Il video di Banca Intesa virale su Facebook: il vero #EpicFail è la risposta di Intesa SanPaolo

Sul web italiano il vero argomento della settimana è stato lui: il video della filiale di Banca Intesa SanPaolo di Castiglione delle Stiviere. Quello che è successo ormai lo sappiamo tutti, e si può riassumere in poche righe: il 3 ottobre, un martedì, comincia a circolare su Facebook un video realizzato dalla direttrice della filiale Banca Intesa della cittadina mantovana, un video piuttosto “casereccio” che comincia con l’elogio del territorio e dei suoi operosi abitanti, continua con la celebrazione degli impiegati della filiale e termina con un panegirico musicale su come i dipendenti di Intesa SanPaolo ci mettano “la faccia, la testa e il cuore” per garantire al cliente il miglior servizio possibile.

Il video diventa virale a una velocità pazzesca: circola di bacheca in bacheca, di gruppo in gruppo e arriva sulla stampa nazionale; e la sua protagonista, la direttrice della filiale, finisce al centro del dileggio di migliaia di utenti che la commentano, sbeffeggiano e – anche – la insultano. Il profilo Facebook della donna diventa oggetto di nuovi gruppi parodistici spuntati come funghi su Facebook nel giro di poche ore, e molti altri brand ne approfittano per fare un po’ di instant marketing anche, e su questo ci torneremo tra un attimo, prendendo le difese del gruppo di bancari castiglionesi.

Mentre iniziano a circolare un altro paio di video sempre dello stesso tenore ma con meno impatto mediatico, si scopre che quella che sembrava essere una brutta campagna di marketing lanciata dal primo istituto di credito italiano in realtà era invece un contest interno indetto da Intesa SanPaolo: lanciato la scorsa estate, il contest chiedeva ai direttori e dipendenti delle varie filiali di realizzare un video in cui raccontarsi e raccontare «il bello del proprio lavoro», senza bisogno di essere «Fellini o Mastroianni».

video banca intesa

Alcuni dei video sarebbero poi stati mostrati durante una convention interna che si sarebbe svolta all’inizio dell’autunno, ovvero proprio quando il video della filiale di Castiglione delle Stiviere diventa virale sul web. Non ci vuole molto a capire quello che è successo: qualcuno che ha avuto a che fare con il materiale del contest deve aver notato quel video e l’ha condiviso su Facebook, facendolo uscire dal circuito della comunicazione interna di Intesa SanPaolo.

Sulla faccenda si è detto e scritto molto ed è anche interessante sottolineare la decisa “inversione di rotta” che ha caratterizzato la discussione attorno alla questione. Dopo una prima ondata in cui tutti (comprese alcune testate nazionali) hanno condiviso o commentato il video in modo derisorio, puntando il dito in particolar modo contro la protagonista del video, cominciano a farsi largo alcune voci che condannano quella specie di “sbornia social” a cui tutti stavano prendendo parte. Tra questi ci sono sia alcuni brand, come ad esempio Ceres, che unisce l’instant marketing a un messaggio di empatia…

video banca intesa

… ma anche molti “addetti ai lavori” della comunicazione e del digital marketing, che toccano vari temi analizzando il caso da diversi punti di vista: si veda a questo proposito, l’illuminante analisi di Matteo Flora. A questo punto arriva una seconda corrente di commenti e opinioni con un sentiment opposto: commenti che esprimono solidarietà nei confronti della direttrice della filiale in questione e dei dipendenti di Intesa SanPaolo tutti. C’è chi addirittura fa ammenda per aver condiviso il video o per averlo commentato senza sapere esattamente cosa ci fosse dietro. C’è chi prende le difese dei protagonisti del video al grido di “provate a farlo voi” e chi invece si chiede infastidito quando si smetterà di parlare di questa storia, soprattutto per restituire la pace dell’oblio alla protagonista di tutta la storia.

C’è che chi si chiede cosa abbia fatto Intesa SanPaolo in tutto questo. La risposta è molto semplice: niente. A quattro giorni dallo scoppio del caso, l’unica comunicazione ufficiale che è arrivata dai vertici della più importante banca italiana è un breve intervento di Vittorio Meloni, direttore della comunicazione esterna di Banca Intesa, in una trasmissione radiofonica su Radio1. Una clip audio che è stata condivisa sulla pagina Facebook di Intesa SanPaolo e che potete risentire qui:

Ma, in questa risposta di Banca Intesa che arriva per voce del suo direttore delle Relazioni Esterne, molte cose sono opinabili. Talmente tante da rendere la risposta di Intesa SanPaolo totalmente inadeguata.

1. Arriva in estremo ritardo. Il video è diventato virale il 3 ottobre, un martedì. L’intervista a Vittorio Meloni arriva nel pomeriggio di venerdì 6 ottobre: un lasso di tempo che, considerati i tempi con cui si è originata ed evoluta la vicenda, corrisponde più o meno a un’era geologica. Mentre Banca Intesa si decideva a intervenire, le facce dei bancari castiglionesi – e con essere il brand stesso – veniva condiviso, commentato, preso in giro e insultato a ruota libera. E il silenzio dei vertici di Banca Intesa può essere interpretato alternativamente come un “ancora non se ne sono accorti”, “se ne sono accorti ma non sanno cosa fare”, oppure come un ben più grave “non sono interessati a rispondere anche se di mezzo ci sono dei loro dipendenti”.

