PNSD: scuola ecosistema dell’innovazione

Il Piano Nazionale Scuola Digitale, noto anche come PNSD, diventa strumento di valorizzazione del capitale umano e di innovazione del sistema scolastico, ma soprattutto veicolo per favorire la Digital Transformation nell’intero Paese. Si ragiona, infatti, sulla capacità della scuola di raccogliere la sfida dell’innovazione, e non solo di un limitato processo di digitalizzazione amministrativa e didattica, divenendo un trampolino di lancio per un processo di trasformazione digitale che interessi l’Italia intera. Ciò a partire dall’acquisizione, fra i più giovani (ma non solo), di quelle competenze digitali di base indicate da DigComp 2.1: The Digital Competence Framework for Citizens with eight proficiency levels and examples of use e delle competenze di e-leadership e specialistiche ICT (Linee guida dell’Agenzia per l’Italia digitale) che insieme avviano lo sviluppo della cultura digitale di un intero Paese.

Ma i processi di innovazione sottesi ai cambiamenti attivati dalla trasformazione digitale sono ricchi di tranelli e intoppi, nel contesto scolastico così come nel resto della Pubblica Amministrazione, perché non sono efficaci se non si muovono da un radicale cambiamento di senso e prospettiva sull’innovazione: non digitalizzazione e introduzione di tecnologie, ma un processo complesso che tenga conto degli impatti del digitale sulle competenze da sviluppare e sui curricula, sull’organizzazione, sulle metodologie e gli strumenti della formazione, sulla capacità di agire, dentro e a pieno titolo, nella società della conoscenza, dei Big Data, di Internet delle cose.

Ciò soprattutto per una organizzazione pubblica, la scuola, che, si legge nel PNSD, è già, potenzialmente, “il più grande generatore di domanda di innovazione, e quindi di digitale” e che, come ha ribadito la Ministra Fedeli durante il convegno organizzato dal MIUR lo scorso 26 luglio, è “punto cardine da cui sviluppare il potenziale innovativo dell’intero Paese”.

Dunque, una sfida di “senso”, in cui l’innovazione s’intrecci con un processo di cambiamento sostenibile, che metta la scuola al centro di “un’azione culturale, che parte da un’idea rinnovata di scuola, intesa come spazio aperto per l’apprendimento e non unicamente luogo fisico, e come piattaforma che metta gli studenti nelle condizioni di sviluppare le competenze per la vita. Un processo in cui le tecnologie diventano abilitanti, quotidiane, ordinarie…, contaminando – e di fatto ricongiungendoli – tutti gli ambienti della scuola…”. (PNSD)

Ma anche una sfida organizzativa, che attivi un processo capace di agire su strumenti, competenze e contenuti e formazione ed accompagnamento, le tre aree in cui si struttura il PNSD e su cui il MIUR ha indicato una precisa strada da seguire.

Strumenti per favore l’accesso, nuovi ambienti digitali, l’amministrazione e la capacità degli istituti di condividere dati e informazioni, in maniera trasparente e tempestiva, al fine di consentire l’avvio di un processo di open government che coinvolga stakeholder e cittadini.

Competenze per l’economia digitale, per le STEM, per la creatività digitale, per la comunicazione e l’interazione digitale, per la generazione, analisi, rappresentazione e riuso dei dati, per il making, la robotica educativa e internet delle cose, per l’arte digitale e la gestione digitale del cultural heritage, che diventano strutturali negli ordinamenti scolastici.

Nuove strategie didattiche, metodologie e strumenti per favorire l’acquisizione delle competenze del 21esimo secolo da parte di giovani ed adulti, che, a loro volta, assumono il complesso ruolo di facilitatori.

Formazione di qualità, che attivi centri di competenza e laboratori di sperimentazione, perché la scuola italiana non può essere lasciata sola nella costruzione di una posizione sulle implicazioni della trasformazione digitale: “è la nostra società ad averne bisogno. Le ramificazioni sono profonde, e in alcuni casi “competitive” rispetto alle competenze sviluppate dal nostro sistema fino ad ora: pensiamo al rapporto tra calligrafia e fluent typing a tastiera; al rapporto poco documentato tra tecnologie digitali, creatività e creatività manuale; a come (e se) le tecnologie modificano le dinamiche di memoria, attenzione, lettura e costruzione di pensiero.” (Azione #16 – Una research unit per le Competenze del 21mo secolo)

Azione di accompagnamento da parte delle imprese e della società civile perché i processi di innovazione della scuola non siano altro rispetto a ciò che avviene fuori dalla mura scolastiche. “A maggior ragione in una visione di educazione allargata, che avviene non solo lungo tutto l’arco della vita (life-long), ma anche orizzontalmente, lungo tutte le esperienze quotidiane, in diversi contesti (life-wide)”. Quindi, un’azione che porti alla creazione di un ecosistema dell’innovazione composto da pratiche, attori e comunità dell’innovazione, che necessitano di occasioni e strumenti per progettare a fianco delle scuole, e sostenerle nella costruzione di risposte educative rivolte al futuro (Azione #30 – Stakeholders’ Club per la scuola digitale).

