Il futuro dell’Europa (e dell’Italia) passa per “Next Generation EU”

Facciamo chiarezza sul "Next Generation EU", il piano strategico e di investimento volto al rilancio delle economie degli stati nazionali, e su come l'Italia andrà ad investire i fondi europei

Da molte settimane, l’attenzione degli attori e dei commentatori politici italiani ed europei è tutta concentrata sulla attuazione del fondo destinato alla ripresa ed al rilancio dell’economia europea: denominato, appunto, “Next Generation Eu”.

Occorre evidenziare che, l’enorme mole di risorse economiche che l’UE sta mettendo a disposizione di tutti gli Stati membri, rappresenta un cambio di passo storico nell’intera architettura politica dell’Unione; e ciò sta portando con sé una sovrapposizione di tematiche politiche ed economiche che rischiano di confondere i singoli piani di intervento. Per questo motivo, con questo articolo si cercherà di mettere ordine tra le questioni politiche ed economiche che saranno messe in atto nei prossimi anni per comprenderne gli effetti sullo sviluppo digitale, la sostenibilità ed il rilancio strutturale italiano.

Recovery Fund, Recovery Plan, Next Generation Eu: facciamo chiarezza

I media, in questi mesi di dibattito attorno al varo delle nuove politiche economiche europee post-pandemia, hanno talvolta generato confusione nominale tra i differenti interventi: quali sono i veri interventi economici sui quali sta lavorando l’Unione Europea? Innanzitutto, va detto che il termine “Recovery Fund” è una costruzione giornalistica, che nella pratica fa riferimento genericamente agli interventi che la Commissione Europea intende portare avanti per il risanamento economico degli Stati colpiti dalla pandemia; si tratta però non di un fondo realmente esistente bensì di un insieme di interventi distribuiti tra il “Next Generation EU” ed il bilancio pluriennale europeo. Stesso fraintendimento vale per il “Recovery Plan”, inteso intuitivamente come il piano di attuazione per il Recovery Fund. In realtà, il cosiddetto Recovery Fund corrisponde al piano nazionale denominato “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” (PNRR), le cui disposizioni invece comprendono la pianificazione di tutti gli interventi che nel suo complesso l’Italia intende mettere in atto attingendo dalle differenti linee di finanziamento.

Facciamo quindi ordine rispetto a ciò che realmente la Commissione Europea, in qualità di organo di governo dell’Unione, sta predisponendo per il prossimo settennato dell’Unione e per i singoli Stati membri. In sintesi la Commissione ha varato tre interventi principali: il Bilancio dell’Unione Europea 2021-2027, che varrà complessivamente circa 1074miliardi di euro; il “Next Generation Eu” che è il principale (e primo nella storia dell’UE) piano strategico e di investimento rivolto agli Stati nazionali per il rilancio delle loro economie, per un valore complessivo di altri 750miliardi di euro distribuiti tra differenti “sottogruppi” di fondi e linee di finanziamento; e per ultimo il “REACT-EU”, che contiene il vero pacchetto di aiuti per le economie europee nel 2021 ma che attinge comunque le proprie risorse all’interno del “Next Generation Eu”, per un valore complessivo di 47,5 miliardi di euro. Tutto riportato in dettaglio dagli organi ufficiali europei a seguito dell’ultimo passaggio formale di approvazione del 10 Novembre scorso da parte della Commissione Europea.

