ICT e carbon footprint, una relazione complicata

4 g di CO2e prodotta per ogni email scritta, che diventano 50 g nel caso in cui sia presente un allegato. Nel 2040, secondo i dati del “Assessing ICT global emissions footprint: Trends to 2040 & recommendations”, l’impatto dell’industria ICT sulle emissioni globali di gas serra sarà del 14%, ma già oggi le TIC rappresentano l’8-10% del consumo di elettricità in Europa e sembra siano responsabili di emissioni di anidride carbonica pari a circa un 4% circa.

Come si misura l’impatto delle tecnologie digitali sull’ambiente?

Uno dei modi per rilevare quanto le tecnologie contribuiscano alle emissioni nocive per l’ambiente è la cosiddetta “carbon footprint”, ovvero la quantità totale di emissioni di gas serra che si diffonde nell’atmosfera, causata da un’azione specifica compiuta da un individuo, un evento, un’organizzazione o un prodotto, indicata con CO2e. Misurare “l’impronta” che lasciamo ogni volta che facciamo qualcosa è un primo passo non solo verso la consapevolezza, ma anche e soprattutto verso correttivi che possano ridurre l’impatto negativo sull’ambiente.

Qual è l’impronta che lascia il digitale?

Secondo Assessing ICT global emissions footprint, se le infrastrutture digitali fossero uno Stato, sarebbero uno fra i più grandi consumatori di energia al mondo. A preoccupare, in particolare, la velocità con la quale la footprint delle TIC è aumentata nel corso degli ultimi dieci anni: se nel 2007 si rilevava un “peso” sulle emissioni di gas serra intorno all’1%, oggi la quota si è triplicata e le previsioni dicono si potrà raggiungere un 14% nel 2040, a fronte di un 20% del settore trasporti. L’impronta dei soli smartphone, che presentano un ciclo di vita sempre più breve, entro il 2020, supererebbe da sola il contributo individuale di desktop, laptop e display.

A impattare negativamente sull’ambiente non sono soltanto gli smartphone. Se pensiamo alla produzione di criptomoneta per esempio, secondo il New York Times, che cita l’economista Alex de Vries e la società Morgan Stanley, l’energia consumata per ottenere un solo bitcoin è pari a quella usata in due anni da una famiglia americana media. Ovvero una singola transazione potrebbe alimentare una casa per un mese intero.

Andando a guardare ai diversi servizi on line disponibili che vanno dalla ricerca di qualcosa alla quale siamo interessati su Google, alla condivisione di un post su Facebook, a una chat con gli amici su Whatsapp, al godersi una serie TV, ci si rende conto di come tutti questi utilizzino grandi data center che, secondo lo studio citato, si stima saranno la causa del 45% delle emissioni dell’intero settore ICT.

Qual è il rapporto tra AI e carbon footprint?

Se è vero che algoritmi di Intelligenza Artificiale possono contribuire positivamente in diversi modi al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità definiti da Agenda 2030, è anche vero che i ricercatori dell’Università del Massachusetts, Amherst, eseguendo una valutazione sull’energia necessaria ad “addestrare” AI, ovvero far funzionare modelli evoluti di intelligenza artificiale utili alla comprensione ed elaborazione del linguaggio naturale, hanno rilevato che si può arrivare ad emettere 284 tonnellate di anidride carbonica equivalente. Emissioni pari a quasi cinque volte quelle della vita media di un auto americana, produzione inclusa. Addestrare una rete neurale, insomma, richiede già oggi quantità di energia considerevoli, sicuramente da monitorare e provare a contenere.

Quali i correttivi da mettere in campo?

Sempre più spesso si sente parlare di “green data center”, ovvero data center progettati per impattare il meno possibile sull’ambiente. L’abbassamento dei costi delle energie rinnovabili e una crescente attenzione alla sostenibilità ambientale, sta portando diverse azienda a investire per diminuire l’inquinamento e utilizzare fonti pulite. Secondo Greenpeace, nel settore IT, quasi il 20% delle aziende si è impegnato a investire in energie rinnovabili, nonostante sia particolarmente preoccupante l’assenza di politiche green in alcuni Paesi del mondo quali Cina, Taiwan e Corea del Sud.

Le raccomandazioni finalizzate a migliorare la sostenibilità ambientale del settore ICT arrivano da più parti e sono riferibili all’utilizzo di materiali eco-friendly, a una maggiore attenzione rispetto alla scelta e all’approvvigionamento di materie prime utili a costruire hardware, alla scelta di riuso e riciclo, al ricorso a energie rinnovabili oltre alla necessità di ridurre al minimo rifiuti inquinanti.

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