2. Nel suo intervento, Vittorio Meloni dichiara che «i massimi vertici dell’azienda» hanno offerto «solidarietà e aiuto» ai protagonisti del video, in particolare alla direttrice della filiale che è diventata oggetto di insulti dentro e fuori il web. Questo va benissimo, ma che ne sa il pubblico di questa presa di posizione da parte dei pezzi grossi di Intesa SanPaolo? Per come si sono messe le cose, che l’azienda prendesse pubblicamente una posizione era importante sia per proteggere i propri dipendenti – quelli direttamente coinvolti nella vicenda, ma anche tutti gli altri – che per tutelare il brand. È vero che la crisi si è originata nell’ambito della comunicazione interna dell’azienda e che è stata trattata come un caso interno, ma è altrettanto vero che la vicenda è diventata un caso nazionale. Quello che serviva era una risposta pubblica, forte e incisiva, che fosse recepita da tutti, soprattutto dopo che anche i sindacati hanno preso la parola accusando Banca Intesa di mettere in ridicolo i propri dipendenti. Insomma, se prendi le difese dei tuoi dipendenti dopo che sono stati sfottuti fino a Plutone e ritorno, almeno fallo sapere a tutti.

3. La risposta di Banca Intesa, invece, sembra essere fatta apposta per passare in sordina: un post sulla propria pagina Facebook, di venerdì pomeriggio – cioè quando tutti sono già distratti dall’imminente weekend – con un lancio striminzito che non cattura l’attenzione e un’immagine anonima che, d’impatto, non suggerisce in alcun modo che si stia parlando di quella cosa lì e che rimanda a un breve intervento telefonico del Direttore delle Relazioni Esterne a una trasmissione radiofonica. Senza voler togliere nulla a Radio1 ma, dopo che è stato montato un caso nazionale, forse sarebbe stato opportuno scegliere tempi e luoghi migliori per dire la propria sulla questione. O, almeno, trovare per le parole del Dott. Meloni un formato che avesse qualche chance in più di circolazione virale. Sul serio: chi condividerebbe mai quella clip audio sulla propria bacheca?

4. Meloni dice che «qualcuno ha trovato i video e li ha pubblicati su Facebook, non siamo stati noi». Ecco, questo è il vero “EpicFail”: la gestione della comunicazione interna di Intesa SanPaolo. Il problema non è stato indire un contest interno rivolto ai dipendenti: il vero problema è non aver saputo gestire correttamente il materiale prodotto da questo contest. A prescindere da chi sia il responsabile del “leak” e della messa online del video, Banca Intesa avrebbe dovuto preoccuparsi di come sarebbero stati trattati e utilizzati i video prodotti dai dipendenti, soprattutto se il bando del concorso parlava esplicitamente di «video ironici e allegri» da realizzare senza nessuna velleità di essere dei professionisti del video-making e soprattutto (soprattutto!) se era comunque previsto fin dall’inizio che i video sarebbero stati mostrati durante una convention. Un incontro riservato sì ai dipendenti di Banca Intesa, ma pur sempre un’occasione pubblica. Si punta tanto il dito contro il fatto che quel video in particolare avrebbe prodotto una simile reazione perché estrapolato dal suo contesto e buttato su Facebook, ma non ci si sofferma abbastanza a pensare a come sarebbe stato accolto quel video  – o gli altri – se fosse stato mostrato durante gli Incontri BdT di cui si parla nel bando.

5. Nel suo intervento a Radio1, Meloni dice anche un’altra cosa importante: e cioè che quei video potevano «essere prodotti da chiunque, magari alla festa di compleanno di un figlio o al matrimonio di un caro amico». È proprio vero: tutti abbiamo il telefono pieno di video e foto che noi troviamo divertenti perché ricordo di un momento particolare, ma che chiunque altro troverebbe insignificanti o addirittura imbarazzanti. Lo stesso vale per i video che Banca Intesa ha chiesto di produrre ai propri dipendenti: contenuti che perdono tutto il proprio senso non appena varcano le porte blindate della filiale in cui sono stati girati, quando viene meno il famoso “contesto”. La perdita del contesto, e quindi del valore del contenuto stesso, non avviene quando un video “sfugge” su Facebook, ma quando viene mostrato a qualcuno di estraneo. Perché mai un dipendente Intesa di Latina dovrebbe trovare interessante un video girato da un collega sconosciuto di una filiale Intesa di Treviso? «La vita è fatta di eventi incontrollabili – dice ancora Meloni – e gli esseri umani sono imprecisi e fallibili per definizione. Quindi non tutto viene fatto per una logica precisa». Al di là della filosofia spicciola, è un’argomentazione che non regge. I dipendenti di Banca Intesa non hanno prodotto quei video “senza una logica”, la logica c’era eccome: quella del contest a cui hanno partecipato. E, quando si tratta di trasmettere l’identità della propria azienda, o di fare employer branding, tutto deve essere fatto sempre con una logica precisa. Non si tratta di essere “esseri umani fallibili” ma professionisti competenti che sanno ciò che fanno, quale obiettivo vogliono raggiungere, e come raggiungerlo senza che produca più danno che beneficio a tutte le parti coinvolte.

Lesson Learned: Non è più possibile pensare che la comunicazione interna di un’azienda resti sempre e soltanto all’interno dell’azienda: informazioni, contenuti e dati sensibili possono diventare di dominio pubblico in qualsiasi momento, con tutte le conseguenze del caso. Studiare un protocollo anti-crisi che includa una risposta pubblica ad una crisi originatasi internamente può essere una buona cosa per tutelare l’immagine del brand, dentro e fuori il brand stesso. 

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