Nuove regole europee per il digitale: quale ruolo per la sostenibilità digitale?

Un'unica area europea con normative condivise al centro del Digital Service Act e del Digital Market Act, proposte UE per ripensare le regole del gioco dell’economia digitale. Quali le questioni in discussione, e come impattano sui modelli di sviluppo sostenibile? Diritti individuali, ruolo delle piattaforme e privacy al centro del modello di sostenibilità sociale che queste proposte contribuiranno a definire

L’Unione Europea sta portando avanti un ambizioso progetto legislativo e normativo relativo all’ecosistema digitale, al fine di tutelare il continente europeo rispetto ad altri “scenari” più definiti ed avanzati in campo digitale, in particolare quelli delle economie statunitense e cinese. A disegnare il perimetro legislativo europeo in campo digitale sono chiamati, innanzitutto, la Vicepresidente esecutiva della Commissione Europea Margrethe Vestager, alla quale Ursula von der Leyen ha affidato il compito di “creare un’economia europea adatta all’era digitale”; ed assieme a lei, anche il Commissario per il Mercato interno Thierry Breton.

Ad oggi, la nuova architettura europea dovrebbe emergere dal combinarsi di tre iniziative legislative presentate il 15 Dicembre scorso: nello specifico si tratta di due proposte per la regolamentazione dei servizi digitali (“Digital Services Act”, DSA) e del mercato digitale (“Digital Market Act”, DMA) ai quali si aggiunge la gestione dei dati (“Data Governance Act”, DGA).

Le tre proposte sono ancora nel pieno del loro iter legislativo, tuttavia, danno una chiara indicazione della direzione verso la quale intende muoversi l’Unione Europea. In questo scenario è quindi opportuno chiedersi se la nuova normativa europea sia in linea anche con gli obiettivi di sviluppo sostenibile: in particolare, se le proposte normative siano particolarmente in linea con quegli obiettivi che riguardano la qualità e le garanzie istituzionali, ed i diritti individuali dei cittadini.

Prospettive e contenuti delle nuove norme europee

Le istituzioni europee, con una comunicazione rilasciata all’inizio del 2020, hanno già tracciato una prima direzione verso la quale la normativa comunitaria tenderà a muoversi, e l’aspetto di tutela dei diritti dei cittadini è tutt’altro che secondario. In linea generale, infatti, l’armonizzazione delle politiche sul digitale a livello europeo o dei singoli Stati membri dovrà tutelare i cittadini dalle “discriminazioni”, ridurre le asimmetrie informative e favorire la diffusione degli Open Data. Ad esempio, sviluppando un rigido quadro normativo per quanto concerne la creazione degli algoritmi di intelligenza artificiale, che impedisca l’adozione di strumenti digitali che tendano a discriminare i singoli individui sulla base delle proprie caratteristiche o preferenze (età, razza, orientamento sessuale, scelte politiche, condizioni socio-economiche, ecc.).

Per la Commissione Europea, il digitale è al tempo stesso sia uno strumento per favorire la sostenibilità sociale ed ambientale, sia motivo di attenzione per il suo impatto sul consumo di energia. Come si legge, infatti, nei documenti della Commissione “La società dovrebbe beneficiare della sostenibilità sociale e ambientale, e di un ambiente digitale sicuro che rispetti la privacy, la dignità, l’integrità ed altri diritti in totale trasparenza – e più avanti nel testo – Le tecnologie digitali sono un fattore critico per il Green Deal, la nuova strategia di crescita dell’UE per diventare il primo continente climaticamente neutrale del mondo entro il 2050. Per esempio, possono aumentare l’efficienza energetica tracciando quando e dove l’elettricità è più necessaria. Il riscaldamento intelligente potrebbe aiutarci a risparmiare l’equivalente di 6 milioni di tonnellate di petrolio, e gli agricoltori saranno in grado di usare meno pesticidi e fertilizzanti grazie a dati e AI. Tuttavia, affinché la digitalizzazione offra i suoi benefici, il settore dell’ICT deve subire la propria trasformazione verde. I data center e le telecomunicazioni devono diventare più efficienti dal punto di vista energetico, usare più fonti rinnovabili e dovrebbero diventare neutrali per il clima entro il 2030”.

Cosa è previsto all’interno dei singoli documenti legislativi

I due principali progetti normativi ai quali occorre fare riferimento, come si è detto, sono il Digital Market Act (DMA) ed il Digital Service Act (DSA), ed occorre capirne i contenuti specifici:

Digital Market Act (DMA): è un apparato legislativo incentrato prevalentemente sulla rivisitazione delle regole antitrust e sugli obblighi per i grandi operatori del digitale (i gatekeeper tecnologici). Questo perché secondo le Istituzioni UE il problema principale di internet oggi è la presenza di pochi operatori che controllano il mercato (gatekeeper) come Amazon, Apple o Google, tuttavia, le sanzioni benché elevate non ottengono risultati. Per questo la Commissaria Vestager con la propria proposta di legge ha deciso di intervenire sulla regolamentazione della concorrenza nel mercato digitale ex ante rompendo i grandi monopoli tecnologici; applicando inoltre un discrimine chiaro tra quegli operatori tecnologici e quelle piattaforme digitali che rientrano sotto l’egida del Digital Market Act, e quelle che operano ad un livello inferiore. Infatti, il DMA si applicherà secondo le intenzioni della Commissione Europea alle imprese del digitale che rientrano in specifici parametri:

  • Il fatturato annuo nello Spazio economico europeo (SEE) pari o superiore a 6,5 miliardi di euro negli ultimi 3 esercizi finanziari, oppure una capitalizzazione di mercato di almeno 65 miliardi di euro nell’ultimo esercizio finanziario.
  • Un servizio di piattaforma che nell’Unione Europea conta oltre 45 milioni di utenti finali attivi mensilmente e/o più di 10mila utenti aziendali attivi in un anno.

