Knowledge Workers: stato attuale e previsioni future

Closeup image of a man working at laptop at his workplace

Il passaggio da un’economia industriale ad un’economia dei servizi ha introdotto una nuova figura professionale: il Knowledge Worker. Si tratta di una persona che assimila, gestisce e traduce immense quantità d’informazioni fondamentali per il vantaggio competitivo e il successo finale di un’organizzazione. Obiettivo ultimo è quello di facilitare l’apprendimento della conoscenza e la sua condivisione all’interno della stessa. La tecnologia ha preparato e sta continuamente preparando il terreno perché tutto questo avvenga. Oggi quasi il 60% dei Knowledge Workers utilizza strumenti on-demand, con tecnologia internet o Cloud-Based, nei loro ruoli professionali.

A questo proposito Atos ha condotto uno studio, The Way We Work Study, commissionato da Unify, volto a rivelare le inclinazioni di queste persone e le loro attese rispetto all’attuale posto di lavoro, così come le loro opinioni sul futuro.

I Knowledge Workers delle piccole e medie imprese si aspettano grandi cambiamenti dal punto di vista professionale nei prossimi cinque anni. Il 38% ritiene che il proprio ruolo sia destinato a cambiare drasticamente in questo arco di tempo, mentre il 64% ritiene che il proprio lavoro non sarà più lo stesso. In questo scenario in rapido mutamento, la fiducia risulta essere un fattore vitale. Il 76% degli Knowledge Workers ritiene di essere sufficientemente ascoltato all’interno della propria organizzazione, in confronto al 71% rilevato nelle aziende più grandi: ciò suggerisce che esistono buoni margini nelle PMI per sapersi adattare ai mutamenti del futuro.

Da un punto di vista tecnologico, il 70% delle persone coinvolte nello studio dichiara che la mail è uno strumento essenziale per la propria attività lavorativa. Tuttavia, le PMI si affidano a questo strumento meno di quanto facciano le organizzazioni più grandi, dove esso viene ritenuto vitale dall’80% degli intervistati. Inoltre, vi sono chiare evidenze di un’ulteriore consumerizzazione della tecnologia aziendale. Quasi i due terzi delle piccole e medie imprese (61%) utilizzano dispositivi propri anche sul posto di lavoro, rispetto a poco meno della metà dei lavoratori delle aziende più grandi (47%). Ciò suggerisce che le persone vogliono sempre più lavorare con i dispositivi con cui si sentono più comodi al di fuori dell’ufficio e quindi anche le piccole e medie imprese devono scegliere strumenti e applicazioni che possano funzionare in questa direzione.

 “Non c’è differenza tra piccole e medie imprese e grandi aziende e, in molti casi, sono le piccole e medie imprese ad essere più innovative, perché costrette ad ottenere di più con meno, ad essere flessibili e agili – afferma Riccardo Ardemagni, Amministratore Delegato di Unify Italia – Il nostro studio non solo mostra l’enorme impatto che la tecnologia ha avuto sulle aziende, ma anche il fatto che piccole e medie imprese la stiano adottando e integrando in ogni aspetto del loro lavoro. Le aziende che crescono sono quelle più aperte a sperimentare nuove tecnologie. Lo studio ha inoltre dimostrato che i knowledge workers stanno definendo sempre più come, quando e dove lavorare e le piccole e medie imprese stanno sempre più prendendo atto di questo trend. Per restare competitivi devono porre lo staff al primo posto nella gestione delle organizzazioni e la tecnologia è la chiave per raggiungere questo obiettivo”.

Il lavoro in modalità virtuale è diventato la normalità, anche se le piccole e medie imprese non sono ancora al pari delle più grandi in termini di virtualizzazione del lavoro.

I knowledge workers apprezzano la possibilità di lavorare fuori dal tradizionale contesto dell’ufficio: il 37% di coloro che lavorano per aziende con meno di 500 addetti ritengono che la creatività sia uno dei principali vantaggi di questo approccio. Inoltre, quasi un terzo (30%) prende in considerazione i team virtuali per la loro capacità di unire efficacemente diverse competenze. Anche se è più probabile che le grandi aziende abbiano diverse sedi e che quindi siano più portate a esplorare modalità di lavoro virtuali, i dati suggeriscono che le piccole e medie imprese sono consapevoli del valore di queste nuove modalità di collaborazione e sono propense ad esaminarle con più attenzione nel futuro.

Conseguentemente, l’ufficio stesso andrà incontro a profonde trasformazioni. Attualmente, i Knowledge Workers trascorrono il 21% del loro tempo, in media, fuori dall’ufficio. Un dato destinato a cambiare, poiché oltre un quarto (26%) degli intervistati vorrebbe trascorrere tra il 26 e il 50% della giornata lontano dalle proprie scrivanie.

Anche il ricorso al lavoro freelance e ai servizi on-demand sta cambiando le procedure all’interno delle PMI. Oltre un quarto delle aziende intervistate (26%) dichiara di avere attualmente dei contratti attivi, rispetto al 22% delle aziende più grandi. I lavoratori in questo tipo di organizzazioni sono anche più propensi ad adottare questo nuovo modo di lavorare, con il 56% degli intervistati provenienti da aziende con meno di 500 addetti che potrebbero valutare di cambiare la propria condizione di lavoratori tradizionali in favore di una modalità freelance o on-demand. Nelle aziende più grandi, gli intervistati che sarebbero attratti da un’offerta di questo tipo sarebbero poco meno della metà (49%).

“Il nostro studio The Way We Work mostra che il luogo di lavoro, e il lavoro stesso, sta attraversando un momento di grande trasformazione – conclude Ardemagni – se le piccole e medie imprese intendono continuare a prosperare, dovranno prestare grande attenzione alle esigenze e ai bisogni del loro personale. Attualmente, i lavoratori delle piccole e medie imprese desiderano avere un maggiore controllo su come e su dove lavorano, cosa che la tecnologia oggi permette di fare. Le persone chiedono flessibilità e, se un’azienda non riuscirà a raggiungere l’obiettivo, ce ne sarà un’altra che lo farà”.

 

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