Gli scarti dei frantoi oleari sono rifiuti che racchiudono un tesoretto. Trattando le acque di risulta delle lavorazioni olearie si possono ottenere sia compost, da usare per le coltivazioni, sia preziose molecole antiossidanti, sempre più ricercate a fini cosmetici e terapeutici. Alla base c’è la logica del recupero e del riciclo che caratterizza l’economia circolare, dove gli scarti non vengono eliminati, ma recuperati per essere nuovamente utilizzati.
Dal processo di estrazione dell’olio di oliva in frantoio derivano due tipologie di scarti: la sansa e l’acqua di vegetazione. La prima è usata per ricavare olio di sansa e combustibile, la seconda deve essere smaltita nel rispetto delle normative vigenti perché inquinante. Ciò ha un costo a carico dei frantoi, che si aggira sui 30 euro a tonnellata per lo smaltimento dei reflui e non è poco.
La problematica ambientale delle acque di vegetazione
Le acque di risulta delle lavorazioni olearie, le cosiddette acque di vegetazione, che derivano dalla produzione dell’olio extra vergine di oliva sono un problema ambientale per i Paesi a vocazione olivicola. Contengono un forte carico inquinante e sono prodotte in grandi volumi, basti pensare che solo in Italia si stimano circa 4 milioni di tonnellate all’anno.
Quando vengono sparse sul terreno creano l’infertilità del suolo per via delle molecole di polifenoli di cui sono ricche. Queste acque di vegetazione sono reflui con pH leggermente acido, alta conducibilità elettrica, facilmente fermentabili per la presenza di zuccheri e proteine. Il loro carico inquinante è legato all’elevato contenuto naturale di zuccheri, pectine, grassi, sostanze azotate, polialcoli, poliacidi, fosforo, potassio, magnesio. Molecole dalle spiccate proprietà antimicrobiche e fitotossiche, resistenti anche alla degradazione biologica.
Paradossalmente, i polifenoli contenuti nelle acque di risulta delle lavorazioni olearie hanno molte proprietà biomediche, che è illogico sprecare.
La soluzione brevettata dall’Enea
L’Enea, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, ha brevettato un processo capace di trattare le acque di vegetazione e ricavare dei prodotti di interesse commerciale e assenza di carico inquinante. L’innovazione si basa sul ricorso a tecnologie separative tramite membrana, che “sezionano” queste acque attraverso la filtrazione tangenziale e recuperano 5 frazioni liquide con diversa composizione chimica e diverso interesse applicativo.
Qualche esempio sulla destinazione d’uso delle frazioni liquide ottenute?
Le prime due frazioni, cioè il concentrato di microfiltrazione e di ultrafiltrazione, hanno basso contenuto di polifenoli e sono utili nella produzione di energia tramite processo anaerobico. Da un metro cubo di queste frazioni si generano circa 99 kWh di energia elettrica attraverso un processo di cogenerazione del biogas prodotto.
Le frazioni 3 e 4, ovvero i concentrati di nano filtrazione e di osmosi inversa, contengono le molecole bioattive antiossidanti (la frazione 3 è ricca in verbasco side, la frazione 4 è ricca in idrossitirosolo). Entrambe possono essere trasformate in polvere per ottenere pastiglie per applicazioni fitoterapiche o integratori alimentari.
La frazione 5, il permeato di osmosi inversa, rappresenta il 70% circa in volume delle acque di vegetazione grezze di partenza. Questa frazione è costituita da acqua ultrapura sterile, povera di sali minerali, ma ricca di potassio di cloruro, quindi può avere vasto impiego nell’industria delle bevande.
La soluzione Sansoil
Un’altra via per non smaltire come rifiuti le acque di vegetazione dei frantoi è stata individuata dal progetto SANSOIL, supportato da alcune aziende del territorio toscano, dall’ISAFOM-CNR (coordinatore scientifico) e dalle Università degli Studi di Perugia e della Tuscia-Viterbo.
Alla base c’è un processo innovativo di compostaggio statico semplificato che permette di ottenere un ottimo ammendante/concime organico dal recupero degli scarti dei frantoi oleari, ideale per sostituire la torba usata nei terricci in vivaio per le coltivazioni in vaso.
Si tratta di una soluzione a basso costo, che da un lato riduce l’impatto ambientale dell’attività olearia e dall’altro contribuisce a un vivaismo più sostenibile.
Quest’ultimo comparto ha necessità di trovare un’alternativa all’utilizzo della torba, prodotto ad alto impatto ambientale per l’emissione di anidride carbonica legata alla sua inevitabile mineralizzazione. Soltanto per la zona vivaistica di Pistoia, la più grande in Europa con i suoi oltre 5mila ettari di vivai, c’è un fabbisogno annuo di torba pari a 175-200mila metri cubi. Il trasporto, inoltre, incide per circa il 70% sul costo totale del prodotto perché i siti di estrazione sono lontani, concentrati in Nord-Europa e Canada.
La soluzione SANSOIL conta sull’impiego di acque di vegetazione (40%), sanse (35%), foglie e rametti (5%), per ottenere una miscela con il giusto quantitativo di additivi igroscopici (paglie, 10%, cascame di lana, 10%) da realizzare direttamente presso il frantoio. La miscela “fresca” subisce un processo di compostaggio statico ad areazione naturale che “matura” in circa 3 mesi, diventando un ottimo compost biologicamente stabile e ricco di nutrienti ed humus che, stando alle stime, consentirebbe al vivaista un risparmio della spesa per l’acquisto dell’ammendante pari a circa il 15-20% all’anno.
Le soluzioni per un ciclo virtuoso delle acque di risulta delle lavorazioni olearie ci sono e gli esempi citati lo dimostrano. Non ha senso mandare a smaltimento queste acque ricche di sostanze benefiche una volta trasformate, e grazie all’innovazione in ambito agro-alimentare, ora le si possono valorizzare.
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