Lidl Italia: quando chiudere i commenti su Facebook sarebbe cosa buona e giusta

Per definizione comunicare sui social media significa dare a un pubblico la possibilità di interagire con il brand: le piattaforme sulle quali avvengono le conversazioni sono fatte apposta per permettere non solo l’interazione, ma anche la creazione di una “platea” che si definisce di volta in volta in base ai temi trattati. Va da sé che ogni brand struttura la propria social media strategy con l’obiettivo di incentivare e far crescere l’interazione con il proprio target di riferimento, e per raggiungere questo obiettivo si organizzano campagne studiate apposta per raggiungere la famosa “viralità”.

Ma ci sono anche situazioni in cui i profili social di un brand diventano per forza di cose il luogo di una comunicazione istituzionale: quel genere di comunicazione alla quale si ricorre quando si verificano fatti considerati “gravi” –  e generalmente connotati negativamente – che coinvolgono il brand e che richiedono una netta presa di posizione da parte dei vertici aziendali, per evitare un danno di immagine e di reputazione ancora maggiore.

È quello che è accaduto – e che sta continuando ad accadere da circa 48 ore  – sulla pagina Facebook di Lidl Italia: la vicenda è ormai cosa nota dentro e fuori dal web e ha avuto una diffusione a livello nazionale. Giovedì 23 febbraio su Facebook prende a circolare un video girato da due dipendenti di un punto vendita Lidl di Follonica: secondo la ricostruzione dei fatti, i due avrebbero sorpreso due donne rom a frugare in un’area del supermercato non aperta al pubblico e, per “punizione”, le avrebbero rinchiuse in un gabbione di metallo. Il video, pubblicato su Facebook dagli stessi dipendenti del supermercato, mostra uno dei due uomini che sbarra l’uscita della gabbia con un carrello elevatore, mentre l’altro riprende le due donne rinchiuse che urlano cercando di uscire. Manco a dirlo le immagini sono diventate virali, e sono state riprese da tutte le testate italiane insieme al resto della storia: i due uomini sono stati denunciati per sequestro di persona e sospesi dal servizio.

La polemica s’infiamma in modo pressoché immediato e subito Lidl Italia prende posizione con un comunicato pubblicato sulla pagina Facebook ufficiale – una fanpage da quasi 2 milioni di follower, particolarmente attiva nel promuovere le iniziative e promozioni dei vari punti vendita sparsi in tutto il paese. In toni molto netti, Lidl prende le distanze da quanto accaduto e condanna le azioni dei due dipendenti:

Siamo venuti a conoscenza del video diffuso in rete. Prendiamo le distanze senza riserva alcuna dal contenuto del filmato che va contro ogni nostro principio aziendale.
Lidl Italia si dissocia e condanna fermamente comportamenti di questo tipo. L’Azienda sta verificando le circostanze legate al video e si avvarrà di tutti gli strumenti a disposizione, al fine di adottare i provvedimenti necessari nelle sedi più opportune.

lidl video rom facebook
Facebook/Lidl Italia

Anche il post di Lidl diventa virale, raccogliendo oltre 12mila commenti. Commenti che, tuttavia, non fanno altro che incanalare e dare ulteriore sfogo alla polemica che sta avvenendo a livello nazionale: gli utenti si sono riversati in massa sulla pagina Facebook di Lidl lanciando invettive contro l’azienda, contro i rom, contro gli immigrati e contro chiunque condanni quanto accaduto in quel video ormai circolato ovunque.

E, al di là del giudizio sulla vicenda in sé, una pagina Facebook piena di commenti di questo tipo e di gente che litiga utilizzando toni decisamente forti non è un bello spettacolo:

lidl video rom facebook
Facebook/ Lidl Italia

E ancora:

lidl video rom facebook
Facebook/Lidl Italia

Nessuno vorrebbe mai ospitare una “caciara” di questo genere nella propria bacheca: si tratta di una situazione che nessun social media manager vorrebbe vedere sulla pagina che amministra e che, nonostante la netta presa di posizione dell’azienda, non sembra essere sufficiente a mettere un punto fermo sulla vicenda.

