Le 11 cose da fare per sviluppare la mobilità elettrica in Italia

Dal rapporto di Motus-E intitolato ‘Le infrastrutture di ricarica pubbliche in Italia’ emerge la mappa della situazione per la mobilità elettrica. Con strutture in buona crescita, ma occorre accelerare per quanto riguarda autostrade e punti di ricarica ultraveloce

Immagine distribuita da Rawpixel con licenza CC0

La mobilità elettrica è una risorsa indispensabile per decarbonizzare i trasporti, e allo stesso tempo rappresenta una grande opportunità di sviluppo per il Paese. Ma per crescere ha bisogno di diverse cose, e una delle principali è lo sviluppo di una rete di ricarica pubblica efficiente e capillare.

Per realizzarla in modo efficace e veloce, sono necessari interventi di semplificazione burocratica, oltre che contributi pubblici per rendere il business della ricarica pubblica sostenibile nel breve termine.

Rispetto al 2020 i punti di ricarica in Italia sono aumentati del +35%, vale a dire +6.700 unità in un anno. A fine dicembre 2021 risultano installati 26mila punti di ricarica pubblici e 13mila infrastrutture (stazioni o colonnine) in 10.500 location accessibili al pubblico. Rispetto a diversi altri Paesi europei è una diffusione già piuttosto ampia, ma per quanto riguarda le infrastrutture di ricarica su rete autostradale l’Italia è fortemente in ritardo: si contano in media soltanto 1,2 punti di ricarica veloce o ultraveloce ogni 100 Km di rete autostradale.

Far crescere la rete di ricarica elettrica a uso pubblico

Per far crescere la rete di ricarica elettrica a uso pubblico “bisogna puntare a realizzare 11 punti e passi fondamentali”, rileva il rapporto ‘Le infrastrutture di ricarica pubbliche in Italia’, realizzato da Motus-E, la prima associazione italiana nata su impulso dei principali operatori industriali, del mondo accademico e dell’associazionismo ambientale, per favorire la transizione nel settore dei trasporti verso l’uso di mezzi sostenibili e la mobilità elettrica.

Ecco quali sono quindi gli 11 punti e passaggi essenziali che, secondo Motus-E, ci possono portare verso un nuovo paradigma di mobilità, con innanzitutto quella elettrica al centro.

Il primo punto da realizzare riguarda l’utilizzo di un approccio unificato tra i vari Comuni nella stesura dei propri regolamenti sulla mobilità. Secondo punto: inserire le infrastrutture di ricarica tra quelle che sono esentate dal Canone Patrimoniale Unico, per ridurre la pressione fiscale su un business che oggi è ancora non sostenibile e in fase emergente.

Dialogo e collaborazioni tra operatori del settore

Terzo: occorre un dialogo sempre più intenso e proficuo tra operatori del settore. “Come Motus-E nel 2021 abbiamo firmato un protocollo d’intesa con e-distribuzione e Utilitalia”, sottolineano i promotori dell’associazione, “un accordo per impegnare i gestori delle reti di distribuzione e gli operatori di mercato dell’e-mobility a collaborare verso un obiettivo condiviso: la progressiva diffusione della mobilità elettrica”.

Il quarto passo è la forte riduzione dei tempi di allaccio da parte dei distributori di energia. In particolare, “occorre che i distributori forniscano anche degli strumenti come piattaforme di condivisione di dati e informazioni, che permettano di identificare a monte le aree a maggiore potenziale attivo, e pianificare in modo efficiente le potenze da installare a seconda dello stato di carico dell’area geografica in esame”, indica il Report sulla mobilità elettrica.

Quinto passo da fare: la pianificazione, insieme ai distributori di energia, del posizionamento delle installazioni ultra-veloci (High power charger) sulla rete a media tensione, in maniera tale da individuare dei nodi interessanti dal punto di vista del traffico ma compatibili con le reti di distribuzione e la loro potenza disponibile.

Ridurre i costi fissi per le ricariche

Secondo gli osservatori di Motus-E, il sesto punto cardine è “la rimodulazione delle tariffe di ricarica e degli oneri di connessione, per ridurre i costi fissi, in particolare delle ricariche ad alta potenza, e favorire l’integrazione dei veicoli con la rete elettrica”.

Settimo punto importante è poi la pubblicazione dei bandi per la realizzazione delle infrastrutture di ricarica previste dal PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. A seguire, il punto otto è “la creazione di una cabina di regia che agisca a livello nazionale per uniformare quanto si fa, a differenti velocità, a livello regionale e locale”, spiegano gli specialisti di Motus-E.

Il passaggio numero nove di questa Road-map della mobilità elettrica è quello di accentrare la responsabilità dei finanziamenti e del monitoraggio delle installazioni di infrastrutture pubbliche. Il punto dieci è la creazione della Piattaforma Unica Nazionale (PUN), con la mappatura di tutte le colonnine pubbliche. Infine, ma non ultimo: l’applicazione del divieto di sosta per i veicoli non in ricarica negli spazi riservati alla ricarica, visto il fenomeno in crescita del parcheggio abusivo in questi spazi.

Diverse potenze di ricarica tra città e autostrade

Questi sono 11 passi molto rilevanti da compiere, e la rete di ricarica pubblica va poi sviluppata in maniera estesa ed equilibrata: è anche necessario che la rete di ricarica pubblica si differenzi nella potenza erogata a seconda delle necessità dell’utente.

Ecco come: indicativamente la ricarica standard, di tipo lenta da 3-7 kW (o Slow) e rapida da 11-22 kW (Quick), è da privilegiare nei contesti urbani e di medio-lunga sosta, e attualmente rappresenta il 73% del totale. Mentre la ricarica veloce e ultraveloce (ad alta potenza, almeno superiore ai 50 kW) è fondamentale per fornire il servizio di ricarica nel minore tempo possibile, nell’ottica di una sosta con il preciso scopo di ricaricare, spesso in autostrada e in ambito extraurbano, e costituisce oggi il 6% del totale.

È quindi innanzitutto la disponibilità di ricariche pubbliche Fast e Ultrafast che va potenziata per rendere più pratici gli spostamenti sulle autostrade e sulle lunghe distanze.

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