Italy” verificati nel mondo. Segno evidente che i problemi di contraffazione sono una realtà.

Area di provenienza delle verifiche con risposte con risposta Falso (dati Certilogo)
(dati Certilogo)

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