Vietato indignarsi. È tutto normale

C’era una volta un Paese normale, come lo etichettò D’Alema nel titolo di un libro qualche tempo fa. Un normale tramutato nel tempo in un “è normale”. Un Paese in cui poche cose destano stupore, disappunto e tanto meno indignazione. Un Paese rilassato, tranquillo, rassegnato. Di pace insomma. Un Paese in cui l’invito a indignarsi di Stéphane Hessel si coglie al massimo nei confronti di un arbitro che, facendo il suo lavoro, alza un cartellino a sfavore della squadra che tifiamo (fosse anche formata da ragazzini). Per il resto nulla merita indignazione che tanto “è normale, dai”.

È normale andare sopra i limiti di velocità e passare con il rosso.

È normale parcheggiare in seconda o terza fila. Che non c’è posto.

È normale buttare in terra un fazzoletto se non c’è il cestino. Che non posso mica tenere la carta in mano tanto tempo.

È normale prendersela con la maestra se il figlio ha sbagliato a scuola.

È normale saltare la fila. Lo fanno tutti.

È normale inveire contro la politica e rinunciare al diritto di voto. Che è domenica e preferisco il mare e un aperitivo fresco da sorseggiare che tanto non cambia niente.

È normale chiedere a un parente non serpente ma potente di raccomandare un figlio.

È normale installare un software craccato a casa, in ufficio e anche nella scuola dei nostri figli. Che vuoi che sia?

È normale pagare licenze software in Pubblica Amministrazione per qualcosa che non si sa se effettivamente serve e viene utilizzata. Se ci sono soldi, perché no?

È normale duplicare uffici, servizi, funzioni in un Ente.

È normale avere capo uffici (non solo pubblici) che coordinano loro stessi perché non hanno personale da coordinare. Ma non si può togliere l’indennità a chi l’ha sempre avuta.

È normale l’emarginazione, l’allontanamento, lo stand by forzato di chi non ha un padrino politico come di chi prova a cambiare (di solito in meglio) qualcosa.

È normale rimuovere chi denuncia. Che chi glielo ha fatto fare? Poteva farsi i fatti suoi.

È normale annunciare un progetto e non realizzarlo mai. Che tanto chi vuoi che se ne accorga?

È normale sparare cifre di risparmio a caso. Che calcolare con esattezza è impossibile.

È normale scegliere una soluzione cloud e non avere banda per usarla.

È normale non rispettare le scadenze. Che chi le rispetta?

È normale portare in una scuola un’azienda privata che offre formazione gratuita guarda caso sui prodotti che essa stessa vende. Che se è gratis, che male c’è?

È normale non pubblicare un articolo che dice la verità su un’azienda se l’azienda è sponsor del giornale.

È normale per un’azienda mettere in black list un giornalista perché ha fatto seriamente il suo lavoro e ha riportato i fatti. Che se non puoi scrivere bene meglio non scrivere.

È normale nominare assessore al digitale un dipendente di una multinazionale del digitale. Che ci capisce tantissimo di digitale, signora mia!

È normale la paura di ritorsione di un dirigente che fa una scelta diversa “dal normale”. Che dimmi tu cosa vuol fare questo?

È normale fare un copia e incolla dei comunicati stampa in modo sterile. Che così non scontenti nessuno e non giochi a fare il bastian contrario (faticando di più, peraltro).

È normale lavorare se si è in ferie o in permesso. Che come vuoi fare?

È normale non lavorare quando sei in servizio. Che se non ho niente da fare non lo dico certo a nessuno.

È normale creare ogni giorno un tavolo di lavoro, soprattutto se non vuoi portare a casa risultati.

È normale istituire apposite commissioni per monitorare qualcosa che potrebbe essere monitorato da Enti che stanno lì per questo. Che una commissione in più (con annesso gettone) che vuoi che sia?

È normale pensare ognuno ai fatti propri. Che altrimenti non sei tanto furbo!

È normale tacere quando si è in disaccordo ma in minoranza.

È normale abbassare la testa e lo sguardo se c’è qualcosa che non si deve vedere.

È normale fingere di non sentire se è meglio che una cosa non si venga a sapere.

È normale pensare che niente potrà mai cambiare. Inutile impegnarsi, lottare, indignarsi. Inutile pensare troppo al fatto che il silenzio degli onesti, come diceva King, possa fare più paura della cattiveria dei malvagi.

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