Tecnologia cloud applicata alla sostenibilità ambientale il tema di
Hack the Cloud, che si terrà a Milano, presso l’Università di Milano-Bicocca, dal 5 al 7 novembre, e sul quale gli studenti saranno chiamati a trovare soluzioni innovative sfruttando la
Container Platform GARR.
Nato dalla collaborazione tra Rete GARR e Università di Milano-Bicocca, l’hackathon rappresenta una occasione di formazione per gli studenti, per i quali è previsto il riconoscimento delle competenze acquisite attraverso un Open Badge. Uno degli ideatori dell’evento,
Leonardo Mariani, professore ordinario dell’Università di Milano-Bicocca, la definisce una occasione di formazione oltre a un modo per avvicinarsi alla tecnologia in modo ludico.
Oggi spesso si fa ricorso all’hackathon come strumento di supporto alla co-progettazione. Quali sono i motivi per i quali organizzare una “maratona di programmazione” ha ancora senso e non è solo cavalcare una moda?
Credo che in questo caso l’hackathon sia uno strumento efficace per avvicinare in maniera proficua gli studenti alle nuove tecnologie in un contesto ludico. Non a caso il nostro evento inizia con una giornata di formazione con sessioni hands-on dedicata alle tecnologie cloud a cui segue la competizione dove gli studenti potranno sfruttare le conoscenze acquisite il giorno precedente. Inoltre, la formula scelta prevede di cambiare tema ogni anno. Questo permette di selezionare sempre una tematica calda ed ottenere quindi dai partecipanti idee originali per problemi attuali che possono essere ulteriormente sviluppate a conclusione dell’evento.
Quando si parla di cloud si parla anche di lock in. In che rapporto sono le due cose? Quanto scegliere oggi un servizio in cloud lega ad una specifica piattaforma? Quale l’antidoto (se c’è)?
Quando si lavora con servizi e piattaforme cloud il rischio di lock in è evidente, seppure questo vari in base a come il cloud viene utilizzato. Ad esempio lavorare allo strato IaaS genera tipicamente minori rischi di lock-in rispetto agli strati PaaS e SaaS. Trovare degli antidoti è complicato perché oltre alle soluzioni tecniche, probabilmente già disponibili, è necessario definire regole chiare che mitighino e contrastino questi rischi. Non si tratta però solo di mantenere il controllo sui propri dati, ma anche, e soprattutto, sulle competenze che servono per gestirli e analizzarli. Non è un caso che quando abbiamo ideato Hack The Cloud abbiamo scelto di utilizzare la piattaforma cloud federata GARR, il cui obiettivo è proprio far sì che la comunità della ricerca continui a giocare un ruolo attivo in questo settore. Anche questo hackathon contribuisce a diffondere queste competenze, sebbene l’obiettivo del contest è prima di tutto quello di avvicinare gli studenti al mondo e alle tecnologie cloud.
Nella vostra iniziativa alla parola cloud si associa “Hack”. Cosa insegna l’hacking ai ragazzi?
Hack per noi vuol dire saper utilizzare creatività e fantasia, senza perdere di efficacia, nell’approcciare lo sviluppo di servizi cloud. Inoltre hack richiama ovviamente anche la parola hackathon, cioè la competizione.
Cosa serve a suo avviso per una innovazione sostenibile? La tecnologia cloud può contribuire alla sostenibilità economica, sociale e culturale?
Innovare in modo sostenibile vuol dire non dimenticarsi del rispetto per le persone e per l’ambiente quando si sviluppano tecnologie innovative. La tecnologia cloud può sicuramente aiutare a ottimizzare l’utilizzo delle risorse computazionali, queste infatti possono essere più facilmente condivise e utilizzate rispetto alle reali necessità dei servizi in esecuzione. Ottimizzare la modalità di utilizzo delle risorse computazionali ha un significativo impatto sia economico sia ambientale. Inoltre, il cloud semplifica drasticamente la capacità di produrre e mettere a disposizione della società nuovi servizi, producendo effetti positivi anche dal punto di vista della sostenibilità e dell’innovazione sociale e culturale.
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