Next Generation Eu: un progetto per il futuro dell’Europa

Come ha giustamente evidenziato Enrico Giovannini in un suo intervento sull’Espresso, il piano che l’Italia dovrà mettere in atto, come tutti i Paesi europei, deve guardare al futuro e non semplicemente al risanamento dell’esistente. Infatti, nell’intento della Commissione Europea il piano Next Generation EU rappresenta un traguardo ed allo stesso tempo un punto di partenza sotto molti aspetti per l’Unione Europea del futuro. Innanzitutto, il piano individua alcune linee di intervento ben precise che mirano a segnare l’indirizzo futuro di sviluppo di tutto il continente, ed in particolare riguardano la digitalizzazione e la sostenibilità ambientale. In secondo luogo, l’adozione di un simile piano rappresenta un cambiamento dell’indirizzo politico, a livello europeo, diametralmente opposto rispetto a quello seguito fino a pochi mesi prima della pandemia. Infatti, l’Unione Europea aveva fino a gennaio 2020 guardato solo ad una logica di stabilità dei bilanci europei dei singoli Stati ed alla stabilità monetaria dell’area euro; il Next Generation EU invece, è il primo e più grande piano di investimento che l’Europa abbia mai varato passando in pochi mesi dai vincoli di spesa per ogni singolo Stato al fornire risorse comuni ed ingenti per lo sviluppo di ogni singolo Paese.

Ultimo ma assai importante aspetto riguarda il finanziamento del progetto “Next Generation EU” e del bilancio europeo, in quanto le autorità politiche europee nel loro complesso hanno stabilito che i fondi arriveranno solo in minima parte dagli Stati membri, e saranno invece finanziati attraverso due strade: l’emissione di un titolo sui mercati finanziari che sarà garantito da tutta l’Unione Europea nel suo complesso, e dall’introduzione di una imposta diretta dell’Unione Europea (sulla plastica e forse su alcuni servizi digitali). Ciò pone le basi per un meccanismo federativo forte dell’Unione Europea e per la possibile stabilizzazione in futuro di risorse disponibili per nuovi piani di investimento europei.

Next Generation Eu: il funzionamento e gli obiettivi

Stando a quanto stabilito dalla Commissione Europea, il Next Generation EU avrà una dotazione complessiva di 750miliardi di euro, distribuiti agli Stati in parte sotto forma di Grant (come una sorta di finanziamento a fondo perduto) di complessivi 312 miliardi circa; ed una parte distribuita sotto forma di prestiti, a condizioni estremamente agevolate, pari a circa 360 miliardi totali.

La governance del fondo sarà affidata alla Commissione Europea, in quanto organo di governo dell’Unione, ma anche organo collegiale, che garantisce così maggior imparzialità rispetto alla valutazione dei progetti e della loro attuazione. Resta però il cosiddetto “freno a mano”, ovvero, nessuno stato membro potrà porre il veto sull’assegnazione dei fondi e la loro gestione; ma sarà possibile, per ciascun Paese, chiedere sostanzialmente un periodo di stop nell’erogazione per sottoporre perplessità rispetto ai progetti ed all’impiego di fondi chiedendo chiarimenti dettagliati nel merito delle singole aree di intervento.

A questo ultimo aspetto di “freno” va ad aggiungersi la richiesta di una governance nazionale, che mantenga costantemente relazioni sia politiche che tecniche con la Commissione Europea, e che svolgerà appunto un ruolo di verifica e supervisione sull’andamento dei progetti finanziati attraverso il “Next Generation EU”. Un aspetto non secondario se si tiene conto del fatto che, il piano di erogazione dei fondi prevede una serie di scadenze ben precise: entro fine 2020 ogni Paese sottoporrà un primo PNRR, al quale seguirà un piano dettagliato entro Aprile 2021 che sarà discusso in seno all’Unione con la Commissione poi trasmesso al Parlamento Europeo ed al Consiglio Europeo, ci sarà di volta in volta un pre-finanziamento annuale del 20% (tra prestiti e grant 10+10%), ci saranno delle valutazioni annuali fino al 2023 ed entro la fine dello stesso anno dovranno essere messi in campo tutti gli interventi previsti. Inoltre, tutti i progetti dovranno essere portati a compimento entro la fine del 2026 e poi rivalutati ex-post nel 2029.

D’altro canto, in particolare per l’Italia che beneficerà della somma più elevata tra i Paesi finanziati, si tratta di una vera azione di controllo per garantire la coerenza e l’efficacia dei progetti messi in campo. Soprattutto che rispecchino nel dettaglio le linee di indirizzo previste dalla Commissione Europea che comprendono: il rispetto delle linee di indirizzo di ciascun semestre di presidenza europeo, la creazione di occupazione e nuovi posti di lavoro, una maggiore resilienza sul fronte delle condizioni sociali, almeno un 20% delle risorse complessive da destinarsi alla transizione digitale, ed un 37% dei contributi da destinarsi alla lotta al cambiamento climatico ed alla sostenibilità ambientale mediante la transizione energetica.

