Il termine Agricoltura 4.0 è mutuato dal più noto “Industria 4.0”. I concetti e le tecnologie abilitanti, nonché le problematiche che si riverberano sulla società, sono in parte analoghi: impatti sull’occupazione, nuove competenze (anche soft) richieste, ecc.
La trasformazione digitale all’interno del settore agricolo esercita un ruolo speciale in rapporto ai cambiamenti epocali della società contemporanea e ai fattori critici riferibili alle problematiche legate ai fenomeni della globalizzazione e del crescente impatto negativo esercitato dall’uomo sull’ambiente con le sue attività costruttive, agricole, ecc. (“pressione antropica”), quali l’intensificazione degli scambi commerciali e degli spostamenti delle persone, le modificazioni del clima e l’accresciuta omogeneità genetica concentrata in aree limitate.
Floricoltura e digitale
Abbiamo l’occasione di occuparcene in questa rubrica dedicata ai temi della Geospatial Revolution a conclusione della Summer School of Floriculture, focalizzata su “Floricoltura 4.0”. La Floricoltura, indicata anche come coltura minore (per superficie coltivata, quantitativi di produzione, tipologia di consumo, specificità degli interventi necessari), include le specie ornamentali e aromatiche. La superficie dedicata a queste colture a livello mondiale è di circa un milione di ettari, suddivisi su 80 Paesi. In ambito europeo i principali Stati Membri produttori sono, in base alla superficie coltivata, Italia, Paesi Bassi, UK, Germania, Spagna e Francia.
L’importanza economica delle colture minori in Europa – in cui predominano Italia e Olanda – sono ragguardevoli, con un fatturato di circa 60 miliardi di euro/anno, corrispondente a circa il 20% del PIL agricolo. Per l’Italia, tale indicatore economico sale al 37%: in altri termini, la floricoltura rappresenta più di un terzo della ricchezza prodotta dal comparto agricolo nazionale.
Occorre quindi avere cura di questo patrimonio produttivo, fonte di ricchezza e testimonianza anche di lunghe tradizioni legate ai territori ove è praticato. Avendo presente i piani di sviluppo dei principali concorrenti europei e l’emergere di nuovi competitors (ad es. asiatici e africani), risulta quanto mai attuale e urgente l’adozione di strategie innovative di produzione, unitamente a riorganizzazioni interne alle aziende nonché forme di cooperazione interaziendali, anche coinvolgendo gli stakeholder del territorio. Innovazione tecnologica a cui si deve associare lo studio di processi di marketing focalizzati sulle prospettive dei consumatori, traendo vantaggi da valori quali la qualità e il pregio del prodotto, la sua tracciabilità (compresa la sua provenienza), la responsabilità sociale e ambientale dell’impresa.
Oltre ai fattori critici legati alla globalizzazione e alla crescente pressione antropica cui si è fatto cenno in premessa, per il settore della coltivazione delle piante ornamentali occorre sottolineare problematiche specifiche, riferibili a:
- differenziazione dell’offerta, dovuta alla continua innovazione di prodotto (nuove varietà), all’innovazione di processo (coltivazione fuori suolo, ciclo abbreviato), all’introduzione della produzione biologica e al richiamo al territorio di origine (entrambe queste ultime richieste del consumatore);
- colture a basso valore aggiunto e grandi numeri (economie di produzione, alta densità di coltivazione), alta penetrazione di mercato basso impegno di capitale;
- colture “orticole” come colture ornamentali (rosmarino, salvia, timo, …);
- fiori commestibili, quindi inseriti nella filiera alimentare;
- prossima introduzione di un profilo residuale sulle colture ornamentali (nuovi limiti di tracce di sostanze chimiche presenti alla distribuzione).
Naturalmente, come per tutte le specie coltivate, anche le piante alimentari e ornamentali sono esposte ad agenti patogeni e a parassiti, causa di perdite di produzione, imputabili alle erbe infestanti, ai parassiti animali e a quelli vegetali. A titolo indicativo, il calo di resa dovuto allo sviluppo di infestanti può raggiungere il 35% della produzione.