L’obiettivo della norma è quello di vincolare i maggiori operatori a regole stringenti e limitarne la capacità di saturare il mercato. Ciò limiterebbe l’emergere di concorrenti e di altri fornitori di servizi digitali europei, limitando la concorrenza e le opportunità di sviluppo europee. Inoltre, accanto alla volontà di favorire la crescita occupazionale e produttiva delle imprese digitali europee, vi è l’interesse ad evitare che la convergenza dei grandi operatori consenta loro di combinare i dati degli utenti tra i differenti servizi e di gestirli con in relazione con i propri clienti business.

Digital Service Act (DSA): rispetto al DMA, che disegna il perimetro del mercato digitale europeo ed identifica gli operatori da sottoporre a stringenti norme antitrust, il Digital Service Act è interamente incentrato sui diritti degli utenti e sulla regolamentazione delle piattaforme online; in particolare in merito alla gestione di dati, alla gestione e conservazione di informazioni e contenuti degli utenti ed alla fornitura di servizi. Il DSA riconosce il ruolo strategico e centrale delle piattaforme nell’informare i cittadini, nel contribuire alla formazione di un dibattito e di un consenso; allo stesso tempo però ne riconosce i rischi in merito all’hate speech, alla diffusione di contenuti in violazione del diritto d’autore, oltre che i rischi connessi a pratiche di disinformazione mediante le cosiddette “fake news”.

Per tutelare i cittadini, quindi, il DSA punta ad introdurre norme che integrino sistemi di intelligenza artificiale e controllo umano per la moderazione e la rimozione dei contenuti. Ma introduce anche forme di controllo sulla condivisione dei dati sensibili degli utenti tra i differenti operatori online, così come vuole introdurre limiti al micro-targeting (sia per le news che per l’advertising). Ma il progetto legislativo del Digital Service Act va ben oltre, arrivando anche a proporre garanzie sulle condizioni di lavoro degli operatori delle piattaforme stesse (si pensi a tutti coloro che lavorano offrendo servizi mediati dalle piattaforme online).

Accanto a ciò, risulta altrettanto importante, dal punto di vista “strutturale”, la proposta di istituire una Agenzia europea per la gestione dei contenuti e degli algoritmi di moderazione impiegati dalle piattaforme; così come lo sviluppo di un meccanismo di risoluzione delle controversie indipendente, per la tutela dei cittadini rispetto agli operatori, e l’obbligo di trasparenza da parte di questi ultimi attraverso la pubblicazione di report accessibili sulle rimozioni di contenuti e sulle limitazioni agli utenti.

Quale scenario emerge dai nuovi progetti normativi della Commissione Europea?

Le proposte della Commissione europea, alle quali nei prossimi anni si affiancheranno analoghe proposte del Parlamento e del Consiglio dell’Unione europea, giungeranno ad una definitiva redazione legislativa ed approvazione entro un biennio. C’è quindi spazio per migliorare le proposte oggi messe in campo dalla Commissione, soprattutto, per migliorare quelle parti della normativa che dovrebbero essere maggiormente inclini ai temi dello sviluppo sostenibile.

Se è vero, infatti, che l’armonizzazione delle norme in materia di mercato unico digitale favorirà indirettamente anche l’adozione di soluzioni comuni da parte degli operatori per tutelare maggiormente i diritti degli utenti così come dei propri operatori, d’altra parte ancora non è chiaro come verranno a svilupparsi le istituzioni deputate a vigilare su tali garanzie (si pensi alla suddetta Agenzia per la gestione dei contenuti e della vigilanza sugli algoritmi delle piattaforme). Inoltre, allo stato attuale, la normativa lascia ancora molto spazio alle piattaforme in materia di autogestione rispetto alla contraffazione dei prodotti, all’hate speech, ed al contrasto alle fake news; tutti aspetti che incidono non poco sui diritti e le tutele dei cittadini.

In ogni caso, va detto che la normativa europea è fortemente contrastata dagli USA, proprio perché vista come una limitazione alle sue imprese del digitale che oggi sono predominanti nel mercato europeo. Stesso empasse si registra sul fronte diplomatico con la Cina, che oggi è leader nei sistemi di riconoscimento facciale e nello sviluppo di sistemi AI per le imprese, ed è dunque preoccupata dei limiti di accesso al mercato unico digitale dell’UE. In sintesi, quindi, per quanto perfettibile, la scelta politica della Commissione Europea di tracciare dei propri “confini digitali” unici sotto il profilo normativo per tutto il continente europeo, rappresenta un primo passo per tutelare i diritti individuali e mantenere istituzioni indipendenti rispetto agli altri player mondiali.

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