Con coraggio e ingegno, la lotta al cambiamento climatico può diventare un volano di sviluppo

Il volume 'La decarbonizzazione felice', pubblicato dalle edizioni IlSole24Ore, anticipa scenari e prospettive che vanno dal cambiamento climatico alle energie rinnovabili e alla mobilità del futuro

Lo scenario di contrasto al cambiamento climatico deve spaziare dalla gestione del patrimonio forestale alla finanza verde, dall’agricoltura alle filiere industriali, dai nuovi materiali alle Smart city. Il modo, o il ‘mezzo’, per raggiungere il ‘fine’ – decarbonizzazione e Sostenibilità – è far diventare la politica ambientale un tutt’uno con quella industriale, sociale e culturale. Cambiamento climatico, energie rinnovabili e mobilità del futuro sono alcuni dei tanti temi trattati da ‘La decarbonizzazione felice’, il libro scritto da Enrico Mariutti e pubblicato dalle edizioni IlSole24Ore.

Siamo abituati a vedere la lotta al cambiamento climatico come una sfida epocale, che ci imporrà sacrifici e stravolgerà il nostro modo di vivere. Ma se invece provassimo a trasformare questa sfida in un’occasione? “Con la giusta dose di coraggio e ingegno la lotta al cambiamento climatico può diventare un volano di sviluppo per i territori, un moltiplicatore di opportunità per il tessuto imprenditoriale, uno strumento per mitigare le disuguaglianze economiche e per smorzare il conflitto sociale. Quello che serve non è una ricetta miracolosa ma una visione complessiva: la strategia ambientale va calata nel contesto economico, sociale e politico del nostro Paese”, rileva e propone Mariutti.

Lavorare a decarbonizzazione e Sostenibilità come una comunità globale

In più, questa emergenza pandemica che il mondo si trova ad affrontare “ha dimostrato una volta di più che la crisi climatica va calata in una cornice di fragilità che va ben oltre la dimensione ambientale”, rimarca ‘La decarbonizzazione felice’: “se prima non lavoriamo come comunità globale su questo grosso problema, di sicuro non risolveremo nemmeno la nostra disastrosa situazione ambientale globale. Per essere politicamente e socialmente sostenibile, perciò, la nostra strategia ambientale non può prescindere da questo quadro d’insieme”.

Di conseguenza, va capovolto l’attuale e più frequente approccio al contrasto del cambiamento climatico, “trasformando la transizione verde in una soluzione integrata piuttosto che in un problema multiforme”.

Piccoli generatori (microeolici) tra le case per sviluppare le rinnovabili

Per quanto riguarda le energie rinnovabili, l’autore mette subito in evidenza alcune prospettive: “mentre i grandi impianti eolici o fotovoltaici Onshore comportano una lunga serie di problemi, anche di carattere ambientale e soprattutto in un Paese come l’Italia, l’impiego di generatori di piccole dimensioni in ambito urbano – in particolare generatori microeolici – è una soluzione win-win”.

Per almeno quattro motivi. Il primo: il prezzo di acquisto dell’elettricità al consumo è circa cinque volte superiore al prezzo che la rete paga ai produttori. Di conseguenza, per lo Stato è molto meno oneroso incentivare l’autoconsumo piuttosto che la produzione su scala industriale.

Secondo: le città “sono già aree altamente antropizzate, di conseguenza, l’installazione degli impianti non disturba alcun ciclo naturale”. Terzo motivo: gli impianti di piccole dimensioni, in particolare quelli eolici, sono un segmento di mercato in cui il tessuto produttivo italiano può ritagliarsi un ruolo da protagonista. E per ultimo, ma non ultimo: uno schema a generazione diffusa garantisce maggiori ricadute occupazionali dirette (produzione o assemblaggio degli impianti) e indirette (installazione e manutenzione).

In più, fa notare Mariutti, “uno schema di generazione diffusa avrebbe anche un impatto psicologico e culturale tutt’altro che trascurabile: trasformerebbe la transizione energetica da un’odiosa voce in più nella bolletta a un fenomeno tangibile e, soprattutto, Pop”.

Nel mondo delle auto elettriche avanti piano, molto piano

‘La decarbonizzazione felice’ prova poi a immaginare anche scenari e prospettive della mobilità Low carbon, che vanno dalle auto ibride a quelle elettriche passando per i motori a idrogeno. Su questo tema, si sbilancia l’autore, “bisogna fare un discorso molto chiaro, che però può risultare politicamente scorretto, divisivo: l’Italia è un Paese che può spendere poco e che ha un gigantesco indotto legato al motore a combustione interna”.

Non solo: “scommettere sulla mobilità elettrica comporta colossali investimenti nell’adeguamento della rete, significa prepararsi a rinunciare a quasi 40 miliardi di euro l’anno di accise, e rischia di causare un deserto occupazionale in molti distretti produttivi, dato che ai pesantissimi contraccolpi per l’industria dell’Automotive si sommerebbero quelli per il commercio e la distribuzione dei combustibili”. Come dire, cambiare troppo e troppo in fretta in realtà non conviene.

Una transizione graduale che passa per i motori ibridi

Al contrario, puntare su una transizione graduale che passi per i motori ibridi prima di un’eventuale evoluzione strutturale del settore dei trasporti, che sia il motore elettrico o quello a idrogeno, richiederebbe uno sforzo finanziario contenuto e contribuirebbe al rilancio dell’economia nazionale.

“Con tutta probabilità”, prevede Mariutti, “le auto elettriche rimarranno una componente di minoranza del mercato automobilistico mondiale ancora per decenni, se non addirittura per tutto il secolo. In compenso, i crescenti costi sociali legati all’inquinamento spingeranno necessariamente molti Paesi a sostenere la mobilità Low carbon, aprendo nuove opportunità per i veicoli ibridi”.

Incentivare lo sviluppo della mobilità ibrida, perciò, può essere una strategia lungimirante per rafforzare le prospettive del settore italiano dell’Automotive e per preservare l’occupazione, oltre che una soluzione efficace per ridurre rapidamente le emissioni di anidride carbonica e di sostanze inquinanti legate al settore dei trasporti.

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