Dove vai, se Medium non ce l’hai?

Un blog è casa tua. I social network e le piattaforme di blogging sono delle comuni“. Così in un articolo in cui si spiegava perché Medium non è una alternativa a un blog, si metteva in evidenza subito un “difetto” da non sottovalutare nel momento in cui si sceglie uno strumento come questo per comunicare. Soprattutto se a comunicare è, per esempio, una Pubblica Amministrazione che potrebbe gestire un blog “in casa” (magari con uno strumento come WordPress o simili) piuttosto che utilizzare le “piattaforme d’altri”.

Eppure, di spazi informativi su Medium è pieno il mondo. O meglio, se non hai Medium oggi non sei 4.0. Sei rimasto al 3.0 o anche allo 0.4 secondo alcuni. E allora, a volte seguendo le mode del momento, aziende, PA, singoli individui smantellano un collaudato spazio informativo autogestito, e pertanto completamente a disposizione, per gettarsi su strumenti nuovi, solitamente gratuiti e proprietari, un po’ come si farebbe su una piscina fresca il giorno di Ferragosto.

Ma quali sono le condizioni alle quali dovremmo fare attenzione al momento della scelta?

Quali le regole della casa altrui alle quali dovremo attenerci una volta entrati e diventati “innovatori”? Nella famose policy e condizioni accettate al momento dell’iscrizione, le stesse che non si riesce a leggere neppure nel momento in cui ci si iscrive ad un social network, i patti sono chiari. E l’amicizia potrebbe non essere lunga nel caso in cui questi cambino nel tempo e ci portino ad abbandonare una casa non nostra.

I punti che, se letti con attenzione, potrebbero far cambiare idea rispetto alla sostituzione di un proprio blog o spazio informativo a favore di un “solo apparente comodato d’uso” su Medium sono:

  1. Possiamo rimuovere per qualsiasi ragione qualsiasi contenuto pubblicato dall’utente. Cosa alla quale non si presta attenzione perché “Ma chi mai lo farà? A chi mai verrà in mente di eliminare qualcosa di mio?”. Eppure se sta scritto nelle regole firmate, è possibile che succeda. Qui, come in altri spazi concessi “gratuitamente” in rete. Notavo qualche tempo fa la lamentela (condivisa e appoggiata da molti) di una insegnante in un gruppo social che raccontava di per aver perduto completamente un lavoro fatto a fine anno scolastico su uno dei tanti servizi on line semplici, efficaci e gratuiti al quale si era affidata. E riflettevo sul fatto che anche in quel caso era scritto a chiare lettere che sarebbe potuto succedere, anche qualora ci si sia fidati ciecamente, tanto da rinunciare a fare un salvataggio in locale quanto meno dei materiali usati.
  2. L’utente ci concede una licenza non esclusiva di pubblicarli sui Servizi di Medium, incluse le azioni ragionevolmente correlate alla pubblicazione (come ad esempio archiviare, presentare, riprodurre e diffondere i contenuti). Le licenze, parafrasando il Manzoni, per molti (per chi s’intende di filosofia, avrebbe scritto lui) “non sono altro che semplici accidenti”. Tanto che non andiamo sempre a verificare quali siano quelle con cui pubblichiamo contenuti, non ci preoccupiamo di rispettarle o farle rispettare. Sbagliando, visto che molta importanza rivestono per la circolazione “regolata” dei contenuti prodotti.
  3. L’utente accetta che Medium potrà inserire annunci pubblicitari nei Servizi, incluso in relazione alla presentazione dei contenuti dell’utente o altre informazioniDi gratuito, scriveva qualche tempo fa il nostro visionist Alfonso Fuggetta su Twitter, c’è solo l’amore incondizionato della mamma. Le piattaforme proprietarie come Medium di qualcosa si dovranno pur “nutrire” a fronte della concessione gratuita agli utenti di un servizio costoso. Ma quanto è opportuno che, per esempio, su uno spazio informativo istituzionale si accetti una condizione come questa? E su uno spazio aziendale? E su uno personale? Soprattutto quando non si ha la possibilità di monitorare il tipo di pubblicità che apparirà o di scegliere gli sponsor?
  4. Possiamo modificare, cessare o limitare l’accesso a qualsiasi aspetto del servizio, in qualsiasi momento, senza preavviso. Non potremo lamentarci se vedremo scomparire i contenuti scritti, elaborati, pubblicati in mesi e anni di lavoro. Non potremo lamentarci per non aver salvato nulla e aver perso tutto. Non potremo dire “avrebbero potuto avvisare però”. Non potremo lagnarci per aver lavorato inutilmente. Non potremo protestare qualora cambino queste regole appena descritte o qualora ne vengano introdotte altre sulle quali “non sono per niente d’accordo”.

Non siamo a casa nostra. Sottostiamo alle regole di altri e dovremo almeno avere il buon senso di conoscerle per decidere se è il caso o meno di trasferirsi, acclimatarsi e restare.

 

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