Un’app per la salute? No, grazie!

Si sente spesso parlare di app per la salute, ma quanto effettivamente queste sono usate e apprezzate dagli utenti? E quanto invece è necessario ripensarle al fine di renderle più appetibili? Uno studio pubblicato nel novembre 2015 sul Journal of Internet Medical Research dedicato alla mHealth aiuta a comprendere meglio diversi aspetti di questa tematica. Lo studio è stato condotto da due autori dalle prestigiose affiliazioni che danno grande autorevolezza alla ricerca: New York University School of Medicine, Department of Population Health, The Department of Veterans Affairs (VA), New York Harbor Healthcare System, College of Global Public Health, Population Center, New York, University, Center for Data Science, New York University.

Il riferimento bibliografico, per chi voglia cercare lo studio liberamente disponibile su Internet è “Krebs P, Duncan DT Health App Use Among US Mobile Phone Owners: A National Survey JMIR Mhealth Uhealth 2015;3(4):e101”.

Su chi era basata la ricerca?

Lo studio è stato condotto su un totale di 7.189 persone che hanno visitato la pagina del survey, di cui 6.871 (95.58%) hanno accettato di partecipare. Dei partecipanti il 30,40% ha completato l’intera indagine e 485 di questi sono stati rimossi per mantenere un equilibrio demografico del campione.

L’età media era di 40 anni e variava da 18-81 anni. Circa la metà del campione era di sesso femminile e il 60,38% aveva un reddito annuo inferiore a 50mila US $ all’anno. Rispetto allo stato di salute, solo il 16,4% ha riferito di non praticare attività fisica per almeno 15 minuti al giorno, il  34% aveva BMI (indice di massa corporea) nel range di normalità e il 62% era in sovrappeso o obeso. Solo il 50% però si considerava in sovrappeso e il 51% era convinto che la propria salute fosse molto buona o eccellente.

Quasi un quarto (22%) del campione era fumatore abituale e il 12% fumava occasionalmente. Le diagnosi più diffuse riferite erano l’ipertensione (22%), colesterolo alto (19%), depressione (16%), obesità (12%) e diabete (10%). In sintesi uno spaccato di una classe media, relativamente giovane, che inizia a preoccuparsi della salute.

Perché gli utenti non usano le app per la salute

Tra il 41.7% che non aveva mai scaricato un’app per la  salute, le ragioni più importanti  per non averlo fatto sono state la mancanza di interesse (27%), il costo elevato (23%), la mancanza di fiducia in applicazioni che raccolgono i dati  personali (15%), la preoccupazione che le app avrebbero usato troppa banda (12%) e la convinzione di non aver bisogno di un’app per la salute (10%).

Una gran parte del campione (45.7%) ha riferito di aver smesso di utilizzare le app sanitarie scaricate. Le ragioni più frequenti per averne interrotto l’uso sono state: troppo tempo necessario per inserire i dati (44.5%), perdita di interesse ( 40.5%), costi nascosti ( 36.1%), modalità d’uso poco chiare (32.8%), condivisione dei dati personali con gli amici (29.0%).

Cosa vorrebbero le persone da un’app “sanitaria”?

In termini di potenziali caratteristiche e uso per le applicazioni sanitarie, il 57,4% sarebbe un po’ o molto interessato alla possibilità di fissare appuntamenti o scrivere ai propri medici di base e il 62.16% vorrebbe visualizzare la propria cartella clinica. Meno del 10% dei rispondenti ha però potuto usare queste caratteristiche al momento dello studio. Tre i temi principali emersi dall’analisi:

  • perdita di peso, controllo delle calorie, alimentazione e l’attività fisica integrate;
  • migliore comunicazione con il sistema sanitario e accessibilità ai dati;
  • monitoraggio sanitario collegato con il medico curante.

Quasi la metà del campione quindi non scarica app per la salute e di quelli che le scaricano solo la metà continua ad usarle. Il dato è molto interessante: indica che probabilmente le app di questo genere sono progettate male, sono invasive e complicate e che non si è disposti a pagare per questi servizi, probabilmente perché non se ne vede un reale valore.

Il dato più interessante, a mio parere, emerge proprio nella parte finale dell’analisi. Il paziente non vuole semplicemente dei numeri, non cerca un’app che dia i consigli “della suocera”, cerca una reale personalizzazione, che può derivare, almeno fino ad oggi, solo dall’integrazione delle app con il/i medici di riferimento.

Si cerca un miglioramento del sistema di cura, si percepiscono le opportunità ma, almeno fino ad oggi, molti sistemi sanitari non stanno offrendo una risposta. Come si sono mosse qualche anno fa le banche quando ai primi tempi di Internet i correntisti cercavano un migliore contatto con i gestori del proprio denari, oggi i pazienti vogliono gestire meglio il proprio “patrimonio salute”. Anche in Italia, come è accaduto per le banche, i sistemi sanitari privati (assicurazioni, fondi) stanno iniziando a muoversi con app in questo settore in analogia a quello che in USA ed in Europa molti provider stanno facendo, dando già risposte in questo senso, con app di “home health” che forniscono proprio le risposte alle esigenze che i pazienti pongono in questo survey. Quindi ci sarà un futuro in app per l’e-health?

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Ha iniziato come ricercatore CNR, Telemedicine e Malattie Vascolari, ricerche scientifiche e tecnologiche in ambienti estremi, dall' Antartide, dalla base dell'Everest, sotto il mare. Dal 1990 angiologo del san Camillo di Roma, dal 2008 al 2015 direttore dell'Unità Operativa Semplice Dipartimentale di Telemedicina. Dal 2006 direttore medico del Centro Internazionale Radio Medico, CIRM, uno de piu' antichi (dal 1936 , quando si chiamava radiomedicina) ed importanti centri di Telemedicina al mondo, Telemedicine Maritime Assistance Service (TMAS) nazionale italiano. Co-fondatore e past vice-president della Società Italiana di Telemedicina, SIT. Dal 2014 co-fondatore e presidente dell'Osservatorio Nazionale della Sanità Elettronica e Telemedicina, ONSET, nominato dal'on Ministro Lorenzin coordinatore della commissione paritetica della conferenza stato-regioni per la governance dell'attuazione delle linee di indirizzo nazionali per la telemedicina, di cui sono stato uno dei principali estensori. E' coautore delle Linee di Indirizzo Nazionali sulla Telemedicina

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