Parte il Processo Tributario Telematico: un po’ di storia e alcune criticità

Con questo primo post di Giovanni Mameli sul Processo Tributario Telematico parte una nuova rubrica “multivisionist” curata dai membri del Circolo Giuristi Telematici. I temi trattati saranno quelli del digitale che si incontra (e sempre più spesso si scontra) con le questioni legali, facendo nascere la necessità di una lettura attenta di chi conosce bene entrambi gli aspetti.

“L’impatto pervasivo delle tecnologie – afferma la presidente del Circolo Giuristi Telematici Fernanda Faini – sta incidendo su ogni aspetto della nostra esistenza. Il diritto regola la vita e, di conseguenza, nella società contemporanea deve occuparsi sempre più delle tecnologie e delle nuove problematiche che emergono. Il rapporto fra diritto e ICT è una relazione affascinante che travalica l’attenzione degli addetti ai lavori: la consapevolezza giuridica “digitale” è, infatti, elemento imprescindibile per la società contemporanea. Per questo con grande piacere ed entusiasmo abbiamo deciso di inaugurare la rubrica “Tech Law” in Tech Economy dedicata proprio al rapporto fra diritto e tecnologie nella quale analizzare problematiche attuali che spaziano in modo trasversale tra i diversi rami del diritto (civile, penale, amministrativo, tributario..). Tech Law vuole essere un momento di approfondimento e di riflessione giuridica su questioni di diritto dell’informatica, seguendo l’anima profonda della nostra associazione che da anni si occupa con passione delle tematiche relative alla relazione diritto-ICT”.

Da qualche mese il Processo Tributario Telematico (PTT) è ufficialmente partito, seppure opzionale e con un
phase-in graduale nelle diverse regioni.

Un po’ di storia normativa

Il DL n. 98 del 6 luglio 2011 ha delegato le disposizioni per l’adeguamento del processo tributario alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione a un regolamento del Ministro dell’Economia.

Il primo Decreto del Ministro dell’Economia e Finanze, il n. 163/2013, approvato il 23 dicembre 2013 e pubblicato in GU il 14.02.2014, rubricato “Regolamento recante la disciplina dell’uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario”, ha fornito un primo inquadramento tecnico. Tuttavia l’art. 3, comma 3 del decreto devolveva la definizione delle regole tecnico-operative a uno o più decreti del Ministero Economia e Finanze, sentiti AGID e Garante Privacy da emanarsi successivamente, e all’art. 20 rinviava la stessa applicabilià del decreto ai ricorsi notificati a partire dal primo giorno del mese successivo al decorso del termine di 90 giorni dalla data di pubblicazione in G.U. del primo decreto di cui all’art. 3, comma 3.  

Il successivo Decreto del Direttore Generale delle Finanze risale al 4 agosto 2015, pubblicato in G.U. n. 184 del 10 agosto 2015, forniva le prime indicazioni tecnico-operative, ribadendo la centralità del Sistema Informatico della Giustizia Tributaria (SIGIT) centralità nella gestione del PTT.

Qualche settimana fa è stato, pubblicato in Gazzetta Ufficiale (G.U. 12 Luglio 2016, serie Generale, n. 161) il decreto 30 giugno 2016, del Direttore Generale delle Finanze, che pochi mesi dopo l’avvio della sperimentazione di Umbria e Toscana estende il processo tributario in altre 6 regioni. Il PTT, sarà attivabile per gli atti processuali e i ricorsi notificati a partire dal 15 ottobre 2016 (Abruzzo e Molise); 15 novembre 2016 (Piemonte e Liguria);15 dicembre 2016 (Emilia-Romagna e Veneto). Per le altre Regioni ci sarà da aspettare un po’ di più, ma dopo oltre 5 anni dal primo decreto la macchina del PTT sembra essere ben avviata finalmente.

Criticità

La proposta di PTT in adozione, purtroppo, non introduce snellimenti processuali significativi: in sintesi, allineandosi alla strada percorsa per gli altri processi telematici, la strada è quella di cucire un abito telematico alle diverse fasi del processo “cartaceo”, rebus sic stantibus, e dunque notifica via pec del ricorso e poi deposito dello stesso, degli allegati e delle prove di notifica nel SIGIT. Tale scelta comporta un dispendio di risorse significativo per risolvere problemi “tecnici” che si sarebbero potuti facilmente evitare (basti pensare al “contenzioso da processo telematico” che affligge il processo civile). Alcuni esempi sono comuni agli altri processi e non sarebbe interessante dilungarcisi in questa sede.

