L’educazione all’AI è l’unico modo per non subire i suoi effetti, ma, al contrario, per gestirne tutti i vantaggi

Un’educazione all’AI da parte delle aziende permette di di identificare gli strumenti che possono fare la differenza, garantendone un uso sicuramente più ampio, inclusivo e sostenibile

Immagine distribuita da Wikimedia Commons con Licenza Creative Commons

Le aziende che vogliono stare al passo e trarre vantaggio dalle nuove tecnologie devono iniziare a dialogare e poi a implementare l’Intelligenza Artificiale, che sta segnando una rivoluzione nell’approccio all’innovazione e allo sviluppo di nuove idee.

Un’educazione all’AI permette di non subire passivamente queste possibilità ma di identificare gli strumenti che possono fare la differenza. L’automazione dei processi, l’analisi dei dati e il servizio clienti sono tra le prime aree ad aver giovato dell’AI e molte aziende ormai ne fanno un uso strumentale adeguato, ma l’uso che ne può essere fatto è sicuramente più ampio, inclusivo e sostenibile e una buona conoscenza di questo può assicurare un utilizzo responsabile e trasparente. Ad esempio, i modelli open source dell’AI democratizzano al tecnologia e permettono anche alle piccole imprese, così come ai ricercatori di poter accedere e usare strumenti tecnologi avanzati. Fondamentale però, come dicevo, è educare, formare, condividere le conoscenze per far sì che le aziende personalizzino il supporto, l’apprendimento e le funzionalità che realmente occorrono ai loro dipendenti per migliorare l’efficienza operativa, l’efficacia di prodotto e per stimolare l’innovazione. Scegliere la soluzione più adatta alla loro specifiche esigenze è una sfida che le aziende possono vincere con un’adeguata formazione, perché il dubbio non è se adottare o meno l’AI nel proprio contesto, ma comprendere e conoscere i requisiti specifici di cosa si vuole implementare e le implicazioni e l’impatto che ne derivano impiegando queste tecnologie.

Facendo parlare i dati, uno studio di Accenture, da poco presentato durante l’incontro annuale del Comitato Leonardo, rileva che le aziende italiane potrebbero aumentare il valore aggiunto creato di circa 50 miliardi di euro (54,30 miliardi di dollari) entro il 2030 con l’uso generalizzato dell’intelligenza artificiale generativa (AI). Il Made in Italy potrebbe rafforzarsi di altri 30 miliardi di euro sui mercati internazionali anche in altri settori, come quello chimico, farmaceutico e meccatronico. Inoltre, su questa onda di valorizzazione si potrebbero creare circa 300.000 nuovi posti di lavoro nelle industrie interessate, rispetto a uno scenario di base fino al 2030. Il tutto sotto una regolamentazione efficace dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale.

Un esempio italiano è il grande modello linguistico a cui lavoreranno in sinergia la società Almawave e il consorzio interuniversitario Cineca, Velvet. Un open source, multilingua e multimodale, di grandi dimensioni (Llm) di tipo fondazionale, capace cioè di rappresentare la base per altri modelli di sviluppo successivo.

Velvet opererà innanzitutto con un focus sulla lingua e sui contenuti italiani, ma sarà sviluppato in chiave multilingua a livello internazionale, implementando inoltre il portoghese brasiliano e lo swahili. Sarà rilasciato nell’ultimo trimestre del 2024 e messo a disposizione del pubblico sulle piattaforme di condivisione del software Open Source e l’intenzione è quella di mantenere Velvet rilevante nel tempo e di renderlo uno strumento dinamico.

Il cammino dell’intelligenza artificiale non sarà in discesa, lineare, perché tante sono e saranno le implicazioni etiche, culturali, politiche, ma tradizione e innovazione non sono in antitesi, anzi convergono e quando questo accade il cambiamento è sempre un valore aggiunto.

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Roberto Panzarani è docente di Innovation Management. Studioso delle problematiche relative al capitale intellettuale in contesti ad elevata innovazione e autore di svariate pubblicazioni. Da molti anni opera nella formazione in Italia. Esperto di Business Innovation, attualmente si occupa dello sviluppo di programmi di innovazione manageriale per il top management delle principali aziende e istituzioni italiane e internazionali. Viaggia continuamente per il mondo, accompagnando le aziende italiane nei principali luoghi dell’innovazione dalla Silicon alla Bangalore Valley, all’Electronic City di Tel Aviv, ai paesi emergenti del Bric e del Civets. L’intento è quello di facilitare cambiamenti interni alle aziende stesse e di creare per loro occasioni di Business nel “nuovo mondo”. L’ultimo suo libro è “Viaggio nell'innovazione. Dentro gli ecosistemi del cambiamento globale”, Guerini e Associati, 2019.

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