Comuni Smart: si può fare. Intervista a Paolo Testa

Correva l’anno 2013 quando venne presentato il Vademecum per la città intelligente, curato da un gruppo di lavoro Anci-ForumPA diretto da Paolo Testa e Gianni Dominici, che voleva essere un primo passo verso la costruzione di una “cassetta degli attrezzi”, ovvero strumenti condivisi di progettazione e “ricostruzione” delle città in ottica smart che potessero tornare utili ai comuni piccoli e grandi. Cosa è cambiato da allora? E come le nostre città si stanno evolvendo (se lo stanno facendo)? Ma soprattutto quanto si riesce a collaborare in un tessuto urbano come il nostro, caratterizzato da sole 15 città con più di 200mila abitanti, una diffusa presenza di città medie e l’85% dei Comuni con meno di 10mila abitanti? Ne abbiamo parlato con Paolo Testa, Direttore di Cittalia e Responsabile dell’Osservatorio Nazionale Smart City dell’Anci, che coordinerà il secondo incontro nazionale degli Assessori alla Smart City sul tema dell’intelligenza della città partecipata: competenze, risorse e regole per l’innovazione urbana, che si tiene il 24 maggio alle 15 a ForumPA.

Paolo Testa
Paolo Testa

“Rispetto a tre anni fa – afferma Paolo Testa – diverse cose sono cambiate: da allora c’è più consapevolezza di sindaci e assessori sul fatto che la tecnologia non è la soluzione ai problemi ma solo un mezzo per ripensare le città. Credo che in questo l’Osservatorio Smart City abbia il merito di essere riuscito a informare e far confrontare le persone al fine di riportare la centralità dei temi sulle questione urbane per un approccio più efficace, che riparta dai problemi per poi considerare il come risolverli, anche attraverso le tecnologie. Superata l’illusione tecnologica ci si è potuti concentrare su un approccio più strategico e non più di singola policy. Oltre a questo, rispetto ai tempi del primo Vademecum, possiamo finalmente ragionare su esperienze e progetti. Non parliamo più di idee e visioni ma di fatti concreti, iniziative in corso, cose realizzate che possono fare buona pratica e che meritano di essere discusse nella rete di assessori comunali alle smart city che abbiamo costruito”.

La contaminazione tra amministratori con competenza alla innovazione o alla smart city è sicuramente positiva: al momento sono circa una sessantina quelli più attivi che si scambiano idee e suggerimenti e che mettono in comune la propria esperienza per co-progettare soluzioni intelligenti replicabili in contesti diversi.

“All’incontro di quest’anno a ForumPA – continua Testa – ci confronteremo su tre temi: innovazione sociale, ovvero come includere i cittadini nel processo decisionale; competenze digitali interne che rappresentano un elemento indispensabile per cambiare la PA e quindi anche i territori; infrastrutture, ovvero impatto del piano nazionale banda ultra larga e del piano nazionale scuola digitale sui comuni. Al di là dell’incontrarsi di persona che periodicamente serve, abbiamo creato una prima piattaforma di confronto on line in cui scambiarsi (e quindi riusare) documenti e altro materiale”.

Parlando di assessori all’innovazione e alla smart city la domanda nasce spontanea: quanto è importante questa figura nei processi di costruzione dei comuni smart? “Al di là del nome innovazione piuttosto che smart – dice Testa – la figura funziona dove svolge due compiti fondamentali: il coordinamento tra diversi assessorati e quindi tra diverse policy in chiave smart e il presidio sui temi innovativi che più difficilmente trovano attenzione in alcuni assessorati. Abbiamo avuto esperienze con assessori all’innovazione, come nel caso del comune di Milano, che hanno saputo fare da “collante”, preoccupandosi dell’emersione (e quindi della conoscenza) di alcune esperienze presenti nel comune e del coordinamento delle attività sia interno che con soggetti esterni. Deve essere insomma una figura con ruolo trasversale e non solo tematico”.

Dalle esperienze che emergeranno dall’incontro del 24 sembra proprio che il “Comune smart” sia possibile. Anche nel caso di piccoli comuni che si associano e ragionano in termini di unione dei comuni. Quale allora il limite più grande? Forse le risorse finanziarie come sostengono alcuni? “I comuni – afferma Paolo Testa – devono abituarsi a ragionare in termini di pluralità di finanziamenti, al cosiddetto mix funding, che risulta una soluzione vincente: non può esserci una sola fonte di finanziamento per progetti grandi, magari pluriennali e che coinvolgono diversi settori e impattando su molti aspetti della città. Se c’è pluralità di interventi e approcci, se ci si basa su politiche trasversali per ripensare le città si deve ragionare su pluralità di fondi”.

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