In questo quadro, l’implementazione di soluzioni riconducibili all’approccio dell’Agricoltura 4.0 si sta diffondendo spesso inserita a livello di integrazione di tecniche di agricoltura di precisione (precision farming), approccio apparso negli anni Novanta, basato agli esordi principalmente sulla geolocalizzazione del veicolo, che consente funzioni come la guida assistita, l’esecuzione di prelievi di campioni, la raccolta dei dati dal campo, l’uso di macchine a dosaggio variabile, ecc.
Agricoltura di precisione?
L’agricoltura di precisione può essere letta come un sistema di gestione della variabilità, sia spaziale – dall’azienda alla singola pianta – che temporale ovvero dalla preparazione del terreno, alla semina, fino alla raccolta. Due delle tecnologie che costituiscono i pilastri che hanno permesso lo sviluppo del precision farming riguardano l’industria geospaziale, e cioè i Global Navigation Satellite Systems (GNSS) e i Geographic Information Systems (GIS). Sistemi abbinati e integrati con sensoristica di prossimità (sensori meteo, dendrometri, biosensori, ecc.), grazie ai sistemi di connettività e all’adozione di protocolli e standard che garantiscono l’interoperabilità tra i diversi device.
Tale processo tecnologico si è accresciuto negli anni più recenti attraverso l’introduzione di sistemi di monitoraggio da remoto sempre più sofisticati, in particolare con la disponibilità di riprese dallo Spazio con risoluzione – spaziale, temporale e spettrale – in grado di sorvegliare fenomeni a livello di singoli appezzamenti, a cui, nel contempo, si sono aggiunti gli Aeromobili a Pilotaggio Remoto (APR, comunemente detti droni), impiegati per il monitoraggio a grande risoluzione.
La disponibilità di sistemi di monitoraggio da remoto – a bordo di satelliti e droni – sempre più complessi e performanti, nonché il massiccio impiego dell’internet of things (IoT), con sensori di prossimità e di identità, ha generato la possibilità di elaborare enormi quantità di dati, fonti che hanno favorito lo sviluppo sia di modellistica previsionale che di Decision Suport Systems (DSS). È opportuno sottolineare come tale sviluppo disruptive sia reso possibile dalla disponibilità del Cloud, delle tecnologie Big Data Analytics e si avvalga dell’Intelligenza Artificiale.
Tralasciando il tema dei modelli di business idonei per rendere fruibile agli operatori delle aziende agricole le risultanze di tale ecosistema digitale complesso, con questa rapida disamina è stato nostro intendimento porre in evidenza quanta tecnologia geospaziale sia embbeded all’interno dell’Agricoltura 4.0, settore che, come anticipato nell’incipit, per molti aspetti coincide con l’Industria 4.0.
Realtà virtuale e aumentata
Come argomento rafforzativo di questa constatazione, con lo sguardo proiettato ad un futuro molto prossimo (e in parte già presente), le tecnologie Virtual & Augmented Reality (V&AR), integrate con quelle geospatial, potranno rivoluzionare i servizi legati al settore della floricoltura. Esse sono già presenti nel mondo dell’Agricoltura 4.0, ad esempio nell’ambito dei simulatori di guida per l’agricoltura di precisione (VR) e per applicazioni di manutenzione da remoto (AR). Come già avviene – ad esempio – per l’arredamento residenziale, si potrebbe progettare e proporre alla clientela l’allestimento floreale da remoto di uno spazio pubblico, anche in contesto indoor, grazie all’intersezione della Realtà Virtuale con tecnologie 3D scanning (ad es. grazie al 3D Building Informaton Modelling, BIM) e all’accessibilità di cataloghi online di composizioni floreali disponibili in forma di ologrammi da parte dei floricoltori. I fornitori di questi servizi potrebbero proporre ai committenti diverse soluzioni scenografiche. Entrambe le parti potrebbero collaborare all’individuazione della soluzione da realizzare, ciascuno dalla propria sede, lontano dalla sala destinata all’evento, con possibili risvolti in tema occupazionale e nuove competenze richieste.
