Nel recruitment niente AI?

Non sarà mai un algoritmo a valutare l’idoneità di un candidato per un posto di lavoro.
Ne è convinta quasi una persona su due tra quelle interpellate al riguardo da Monster.it, la multinazionale del recruiting online.

In un sondaggio apparso sulla homepage, e rilanciato sul profilo Twitter del gigante che favorisce il contatto tra chi cerca e chi offre lavoro, alla domanda: «L’intelligenza artificiale finirà col sostituire l’elemento umano del processo di selezione?», il 45% dei partecipanti ha indicato la risposta più conservatrice, tra le quattro possibili: «Assolutamente no, un robot non potrà mai valutare una persona meglio di un essere umano».

La pensa però in maniera diversa il 26% degli aderenti alla survey. Ai quali, evidentemente, la prospettiva di un robot recruiter che si occuperà in futuro della loro selezione, e non un recruiter in carne e ossa, impensierisce appena. Per quasi un terzo dei coinvolti da Monster.it, infatti, ben venga l’innovazione tecnologica – in tutte le sue derivazioni – a favorire un primo contatto tra candidati e aziende, ma guai, per queste ultime, a rinunciare all’aspetto umano della faccenda. La seconda risposta per numero di preferenze è stata, infatti: «Sì, ma le aziende non dovranno rinunciare a un contatto umano diretto col candidato».

Ad essere invece dell’avviso che un algoritmo difficilmente potrà mai valutare l’idoneità di un candidato, pur attestandosi come alleato sempre più prezioso al servizio delle divisioni HR aziendali, è la quota di partecipanti, pari al 23%, che, tra le quattro alternative, ha indicato la risposta: «No, l’intelligenza artificiale potrà aiutare solo nella fase di valutazione dei curriculum». Il lavoro “sporco”, insomma.

Infine, certi del fatto che l’attendibilità (e, chissà, magari anche la sensibilità) dell’intelligenza artificiale sarà in futuro sempre maggiore, fino a spazzare via del tutto ogni traccia di umanità dal processo di selezione e ricerca lavoro, sono quei partecipanti alla survey (il 6% del totale) che hanno preferito la risposta: «Sì, gli algoritmi saranno talmente precisi e attendibili da poter sostituire gli umani».

«La maggioranza di chi cerca lavoro dimostra insomma di pensarla come la maggioranza di chi il lavoro lo offre – ha commentato Nicola Rossi, Country Manager di Monster ItaliaL’idea che l’intelligenza artificiale sia in futuro di sempre maggiore aiuto alle divisioni HR, senza per questo sostituirsi all’uomo nei processi che implichino sensibilità squisitamente umane, come la selezione e il recruiting, domina il pensiero comune nel mondo del lavoro e costituisce tra l’altro anche la conclusione di quasi ogni dibattito sul tema “Intelligenza artificiale VS intelligenza vera e propria”. L’errore, a mio avviso, sarebbe quello di considerare l’intelligenza artificiale come un sostituto dell’uomo per l’intera gamma delle sue attività – ha concluso Rossi – quando, invece, scopo degli algoritmi dovrebbe essere quello di ogni altro tipo di innovazione: semplificare. Che in questo caso vuol dire snellire, velocizzare e liberare i responsabili delle risorse umane di quei compiti routinari che incidono sulla qualità del loro lavoro e dell’intera divisione».

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