Il piano dell’Italia per investire i fondi europei, tra cifre e vincoli di spesa

L’Italia è sotto particolare attenzione da parte dell’Unione Europea, dato che sarà il principale beneficiario del fondo. Pare infatti che, complessivamente l’Italia riceverà 209 miliardi circa sui 750 complessivi. Di questi fondi, circa 127miliardi saranno prestiti a condizioni agevolate, mentre circa 83miliardi saranno veri e propri sussidi a fondo perduto, oltre ai soldi provenienti dallo stanziamento del bilancio dell’Unione Europea.

Il piano dell’Italia, sul quale gli analisti economici de la voce.info hanno ampliamente posto la loro attenzione, non è stato ancora apertamente discusso a partire da un documento definitivo; tuttavia è già reperibile online una bozza della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 6 Dicembre che rappresenta pressoché la versione definitiva destinata al Parlamento ed alla Commissione Europea. Il “#Next Generation Italia” (così è stato denominato il piano) è articolato in quattro linee di indirizzo strategiche e sei missioni, a loro volta suddivise in varie sottocategorie.

In linea con le indicazioni europee, 49 miliardi saranno impiegati per la “digitalizzazione” (di cui 10 per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e 35 per sostenere l’innovazione digitale delle imprese e l’internazionalizzazione), 74 miliardi andranno alla “transizione ecologica” (di cui 40 per la riqualificazione degli edifici e 9 per le risorse idriche), 28 miliardi sono previsti per la “mobilità sostenibile” (di cui 24 per l’alta velocità ed un piano straordinario di manutenzione stradale), 19 miliardi andranno spesi per “istruzione e ricerca”, 17 per “parità di genere e coesione sociale e territoriale” e 9 miliardi per la sanità. Quest’ultima voce di spesa, in particolare, ha fatto scalpore poiché apparsa modesta a seguito della crisi dovuta al coronavirus, tuttavia va specificato che essa è destinata soprattutto per l’implementazione dei servizi di assistenza di prossimità e per la telemedicina. In particolare quest’ultima rappresenta un insieme di servizi che, se ben integrati con le voci di spesa per la digitalizzazione, possono avere un grande impatto per il miglioramento del sistema sanitario.

Ciò che preoccupa, invece, è che una parte rilevante delle risorse (il 70% delle sovvenzioni) devono essere spese entro il 2023, previa approvazione di tutti i progetti entro lo stesso anno, ed ultimati tutti i progetti entro il 2026. Purtroppo, come riportato da esperti economisti, l’Italia negli ultimi sette anni è riuscita ad impegnare solo il 40% dei 40 miliardi previsti nell’ultima programmazione dei fondi strutturali europei; che se comparati ai 209 miliardi in arrivo nei prossimi anni, sono ben poca cosa, eppure non siamo stati in grado di trarne pienamente vantaggio. A ciò si aggiunga che, a fronte di tali aiuti, molti altri piani di finanziamento europei oggi attivi, verranno progressivamente ridotti nel budget o addirittura non rifinanziati nei prossimi anni, in quanto considerati integrati negli altri piani economici messi in campo.

Come ha giustamente evidenziato l’economista Massimo Bordignon: “Con ogni probabilità sarà l’Italia il maggior beneficiario del piano messo a punto dalla Commissione europea. […] l’agenda digitale, l’istruzione, la sanità e la conversione dell’economia verso la sostenibilità ambientale (carbon free) […] la Commissione sorveglierà sulla destinazione dei contributi erogati, com’è naturale che sia. Questo spiacerà ai sovranisti nostrani, ma sarebbe difficile sostenere che quelli indicati dalla Commissione non siano i settori fondamentali su cui investire per riprendere un processo di sviluppo del paese”.

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