Una sfida, dunque, molteplice e complessa, che si estende trasversalmente al PNSD, nella definizione di una strategia chiara e condivisa di tutto l’istituto, che si gioca tutta su sei diverse dimensioni:

  1. infrastruttura, che consenta un utilizzo agevole delle tecnologie, che dovranno essere scelte secondo esigenze specifiche e in coerenza con la strategia dell’istituto;
  2. gestione della conoscenza, che passa attraverso la condivisione e la messa in comune di risorse didattiche aperte, l’acquisizione di competenze su metadati e archiviazione, licenze e riuso materiali, l’accompagnamento e il monitoraggio dei processi di sperimentazione didattica, la valorizzazione di processi di condivisione delle scelte e di ristrutturazione dei processi amministrativi;
  3. formazione del personale, che si muova dall’obiettivo di una didattica più efficace, adatta alla propria utenza, omogenea e capace di promuovere curricoli per le competenze digitali;
  4. costruzione di reti formative e progettuali, che rendano la scuola volano di un processo di miglioramento della cultura digitale di tutto il territorio;
  5. riflessione sull’innovazione didattica che ragioni in maniera coerente su competenze, infrastruttura disponibile e didattica e tecnologie in rete, sull’efficacia rispetto ai target di utenza e le competenze dei docenti, e si muova da un coinvolgimento più ampio degli stakeholder;
  6. sostenibilità delle azioni e delle scelte e compatibilità degli investimenti, per la quale il PNSD dà una serie di precise indicazioni organizzative, con la consapevolezza che un processo innovativo prima di tuttodeve essere organizzato, reso sostenibile e condiviso.

Il punto è se le scuole siano, ad oggi, messe nelle condizioni di farlo. Si trovano di fronte a una sfida su più fronti: strategica, organizzativa, formativa, di apertura verso il territorio, resa ancor più complessa dall’incertezza che tipicamente vela i percorsi dell’innovazione, che, per loro natura, hanno bisogno di tempo per l’incubazione e di rimaneggiamenti continui, di monitoraggio e valutazione e, allo stesso tempo, della sospensione del giudizio, di creatività e flessibilità, ma anche di pensiero sistemico per gestire meglio i processi.

Il PNSD propone una scuola in cui una triade composta da Dirigente scolastico (DS), Direttore dei servizi generali ed amministrativi (DSGA) e la nuova figura dell’Animatore Digitale (AD) (Azione #28 del PNSD) lavorino assieme ad un gruppo di innovatori di supporto, composto da personale amministrativo, assistenti tecnici, team dell’innovazione e i dieci docenti selezionati e mandati in formazione, al fine di avviare una progettazione condivisa e per “convertire gli obiettivi e le innovazioni del PNSD nella vita scolastica e creare le condizioni per un forte stimolo all’innovazione.

Ma queste indicazioni sono sufficienti? Di certo l’impegno delle scuole è notevole, ma appare sempre più necessario che siano offerte le condizioni di base (soprattutto di personale e competenze) per attivare un preciso schema organizzativo, con l’idea di fondo che l’innovazione necessita di una governance attenta e creativa, di una visione accompagnata da un disegno efficace del processo, dalla definizione dei tempi, che inevitabilmente si prospetteranno non brevi, ma che devono consentire di gestire la frustrazione determinata dalle difficoltà che inevitabilmente compariranno, dai cambi di rotta necessari ed imprevisti, che contraddistinguono i processi di innovazione.

Una governance della trasformazione digitale in cui serve consapevolezza della sfida comune e di ciò che manca per renderla possibile, l’organizzazione di un percorso di lavoro condiviso e sostenibile, e in cui competenze digitali di base, competenze di e-leadership e competenze specialistiche ICT (che ad oggi mancano in molte scuole, con particolare riferimento agli Istituti Comprensivi per i quali, infatti, è stata pensata l’Azione #27 – Assistenza Tecnica per le scuole del primo ciclo) giocano un ruolo importante, ma non sono le uniche ad essere necessarie.

Secondo il World Economic Forum per questo cambiamento di senso sono necessarie dieci soft skill (10 skill you’ll need in the workplace by 2020): la flessibilità cognitiva, ovvero l’abilità di attuare comportamenti diversi in base al cambiamento di regole; la negoziazione; la service orientation, una predisposizione all’essere utile, premuroso, attento e collaborativo; la capacità di giudizio e di prendere decisioni; l’intelligenza emotiva, ovvero quella capacità di riconoscere, utilizzare, comprendere e gestire in modo consapevole le proprie ed altrui emozioni; la capacità di coordinarsi con gli altri; la capacità di gestire le persone, motivando e valorizzando e guidando chi lavora per/con te; la creatività; il pensiero critico/sistemico; il problem solving.

Ad oggi, la sfida è lanciata. La professionalità di tanti docenti e dirigenti è di certo una straordinaria base su cui il Piano nazionale di scuola digitale potrà realizzarsi, ma quanto potenziale innovativo si sta sfaldando sulle difficili condizioni di base in cui molte scuole agiscono e sulla mancanza di competenze digitali?

 

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