E’ invece importante segnalare quella che, ad avviso di chi scrive, è la più fastidiosa complicazione “originale” del processo tributario telematico. Un onere che chi si occupa di contenzioso tributario non può che guardare con preoccupazione per la futura operatività del PTT.

Ci si riferisce a quanto previsto dall’art. 10, del Decreto 4.8.2015 rubricato “Standard degli atti processuali e dei documenti informatici allegati”. La norma ora citata inserisce, infatti, tra i requisiti (apparentemente anche dei “documenti” allegati), il fatto che gli stessi “d) sono sottoscritti con firma elettronica  qualificata  o  firma digitale, pertanto il file ha la seguente denominazione: < nome  file libero > .pdf.p7m”.

L’obbligo di firmare digitalmente ogni allegato (singolarmente), ripreso e specificato nella circolare MEF 2/DF del 11 Maggio 2016, costituisce una complicazione inutile, pericolosa e gravosa da gestire per i professionisti e per il sistema pubblico.

Inutile, in quanto introduce un onere non solo sconosciuto agli altri processi telematici, ma che non riproduce neppure una corrispondente attività del processo “cartaceo”, nel quale il difensore deve limitarsi sottoscrivere atto, attestazione di conformità della copia, e procura per autentica, non certo gli allegati.

Pericolosa, perché con la firma il difensore in qualche modo si assume la paternità di documenti  che, nella realtà sono consegnati in copia dal cliente. Per questo nel processo “cartaceo” non sono firmati dal difensore, né ha senso immaginare che lo siano: come può il difensore attestare l’autenticità di un documento che riceve, di solito in copia, dal suo cliente?  

Gravosa da gestire in quanto nel contenzioso tributario spesso i fascicoli sono composti da un copioso elenco di allegati, talvolta nel fascicolo si deve persino ricostruire la contabilità in modo analitico. Costringere i difensori a firmare digitalmente e singolarmente ognuno dei documenti allegati rischia di scoraggiare la diffusione dello strumento (per ora opzionale) e aggrava anche la posizione dell’amministrazione della giustizia tributaria (perché un file firmato da archiviare nel fascicolo digitale di causa pesa, in MB, più di uno non firmato). E’ auspicabile che tale inutile onere venga espunto dalle regole tecniche per il processo tributario telematico.

Esistevano/esistono alternative nel metodo? Il processo telematico alla Corte di Giustizia UE e-curia

Se si volesse reimmaginare il processo tributario per sfruttare le opportunità della tecnologia, la via più semplice sarebbe – in un processo in cui la controparte è necessariamente pubblica come il PTT – quella di ispirarsi all’esempio virtuoso della Corte di Giustizia UE e del suo e-curia, costruito “tecnologicamente” come sistema fondato su un “upload” qualificato dell’atto processuale di parte. A seguito del deposito, la “notifica” alla controparte viene fatta dal sistema stesso attraverso un avviso via email semplice (da noi si userebbe la PEC) dell’avvenuto deposito di un atto di controparte (il termine processuale per repliche inizia a decorre dal momento del download dell’atto dal sistema ovvero decorsi i 7 giorni dalla ricezione della mail), eliminando in questo modo tutta una serie di problemi giuridici legati alle notifiche ed il relativo contenzioso “tecnico”.

La differenza tra i due sistemi è enorme sotto il profilo della funzionalità per gli utenti, ma molto limitata sotto il profilo “concettuale”: é sufficiente l’abolizione dell’istituto della “notifica” ad opera di una parte verso l’altra.

