La Microsoft dipendenza colpisce la UE?

Una inchiesta durata per mesi sulla dipendenza dei Governi europei da Microsoft, pubblicata di recente su Il Fatto Quotidiano per l’Italia, è stata condotta da un network di nove giornalisti europei, Investigate Europe, che curano servizi indipendenti con l’obiettivo di analizzare problemi senza fermarsi alle frontiere nazionali. Provenienti da Francia, Germania, Grecia, Italia, Norvegia, Polonia, Portogallo e Gran Bretagna, i giornalisti analizzano contemporaneamente una problematica, condividono informazioni e si confrontano al fine di “unire i puntini”e far emergere criticità comuni a tutta la UE.

Il dinosauro di Redmond occupa una posizione da monopolista nei desktop della pubblica amministrazione, un settore, che da solo pompa il 30% dei ricavi dell’Information Technology in Europa“. Così si apre l’articolo per poi mettere in evidenza le poche speranze per il futuro: “La Commissione europea conosce bene il problema della dipendenza – si legge nell’articolo. “Nel 2013 ha pubblicato il rapporto Contro il lock-in, domandando una nuova politica per superare la dipendenza dai software proprietari. “Gli standard aperti creano concorrenza, spingono all’innovazione e fanno risparmiare denaro”, scriveva la Commissaria alla concorrenza Neelie Kroës quattro anni fa, quantificando in 1,1 miliardi di euro all’anno il costo della “non–concorrenza” nel settore pubblico. Ma nulla si è mosso. L’anno prossimo scadrà un importante blocco di licenze alla Commissione. Occasione per cambiare? “No, firmeremo con la Microsoft, stiamo valutando le alternative, ma per il momento non ce ne sono, non possiamo bloccare tutto il sistema”, ha detto a Bruxelles Gertrud Ingestad, direttrice generale per le infrastrutture digitali”.

Perché questa inchiesta? 

Harald Schuman, da Berlino, l’anima del consorzio Investigate-Europe risponde così:”La dipendenza da Microsoft nella pubblica amministrazione è un problema comune a tutti i Paesi europei. L’Europa si è completamente inginocchiata di fronte alla multinazionale americana, rinunciando a investire in una vera industria digitale locale. Questo provoca tanti problemi: il lock-in è il primo, ma c’è anche un enorme problema di sicurezza: un sistema a codice chiuso è più vulnerabile di un sistema aperto, dove tutti possono guardare dentro. Le nostre Amministrazioni pubbliche sono esposte ad attacchi ostili e questa non è più fantascienza, è la realtà. Guardata cos’è successo lo scorso 12 maggio: ospedali, uffici pubblici, persino una grande industria come la Renault in Francia ha dovuto chiudere dei centri di produzione per molte ore“.

Maria Maggiore, dall’Italia, aggiunge: “La scoperta più desolante è che manca la consapevolezza politica su cosa voglia dire restare vincolati a un solo vendor, privato e straniero. I nostri politici, a tutti i livelli, nazionale, regionale, europeo, ignorano il problema, oppure ritengono che non sia una priorità investire su software liberi e risorse adeguate per gestirli“.

Qual è il valore aggiunto di mettervi insieme per occuparvi dello stesso tema?

Diamo più forza alle nostre ricerche, confrontiamo tutte le informazioni, le fonti – spiega Elisa Simantke, coordinatrice editoriale, da Berlino. “C’è un grande lavoro di trasmissione delle informazioni, tutti devono sempre mandare agli altri quello che hanno trovato. Lavoriamo usando una piattaforma open source, facciamo le riunioni di redazione on line e abbiamo sposato, per necessità, la regola numero uno del free software: la condivisione. Niente tra di noi può essere segreto. Il vantaggio di un’inchiesta crossborder è che il punto di vista di un giornalista, la visione di un Paese, vengono rafforzati con l’intervento di persone, fatti, provenienti da tanti Paesi diversi, la notizia diventa più solida, più «vera»”.

Quale l’elemento più preoccupante emerso dall’inchiesta su Microsoft e comune a tutti?

Sono tante le nostre scoperte, allarmanti” – continua Harald Schuman. “Innanzi tutto la dipendenza dalla Microsoft implica un enorme spreco di denaro pubblico in licenze e blocca gli investimenti in un’industria locale. Inoltre per restare dominante sul mercato dei desktop le regole sugli appalti pubblici vengono regolarmente calpestate: invece di lanciare delle gare per «prodotti digitali» ci si appella a «prodotti Microsoft», tagliando le gambe già in partenza a società concorrenti”.

Quale il Paese dove la situazione sembra peggiore?  

Il livello di dipendenza è lo stesso in tutti i Paesi – afferma Leila Minano, da Parigima in Francia abbiamo trovato varie prove su un livello d’infiltrazione preoccupante dentro le istituzioni pubbliche. Cinque impiegati di vari ministeri sono anche impiegati a busta paga della Microsoft. Non credo che in Italia la situazione sia diversa. In Germania le autorità hanno resistito per molte settimane alle nostre richieste di ricevere dati e costi delle licenze. Poi hanno ammesso di non possedere questi dati in modo centralizzato. E così è in tutti i Paesi. Non sappiamo quanto spendiamo in licenze Microsoft. Ma, vi assicuro, sono molto soldi..”

La peggiore scoperta, però, è dentro le Istituzioni europee – continua Maria Maggiore. “La Commissione predica bene e razzola malissimo. Ha pubblicato vari rapporti dove chiede agli Stati di farla finita con in lock-in e costruire dei sistemi operativi aperti, ma poi firma contratti milionari – il prossimo l’anno prossimo – con la società di Redmond. E sempre senza bandi di gara, con negoziato segreto. Uno scandalo”.

Quali gli ostacoli incontrati nel reperire testimonianze e informazioni? Quale il Paese più “problematico” da questo punto di vista? 

La Francia è un Paese complesso – dice Leila Minanola lobby di Microsoft è potentissima. Abbiamo trovato documenti che provano le pressioni della società americana in alcune regioni francesi per evitare una migrazione, con la minaccia, quasi sempre, di dover pagare tutte le licenze arretrate. Ma è stato impossibile trovare un funzionario pubblico che lo dicesse davanti a una telecamera, in Francia come in Italia, tutti con la testa sotto il cuscino, subiscono una lobby di tipo militare e non si lamentano, non cercano di cambiare le cose. I politici, come abbiamo detto, ignorano il problema”.

E sulla sicurezza, che avete scoperto?

Per me l’elemento più sconvolgente è che la Microsoft dia alle agenzie di sicurezza un periodo di tempo per studiare le debolezze di un sistema, prima di lanciarlo sul mercato” afferma Nikolas Leontopoulos, da Atene. “Un portavoce della società l’ha chiamato «early start», un avvio precoce, prima loro guardano e magari, come è già successo costruiscono un malware che venga a spiare i nostri Governi e Ministeri, e poi il prodotto viene copiato su milioni di computer”.

C’è la volontà di cambiare sistema ?

Putroppo no – conclude senza aprire a grandi speranze Harald Schuman. “I leader europei non pensano liberarsi dalla dipendenza alla Microsoft sia una priorità. E chi passa a open source lo fa in gran segreto per evitare la sua lobby feroce. Però i cyber attacchi a ripetizione, e i grandi investimenti in sistemi aperti di colossi come la Cina e la Russia, prima o poi sveglieranno l’Europa dal suo torpore. Speriamo non sia troppo tardi”.

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