La difficile lotta alla retorica dell’innovazione

Qualche giorno fa ho letto un interessantissimo articolo sui problemi e rischi corsi dalla scienza in questi nostri tribolati giorni: The mistrust of science. In particolare, l’autore, chirurgo e ricercatore, fa una osservazione che mi ha colpito. Nel suo commencement address al California Institute of Technology, una delle migliori università al mondo, afferma che non serve cercare di contrastare la “fuffa” e la mistificazione che oggi spesso ci sommergono:

People are prone to resist scientific claims when they clash with intuitive beliefs. They don’t see measles or mumps around anymore. They do see children with autism. And they see a mom who says, “My child was perfectly fine until he got a vaccine and became autistic.”Now, you can tell them that correlation is not causation. You can say that children get a vaccine every two to three months for the first couple years of their life, so the onset of any illness is bound to follow vaccination for many kids. You can say that the science shows no connection. But once an idea has got embedded and become widespread, it becomes very difficult to dig it out of people’s brains — especially when they do not trust scientific authorities. And we are experiencing a significant decline in trust in scientific authorities.

E ancora:

The challenge of what to do about this — how to defend science as a more valid approach to explaining the world — has actually been addressed by science itself. Scientists have done experiments. In 2011, two Australian researchers compiled many of the findings in “The Debunking Handbook.” The results are sobering. The evidence is that rebutting bad science doesn’t work; in fact, it commonly backfires. Describing facts that contradict an unscientific belief actually spreads familiarity with the belief and strengthens the conviction of believers.


Mutatis mutandis
, posso dire di vivere quotidianamente queste stesse sensazioni a proposito dell’innovazione digitale nel nostro Paese.

Ogni giorno siamo sovrastati da una miriade di personaggi in cerca di autore che ci propongono visioni e indicazioni esoteriche per raggiungere il Shangri-La digitale:

  • presunti guru e autoproclamati “scienziati” che non hanno mai fatto nulla di concreto in vita loro e che mai si sono sottoposti al rigore della valutazione scientifica
  • collezionisti di banalità rivestite di curioso che affascinano chi è troppo superficiale per approfondire e scoprire il vuoto di contenuti e valore che si cela dietro quelle “belle” parole
  • persone che vendono come disinteressato e generoso impegno a servizio della comunità ciò che altro non è se non l’affermazione delle proprie ambizioni.

Il tutto è condito con la totale mancanza di accountability di chi ha responsabilità imprenditoriali o politiche: ma tu che tanto declami, tu hai avuto questo o quell’incarico, alla fin fine che hai fatto di concreto? Come rispondi delle responsabilità che ti sono state date? Quali risultati reali sei in grado di produrre?

Mi sto accorgendo che cercare di combattere e smascherare tutto ciò è inutile, “backfires” come dice l’autore, ti fa passare per il “gufo” o quello invidioso o comunque per il “rosicone”. È c’è un motivo scientifico per tutto ciò!

That’s just the way the brain operates; misinformation sticks, in part because it gets incorporated into a person’s mental model of how the world works. Stripping out the misinformation therefore fails, because it threatens to leave a painful gap in that mental model — or no model at all.

Chi racconta fanfaluche, chi fa retorica e propone suggestioni appaganti ancorché fasulle ha molte più chance perché è molto più affascinante di chi le smonta e propone un mondo più complesso e problematico. Siamo tutti continuamente alla ricerca di uno strano miscuglio di conforto, rassicurazione, voglia dell’estemporaneo e del curioso. Non ci interessa la dura e faticosa analisi della realtà: ci fa male, ci rende insicuri, colpisce le nostre certezze ed illusioni. Meglio il sogno, la narrazione, l’evocazione di scenari modaioli, le frasi ad effetto. È questo ciò che appaga i nostri bisogni più immediati, costruendo un impianto cognitivo e esperienziale confortevole e appagante.

Messa così è una battaglia persa in partenza.

Non c’è nulla da fare quindi? Dobbiamo arrenderci a questa epoca della terza pagina, come la chiamava Hermann Hesse?

A volte ho il terrore che sia così, che la battaglia sia persa in partenza. È molto più facile ammaliare e sedurre che proporre analisi serie, rigorose e spesso faticose.

Come si può sperare di vincere su questo terreno in una società sempre più superficiale, veloce, disattenta, impulsiva e non più riflessiva?

Tuttavia, l’articolo contiene un segnale di speranza che voglio riproporvi:

Is the future just an unending battle of warring claims? Not necessarily. Emerging from the findings was also evidence that suggested how you might build trust in science. Rebutting bad science may not be effective, but asserting the true facts of good science is. And including the narrative that explains them is even better. You don’t focus on what’s wrong with the vaccine myths, for instance. Instead, you point out: giving children vaccines has proved far safer than not.

Forse è questa l’unica strada: combattere le chiacchiere, la fuffa, la vuota retorica di chi cerca facile consenso con i fatti e i risultati del lavoro serio.

È l’unica speranza che abbiamo. Ed è forse il cuore della missione degli “uomini di buona volontà” che vogliono veramente il bene del nostro Paese.

In generale, dobbiamo promuovere un diverso modo di ragionare e pensare. Come ricorda l’autore,

Even more than what you think, how you think matters. The stakes for understanding this could not be higher than they are today, because we are not just battling for what it means to be scientists. We are battling for what it means to be citizens.

Eh già…

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