Blockchain
Volendo portare all’attenzione del lettore un’applicazione di estrema attualità circa il ruolo delle tecnologie geospaziali quale elemento trainante nella diffusione dell’innovazione digitale, calza allo scopo Foodchain, soluzione italiana basata sulla tecnologia Blockchain applicata alla filiera agroalimentare, proposta per garantire un’ambiente trasparente, sicuro e condiviso per la tracciabilità dei componenti e dei processi di trasformazione costituenti i prodotti alimentari offerti al consumatore.
La figura seguente illustra il processo standard di approvvigionamento e-commerce, dall’invio dell’ordine, al suo processamento, alla successiva selezione e preparazione del prodotto richiesto, all’organizzazione del suo trasporto fino alla consegna.
Per ogni fase di questa supply chain, Foodchain permette di registrare in forma sicura dati, informazioni e documentazioni, validati e certificati in modalità decentrata. Dato che il sistema gestisce le autorizzazioni – in base a ruolo, condivisione e filtri sul contenuto dei dati – la caratteristica open della blockchain consente la rintracciabilità, ottenuta raccogliendo e analizzando le informazioni acquisite lungo la filiera. In sintesi, si costituisce un sistema Enterprise Resource Planning (ERP) integrato in blockchain attraverso l’utilizzo del concetto di smart contract.
All’interno di tale processo, le tecnologie geospaziali possono fornire la connessione tra mondo digitale e mondo reale. Nel case study descritto sopra, gli agenti decentrati (e trustless) deputati a fornire i dati necessari (oracles, secondo la terminologia Ethereum) per verificare e garantire le condizioni richieste dal contratto intelligente intervengono all’interno dello spazio della blockchain.
Blockchain e IoT integrate: il caso di XYO Network
È possibile integrare blockchain e oggetti fisici ricorrendo a piattaforme crittografiche focalizzate sulla posizione delle cose, cioè integrando blockchain e IoT. È il progetto a cui si sta dedicando la società californiana XYO Network: la creazione di una rete di localizzazione per rendere il mondo fisico programmabile e accessibile agli sviluppatori. Essa consente agli sviluppatori (come quelli che scrivono contratti smart di Ethereum) di interagire con il mondo reale come se fosse una Application Programming Interface (API). I nodi della Localization Network fungono da “oracoli” per il contratto intelligente. La vera innovazione introdotta da XYO Network riguarda la possibilità di ottenere prove basate sulla posizione dei componenti del sistema, etichettati come Proof of Location (PoL), grazie alla creazione di un protocollo sicuro per la posizione crittografata.
Un possibile utilizzo della tecnologia XYO può riguardare l’offerta, da parte del fornitore, di un servizio (ad esempio premium) di consegna sicura, con pagamento alla conferma del ricevimento, secondo la seguente modalità:
- quando un cliente finalizza un ordine, viene creato un contratto intelligente che rilascerà il pagamento al fornitore al momento della consegna del prodotto acquistato;
- la confezione includerà un dispositivo elettronico a basso costo che registra le sue interazioni con altri dispositivi, disseminati nel mondo reale, sulla propria “bolla” blockchain;
- nel momento in cui la spedizione raggiunge la sua destinazione, come da conferma tramite la sua interazione con un ultimo dispositivo all’interno dell’abitazione del cliente, lo smart contract sarà soddisfatto e il pagamento verrà rilasciato;
- in caso di controversia, il ledger fornirà una cronologia che può confermare la consegna della spedizione o mostrare dove il plico è andato perso.
