Brand positioning: intervista a Mariano Diotto

Cresciuto a pane, semiotica e Carrà, come dichiara sul suo sito, Mariano Diotto si muove in equilibrio tra mondo scientifico e pop. E’ autore, brand strategist, docente universitario e direttore del Dipartimento di Comunicazione dell’università IUSVE. Esperto di Brand Positioning, esordisce spiegando cosa sia: “Il brand positioning, chiamato posizionamento di prodotto in Italia, è il modo attraverso il quale viene percepito un prodotto da parte dei consumatori facendo riferimento alle sue caratteristiche tecniche ed emozionali più importanti; in altre parole è il posto che il prodotto occupa nella mente dei consumatori rispetto ai prodotti competitor. Per alcune aziende la scelta di posizionamento risulta molto semplice, in quanto i propri prodotti si possono inserire naturalmente in un segmento di mercato, per altre invece risulta alquanto difficile perché magari la differenziazione tecnica del prodotto non è così marcata e di conseguenza sarà necessario agire su altri aspetti. Ad esempio tra le “bevande gassate da intrattenimento” ognuno di noi ha una propria classifica di piacevolezza e di propensione all’acquisto che è data dall’influenza esercitata dall’azione di advertising e dal consumo personale. Quindi qualcuno, ad esempio, metterà al primo posto Coca Cola, mentre altri Fanta o Pepsi. L’importante per il brand è essere presenti in questa classifica. Il posizionamento di un brand viene esplicitato da quella che viene chiamata: dichiarazione formale di posizionamento. Si può definire come la lettera d’intenti che l’azienda stipula con i propri clienti, indicando le caratteristiche tecniche e qualitative del prodotto, l’elemento di differenziazione dai competitor, la risposta ai bisogni da soddisfare del pubblico”.

Quanto incidono i consumatori nella costruzione dell’idea di un brand?

Moltissimo! È il cliente a decretare il successo di una campagna di brand positioning e lo realizza nel momento in cui il prodotto reclamizzato rientra in una sua classifica mentale di gradimento. Attenzione a non immaginare che il prodotto debba essere sempre memorizzato al primo posto perché l’azienda potrebbe anche voler occupare un posto più basso rendendosi magari competitiva per il prezzo, per la qualità o per la soddisfazione del bisogno del cliente. Ad esempio se parlassimo di LIDL nel brand positioning di categoria di negozio (supermercati/discount) non occupa il primo posto perché ci sono competitor più storici ed affermati, ma sicuramente è tra i primi posti se la categoria di posizionamento è la convenienza. 

Quali sono gli errori che vengono commessi più spesso a proposito di posizionamento? Come possiamo correggerli?

L’errore più comune di molti creativi e marketer è quello di lasciarsi guidare dal senso comune, dalla routine. Ma è meglio dire subito che il senso comune ha torto perché situazioni che al momento sembrano perduranti e dominanti in realtà possono cambiare con mirabolante rapidità.

Ci vuole una strategia che si basi su regole precise e certe di decodifica del messaggio pubblicitario da parte del pubblico. Vedo ancora molta improvvisazione e responsabili marketing che non sanno descrivere la dichiarazione formale di posizionamento dell’azienda per cui lavorano!

Il futuro deve essere più creativo di quanto pensiamo perché si tratta di riscrivere il passato cercando delle categorie utili per domani e i giorni a venire. Che possano servire al cliente. È lui il nostro obiettivo perché senza di lui, l’azienda chiude! Il consiglio che mi sento di dare è di vedere il futuro non come la continuità del presente, ma come “altro”! Il marketer deve essere ottimista, perché gli ottimisti sono nostalgici del futuro e non del passato.

Cosa si nasconde dietro le 15 Leggi di Diamante e il loro ruolo nel brand positioning?

Le 15 Leggi di Diamante sono un modello innovativo di gestione strategica, di advertising e di marketing atto a identificare le componenti del brand da una prospettiva maggiormente orientata al pragmatismo, alla costruzione di regole di funzionamento e alla conseguente gestione della marca. Si basano sulle neuroscienze e sugli studi di neuromarketing.

Gli archetipi sono alla base di questo approccio, perché ci aiutano a semplificare il nostro vivere. Se ogni messaggio che ci viene lanciato dovesse conquistare la nostra attenzione, il nostro cervello impazzirebbe e compirebbe delle scelte a priori.

Immaginiamo di camminare in una strada: a quanti stimoli siamo sottoposti? Luci, suoni, messaggi visivi, indicazioni, voci… Il nostro cervello esegue una selezione in base alle esperienze precedenti. Quante volte ci è capitato di passare in una piazza per numerose volte e accorgerci dopo diverso tempo che c’era una statua posta al centro? Come mai non ce ne eravamo mai accorti? Proprio perché il nostro cervello seleziona le informazioni in base a degli archetipi già acquisiti che danno sicurezza nell’esistere e nel muoversi nel mondo. In questo modo il nostro vivere viene semplificato e agiamo in molti casi per istinto (di pancia, potremmo dire) senza più mettere in campo il pensiero razionale (il cervello).

Proprio per queste dinamiche il pubblicitario o marketer, all’interno di una valida strategia di brand positioning e conoscendo questi aspetti psicologici, può agire nel costruire nuovi archetipi, nuove strutture di sicurezza per semplificare la comunicazione e raggiungere il proprio target.

Content strategy e brand positioning: 3 esempi vincenti online

Il primo in assoluto è quello messo in campo da Buondì Motta, che era presente negli scaffali dei supermercati ma non era più rappresentato nell’immaginario del pubblico. Il brand era uscito dalla classifica di merendine appetibili. La pubblicità, molto criticata ma indubbiamente efficace a livello di brand positioning, in cui la mamma veniva colpita da un meteorite, ha ottenuto un effetto straordinario risollevando le vendite del prodotto e riconquistando un posto nell’immaginario del pubblico.

Il secondo esempio è Kids Dreams, la campagna di advertising che Volkswagen ha lanciato alla vigilia di Natale 2017 in cui si segna un cambio radicale nella comunicazione della casa automobilistica tedesca, mettendo al centro la sicurezza, l’emozione e i bambini come futuro target. 

Il terzo esempio è lo spot di Adidas lanciato il 20 dicembre 2017 all’interno della campagna Here to Create dal titolo Calling All Creators. Lo spot è una storia crossmediale, costituita da contributi video destinati ai social, alla tv e al sito adidas.com, condensati in un unico prodotto visivo. Il filmato presenta alcune delle personalità più influenti al mondo nei settori dello sport, della moda e della musica, tutti riuniti attorno a un tavolo e uniti dalla passione per la creatività. Questi Creators si rivolgono agli atleti di tutto il mondo, incoraggiandoli a sfidare le convenzioni e a unirsi al movimento Adidas, in modo da sfruttare la propria immaginazione e fantasia per compiere nuove imprese. Lo spot pubblicitario ha realizzato in pochi giorni più di 32 milioni di visualizzazioni sul canale YouTube di Adidas e più di 300 mila visualizzazioni nel profilo Facebook con quasi 9 mila reaction e più di 2000 condivisioni. Sicuramente un modo efficace per Adidas di rimanere tra i brand sportivi al top nella memorizzazione da parte del pubblico.

Immagine di copertina tratta dal sito di Mariano Diotto

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