Anche Gigi D’Alessio lascia SIAE: sarà effetto domino?

Gigi D’Alessio lascia la Società Italiana Autori ed Editori per la gestione dei propri diritti, affidandosi a Soundreef, società di diritto inglese nata nel 2011.

Lo scorso 29 aprile era stato Fedez a compiere lo stesso passo, definendo Soundreef una “società fresca e trasparente”.

Tali passaggi “eccellenti” hanno riacceso il dibattito sulla necessità da parte del Governo di abolire il monopolio SIAE, tutelando maggiormente autori ed editori da ogni possibile abuso.

Per comprendere meglio la questione è opportuno fare un breve cenno situazione normativa.

Il compito di tutelare il diritto d’autore è affidato alle collecting societies che – sulla base di accordi con i detentori dei diritti – provvedono ad inserire le opere nei loro repertori, metterle a disposizione dei potenziali utilizzatori a condizioni economiche standardizzate e a raccoglierle e distribuire i proventi ottenuti dalle utilizzazioni.

In Italia, in tale settore, sussiste un monopolio legale a vantaggio di SIAE. Infatti, la legge sul diritto d’autore (L. n. 633/1941) prevede all’art. 180 che “l’attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta o indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche di cessione per l’esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate, è riservata in via esclusiva alla Società italiana degli autori ed editori (SIAE)”.

Tuttavia, mentre la normativa nazionale concede il monopolio a SIAE, a livello comunitario la direttiva Bernier (2014/26/EU) consente a tutte le società straniere di operare liberamente nel territorio italiano.

Infatti, la direttiva – che avrebbe dovuto essere recepita entro lo scorso 10 aprile – prevede chiaramente che “i titolari dei diritti hanno il diritto di autorizzare un organismo di gestione collettiva di loro scelta a gestire i diritti, le categorie di diritti o i tipi di opere e altri materiali protetti di loro scelta, per i territori di loro scelta, indipendentemente dallo Stato membro di nazionalità, di residenza o di stabilimento dell’organismo di gestione collettiva o del titolare dei diritti”.

Ed è proprio in tale contesto che si inserisce Soundreef, società di diritto inglese operante anche in Italia (quindi pienamente in linea con le previsioni della direttiva citata) che offre servizi alternativi a quelli delle tradizionali società di gestione collettiva dei diritti d’autore ed offre la rendicontazione dei compensi in maniera analitica oltre a pagamenti molto rapidi.

Il modello Soundreef, insomma, sta travolgendo il monopolio SIAE che ormai appare anacronistico in un mercato sempre più aperto e digitale.

Gigi D’Alessio è, dunque, il secondo grande artista che passa tra le file della società britannica, incaricata di riscuotere i suoi proventi musicali a partire dal 1 gennaio 2017. Forte di 20 milioni di dischi venduti in tutto il mondo e con un repertorio di circa 750 brani, la scelta del cantante partenopeo potrebbe innescare un vero e proprio effetto domino, come auspicato da Davide D’Atri, amministratore delegato di Soundreef.

Sono sempre attento alle novità – ha detto D’Alessio – e mi sono accostato con curiosità a Soundreef. Ho cercato di capire meglio e mi ha convinto la trasparenza della rendicontazione al contrario di quella SIAE che non è analitica e non chiarisce con esattezza da dove arrivano i proventi (la replica da parte di SIAE non si è fatta attendere). Non era per me una scelta facile ma ho creduto nel progetto di questi giovani e credo nel libero mercato. Laddove c’è il monopolio il mercato non cresce. Sono certo che tanti altri colleghi ci seguiranno su questa strada”.

L’avvocato Guido Scorza, che assiste professionalmente Soundreef e da anni si occupa delle vicende riguardanti SIAE, ci ha dichiarato: “La scelta di Gigi D’Alessio dà corpo a quello che vedo e scrivo da anni: in SIAE, purtroppo, manca quella trasparenza che autori ed editori si aspettano da chi amministra i loro diritti. Guai a negare che si siano fatti e si continuino a fare sforzi di riforma ma, evidentemente, non ci siamo ancora. E d’altra parte basta leggere l’ordinanza di ripartizione dei diritti per il 2015, per convincersene: la ripartizioni analitica che in linea di principio sarebbe la regola, nella pratica diventa l’eccezione”.

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