Come cambia la formazione con il digitale: intervista a Orazio Stangherlin

Orazio Stangherlin
Orazio Stangherlin

La formazione non è più solo aula. La formazione oggi può amplificare il suo raggio d’azione sfruttando la digital transformation”. Esordisce così Orazio Stangherlin, Fondatore e CEO di Arcadia, azienda veneta che opera da 15 anni nel settore della formazione aziendale, riconosciuta di recente come Cool Vendor di Gartner e come una delle realtà più innovative d’Italia con il Premio Nazionale per l’Innovazione “Premio dei Premi” e il Premio Imprese x Innovazione Andrea Pininfarina 2016.

Da qualche anno – afferma Orazio Stangherlin – la formazione ha cambiato pelle. E questo non solo per le tecnologie disponibili ma perché è cambiato il nostro modo di agire. La vera rivoluzione sta quindi nel ripensare completamente come si può apprendere oggi. Il digitale diventa abilitante se aumenta il coinvolgimento delle persone e non certo se le rende passive attraverso un video, tanto per fare un esempio”.

Tecnologie in grado di realizzare il cambiamento non mancano: realtà aumentata, wearable, visori, simulatori 2D e 3D, simulatori comportamentali messi a punto proprio da Arcadia. E soprattutto l’integrazione di tecnologie e metodologie nei percorsi di apprendimento è ciò che consente di stimolare la partecipazione attiva del discente attraverso il gioco e quindi il divertimento implicito nel percorso.

Vivere le esperienze in modo immersivo e ricostruire un ambiente (per esempio quello di lavoro) in cui giocando si simulano situazioni che possano far apprendere delle regole è quanto di più efficace si possa fare. La gamification – continua Stangherlin – è importante nell’apprendimento perché implica motivazione, divertimento e competizione”.

Il CEO di Arcadia rimarca più volte l’importanza della scelta metodologica adattata al contesto. “Il social learning per esempio è importante perché consente di confrontarci tra pari, di scambiare esperienze, di condividere un momento di crescita per imparare quindi insieme e esercitarsi insieme. Così come la metodologia della flipped classroom, troppo spesso nominata senza capirne bene il significato e l’essenza vera: pensiamo a quante volte viene usata pensando che sia autoapprendimento mentre si tratta di anticipare l’apprendimento per poi approfondire tramite il confronto, che è occasione indispensabile a colmare i gap”.

Ma quali metodologie e strumenti utilizzare allora per una formazione efficace?

Non c’è metodologia o tecnologia da privilegiare. E’ necessario un uso equilibrato delle diverse tecnologie e metodologie che va adeguato alle persone che devo formare, per quella adattività dell’apprendimento suggerita anche da Gartner che troppo spesso sottovalutiamo.

Quale il ruolo e il valore dei MOOC oggi?

Sono un grande fan dei MOOC perché consentono di colmare a velocità quasi zero, attraverso corsi di alto valore spesso messi a disposizione gratuitamente on line, lacune che ho in argomenti specifici. Ma il MOOC da solo non forma le persone. Se propongo un’attività on line e ritengo sia sufficiente mostrare un video e far fare un test finale, con il rischio di far addormentare le persone e farle risvegliare solo per completare un test, allora non ho capito nulla della formazione. Da formatori sappiamo che per essere bravi comunicatori dobbiamo essere discontinui mentre chi crea corsi on line tende spesso alla continuità comunicativa.

Le imprese italiane investono in modo sufficiente sulla formazione? Quali gli errori più frequenti?

Il nostro Paese purtroppo non ha una sviluppata cultura alla formazione e nelle statistiche europee non ci posizioniamo molto bene per attività di formazione pro capite. Questo credo che in parte sia legato alla morfologia delle nostre imprese, nella maggior parte dei casi di piccole dimensioni, dove ci si occupa prioritariamente dell’aspetto produttivo e meno di quello strategico. Mentre oggi più che mai per cogliere le opportunità della digital transformation c’è bisogno di formazione. Dovremmo abbattere lo stereotipo che porta noi per primi a pensarci come un Paese di operai.

Cosa servirebbe per incentivare le imprese a investire di più in formazione?

Oggi molto si lavora con fondi interprofessionali e comunitari, ottimi strumenti senza dubbio, anche se troppo spesso con vincoli strutturali requisiti congiunti come per esempio il numero di donne, la percentuale di apprendisti, la percentuale di over 45, …) che ne limitano l’applicabilità in azienda. Importante sarebbe invece la possibilità di considerare la formazione alla stessa stregua di attività di ricerca e sviluppo, con credito d’imposta e sgravi fiscali per le aziende che decidono di far crescere i propri dipendenti.

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