Da un punto di vista “tecnico”, la condotta di Lidl Italia è corretta: il comunicato è arrivato in modo tempestivo e al posto giusto, ovvero sul social dove si è originata la conversazione – e la relativa polemica – che vede il brand al centro della questione. Il post è addirittura stato fissato in alto nella pagina in modo che sia visibile, prima di ogni altra cosa, a ogni utente che visita la pagina Facebook di Lidl Italia.

Eppure c’è qualcosa che non torna: tutti quei commenti rabbiosi inevitabilmente, finiscono per sovrastare la “voce” di Lidl. E invadono anche gli altri post della pagina:

lidl video rom facebook
Facebook/ Lidl Italia

Tanto che qualcuno comincia a farlo notare:

lidl video rom facebook
Facebook/Lidl Italia

Forse, piuttosto che prendersi la briga di cancellare a posteriori più di 12mila commenti, si sarebbe potuto giocare d’anticipo e chiudere i commenti sulla pagina fino a quando non si fossero calmate le acque. È una possibilità offerta da Facebook stesso, che non infrange le regole della piattaforma, e una scelta legittima nell’ambito della gestione di una crisi d’immagine nata per motivi indipendenti dall’operato del brand.

In passato sono stati in molti ad aver fatto ricorso a questa soluzione – e anche in situazioni dove una particolare condotta aziendale aveva avuto un certo peso nello scoppio della crisi comunicativa, come nel caso di Nivea contro Neve: certo, “tappare la bocca” ai propri utenti in un posto fatto apposta per permettere al proprio pubblico di interagire direttamente con il brand non è una bella cosa, ma mai quanto ritrovarsi sulla pagina migliaia di commenti intrisi di una violenza verbale senza confini. E siccome era ampiamente prevedibile che sarebbe andata a finire con questa marea di commenti, Lidl avrebbe potuto tutelarsi fin da subito, considerato anche che la stragrande maggioranza di quei commenti non aggiunge alcun tipo di valore al brand, né alla sua presa di posizione.

Del resto, il post di Lidl altro che non è che un comunicato stampa istituzionale, una dichiarazione ufficiale dei vertici dell’azienda: non si tratta di un’azione volta a stimolare l’engagement del pubblico, bensì una comunicazione strutturata in modo da non prevedere nessuno spazio per l’interazione da parte del pubblico. Ma, come si è visto, il pubblico quello spazio se l’è preso eccome: il risultato, ora, è quasi un senso di assenza da parte di Lidl Italia che, senza più dare cenni di vita su quel post, sembra quasi aver “abbandonato la pagina” dopo aver pubblicato il comunicato, o comunque non essere più disposto a parlare oltre di quanto accaduto. Mentre il resto del paese invece continua nel proprio acceso dibattito, continuando ad associare il brand a un fatto negativamente connotato.

Sappiamo anche che questo tipo di situazioni sono spesso un fuoco di paglia: il pubblico dall’indignazione facile ci mette molto poco a trovare qualcos’altro per cui indignarsi. Insomma, chiudere i commenti per un po’ sarebbe stata una soluzione drastica ma non certo definitiva, in appoggio a un tipo di comunicazione “straordinaria” e funzionale alla gestione della crisi, che avrebbe aiutato Lidl a rendere ancora più efficaci le parole di condanna per quanto accaduto a Follonica. E che, forse, avrebbe anche potuto evitare la gastrite ai suoi social media manager.

Lesson Learned: Quando ti ritrovi a dover gestire una crisi d’immagine di cui tu non sei responsabile e che tocca temi molto caldi, rifletti sempre sul tipo di risposta che potresti ottenere dal pubblico: sii pronto ad arginare questa risposta, sopratutto se prevedi che non ti sarà di alcun aiuto per placare le acque.

(immagine Wikimedia)

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