Operativamente, andrebbe introdotto un articolo nel D.Lgs 546/92, per specificare che nel caso di utilizzo del Processo Tributario Telematico non si applicano gli articoli 20 (Proposizione del ricorso) e 22. (Costituzione in giudizio del ricorrente) del medesimo D.Lgs, ma un sistema nel quale il contribuente dopo l’accesso al SIGIT e alla fase di compilazione dei campi della nota di iscrizione a ruolo (contenente i dati necessari per identificare atto, anno, materia, controparte, valore controversia, etc) passa alla fase di “upload” nella quale caricare il ricorso, gli allegati e la procura (in semplice pdf/A). A conclusione di tale procedimento il difensore del ricorrente dovrebbe poter effettuare formalmente il “deposito” (con inserimento del certificato SPID di terzo livello o di firma digitale).  

Il “deposito” siffatto di ricorso e allegati effettuato attraverso l’autenticazione con certificato di firma digitale dovrebbe essere equiparato normativamente alla firma dell’atto depositato, autentica della procura e attribuzione di valore di originale all’atto depositato. La semplice e geniale eleganza di questa scelta normativa (e dei risparmi di tempo e denari pubblici e privati che comporterebbe) è merito della Corte di Giustizia UE, la quale peraltro accetta l’uso di user e password, senza firma digitale (si vedano gli art. 3 e 6 della Decisione della Corte del 13 settembre 2011 relativa al deposito e alla notifica di atti di procedura mediante l’applicazione e-Curia). A conclusione del “deposito” dovrebbe essere rilasciata al depositante una ricevuta con codice univoco indicante numero di ruolo e data di deposito.

A questo punto dovrebbe essere essere lo stesso SIGIT a inviare una PEC all’ente impositore, nella quale comunicare che è stato depositato un ricorso avverso un suo atto, che il ricorso potrà essere scaricarlo dal SIGIT inserendo il numero di ruolo nel sistema, e che i termini per depositare le controdeduzioni decorrono dal momento in cui viene fatto il download del ricorso o comunque dal 7 giorno successivo alla ricezione della PEC (anche questa soluzione è mutuata dal funzionamento di e-curia).

L’ente impositore a sua volta caricherebbe le proprie controdeduzioni nel fascicolo del SIGIT e il difensore del contribuente riceverebbe la notifica del deposito via PEC. Per l’appello dovrebbe ovviamente funzionare nello stesso modo, a parti invertite ove fosse il contribuente a essere vittorioso in primo grado.

Questa piccola modifica migliorerebbe significativamente l’usabilità del sistema e dunque, in conclusione, ne determinerebbe il maggiore successo.

Infine, è giusto il caso di segnalare che in materia di processo telematico il cambio più importante dovrebbe essere sistematico: non è razionalmente concepibile il fatto che ciascun processo telematico abbia un suo sistema informatico (PCT, PAT, PTT, PPT), e regole operative differenti.

Sarebbe necessaria la creazione di una piattaforma unica, con regole uniformi.

In quest’ottica i cambi sopra suggeriti al processo tributario telematico, mutuati dall’esperienza della Corte UE, potrebbero servire da comune denominatore sul quale fondare una futura piattaforma unificata (l’unica difficoltà riguarderebbe l’applicazione a persone fisiche non dotate di PEC), ma la piena operatività del Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) con possibile elezione di domicilio digitale dovrebbe ridurre le difficoltà anche sotto tale profilo.

Facebook Comments

Previous article#MoD: un MOOC sulla Cultura Digitale
Next articleI marketers americani e le sfide per l’innovazione digitale
Avvocato. Laureato alla Luiss Guido Carli di Roma. Dal 2002 collabora con lo Studio Fantozzi & Associati. Si occupa principalmente degli aspetti comunitari e internazionali delle problematiche fiscali (aiuti di Stato - Fiscali e non - IVA e fiscalità diretta), dei temi legati agli aspetti fiscali dell'innovazione e alle problematiche delle imprese innovative. Segretario del Circolo dei Giuristi Telematici e Membro del consiglio direttivo IFA Italia. Ha trascorso un periodo di formazione/ricerca prima presso l’International Bureau of Fiscal Documentation di Amsterdam e poi presso la Commissione Europea. Ha conseguito un dottorato di ricerca in Diritto Tributario Europeo alla SEAST dell’Università di Bologna. Docente e relatore in numerosi master e convegni universitari. Fondatore e coordinatore dell’osservatorio AiutidiStato.org; blogger su iAvvocato.eu. Promotore del progetto opentaxation.eu

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here