In generale, l’integrazione blockchain–IoT, attraverso un sistema di localizzazione trasparente, sicuro e decentrato, è assai promettente, considerando che nel prossimo futuro le tecnologie a “posizione incorporata” – ad es. veicoli a guida autonoma, droni per le consegne e città intelligenti che si sviluppano e gestiscono autonomamente – renderanno le nostre vite dipendenti dai dati di posizione e quindi la nostra sicurezza direttamente proporzionale all’accuratezza e alla validità dei dati di posizione stessi, utilizzati dai nuovi sistemi citati.
Sulla base delle tecnologie blockchain sviluppate rispettivamente dall’italiana Foodchain e da XYO Network, nel corso delle Q&A session sono state formulate possibili considerazioni sull’applicabilità di queste tecnologie per venire incontro alla richiesta di garanzia del territorio di origine sempre più richiesta dai consumatori anche per i prodotti della Floricoltura. Tanto più che XYO Network, oltre ai dati sull’ubicazione relativa (rilevata in base alla prossimità dei sensori), è in grado di effettuare il salvataggio di dati di posizioni assolute, grazie alla disponibilità di un protocollo di archiviazione (denominato Quadhash) per la loro archiviazione nella blockchain, ideato dalla startup LayerOne, recentemente acquisita (luglio 2018).
Qualche riflessione
L’esperienza della Summer School “Floricoltura 4.0” ha posto in evidenza quanto il futuro delle imprese di questo settore sarà fortemente dipendente dall’evoluzione tecnologica e vincolato al rispetto di comportamenti conformi ai principi dello sviluppo sostenibile. Se da un lato si sente la “pressione” del futuro in rapido arrivo, del quale si percepisce la tremenda velocità di cambiamento, è stato ricordato agli studenti che un potente strumento a disposizione dell’agronomo e degli altri professionisti che operano in questo mondo – riconosciuto come latore di bellezza e benessere – è e sarà l’aumento della velocità e dell’approfondimento della comprensione dei fenomeni, per anticiparne l’evoluzione ed esserne parte attiva.
Vogliamo fare nostra questa raccomandazione, estendendola con riferimento al fenomeno della Geopatial Revolution, di cui speriamo di avere dato cognizione in questo breve snapshot limitato alla Floricoltura e agli effetti positivi che la Geo-ICT può indurre su alcune problematiche di gestione e di mercato di tale settore.
Nell’articolo di agosto 2017 abbiamo sottolineato i punti di forza e le criticità del nostro Paese rilevate sulla base del Geospatial Readiness Index, indicatore che esprime la propensione e la capacità all’utilizzo delle tecnologie geospaziali di una nazione. L’Italia si posiziona nel gruppo degli Stati leader per quanto attiene la Readiness dell’industria geospaziale, ma manifesta carenze importanti rispetto alla capacità formativa in ambito geospaziale, in particolare in ragione di un’offerta insufficiente di percorsi formativi più prossimi alle esigenze delle imprese e dei settori applicativi. Tale criticità si riflette a livello di adozione della tecnologia geospaziale da parte degli utenti, che denota impieghi prevalenti in contesti del mapping “tradizionale”, ma non ancora diffusi in ambiti applicativi sostenuti dalla Rivoluzione Geospaziale, di cui abbiamo dato esempi in questo post.
Rispetto a tale quadro non incoraggiante, la recente Norma UNI che definisce i profili professionali relativi alle professionalità operanti nel settore dell’informazione geografica (Norma UNI 11621-5:2018, pubblicata lo scorso 26 aprile 2018) fornisce un nuovo strumento per superare questa defaillance, tenendo presente anche le qualità espresse dalla nostra industria geospaziale. Tali profili sono stati infatti individuati tenendo presenti le conoscenze, abilità e competenze richieste dalla continua trasformazione tecnologica, applicativa e organizzativa entro cui il professionista dell’informazione geografica si trova ad operare. Ma è altresì indispensabile che siano attivati percorsi formativi che preparino professionisti della geografia digitale, mettendoli in grado di interagire con le differenti competenze espresse dalla sue potenziali e ampie committenze, sapendo anticipare “i segnali dell’evoluzione in arrivo, per esserne parte attiva”.
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