L’idrogeno è oramai considerato come una delle soluzioni più promettenti per un futuro energetico sostenibile. Soprattutto il cosiddetto idrogeno “verde”, quello prodotto direttamente attraverso energie rinnovabili.
Ma, sebbene la promessa di questo vettore energetico sia quella di dare un importante contributo per la decarbonizzazione del settore, la sua adozione su larga scala incontra ancora significativi ostacoli di diversa natura. In questo articolo proveremo ad approfondire i principali, delineando le sfide che, ad oggi, stanno rallentando lo sviluppo di quella che potrebbe rappresentare una delle principali soluzioni per affrontare i sempre più urgenti problemi ambientali.
Una scarsa competitività economica
Anzitutto, in base alla fonte di energia utilizzata, si distinguono diversi tipi di idrogeno. Il primo è l’idrogeno grigio, ricavato tramite la separazione dei suoi atomi da quelli di carbonio presenti negli idrocarburi e nei combustibili fossili (come il gas naturale): questo, nonostante sia il metodo più produttivo, è anche quello più inquinante a livello ambientale. Anche l’idrogeno blu viene prodotto da gas naturale ma, prevedendo una successiva cattura e stoccaggio del carbonio, il processo risulta meno impattante.
L’ultimo è proprio l’idrogeno verde, che si ottiene ricavando l’idrogeno dall’acqua – attraverso l’elettrolisi – utilizzando energia a sua volta ricavata da altre fonti rinnovabili, come quella solare o eolica: per questo motivo il metodo risulta di gran lunga il più sostenibile, ma ad oggi anche il più economicamente costoso. Ed è proprio la sua scarsa competitività economica, dovuta ai costi della tecnologia che vi è alla base, uno dei principali fattori che ha fino ad ora impedito l’affermazione dell’idrogeno verde rispetto alle sue alternative meno sostenibili: oggi, infatti, il costo della produzione industriale di idrogeno verde è compreso tra i 4 e i 5,5 dollari per chilogrammo, di gran lunga superiore ai 2,5 dollari circa dell’idrogeno grigio. Sarà quindi necessario abbattere gli ostacoli tecnologici attualmente esistenti per far sì che l’idrogeno verde possa diventare una soluzione realmente competitiva, in primis dal punto di vista economico.
Servono infrastrutture per lo stoccaggio e il trasporto
La sfida, però, non è soltanto di natura produttiva: allo stesso modo, rappresenta un limite alla diffusione del “clean hydrogen” anche la carenza di infrastrutture per lo stoccaggio e il trasporto verso i potenziali consumatori. Lo stoccaggio, in particolare, è fondamentale per affrontare la difficile compatibilità fra l’intermittenza della produzione di idrogeno rinnovabile e le esigenze dei consumatori industriali.
È per questo motivo che PwC, nel suo report “Navigating the global hydrogen ecosystem”, ha individuato questo come uno dei cinque principali ostacoli – a livello globale – per lo sviluppo di questa soluzione. Sottolineando non solo l’importanza di costruire una rete di strutture per la produzione, lo stoccaggio e la distribuzione di idrogeno pulito, ma anche quanto ciò richieda grandi investimenti e coordinamento tra le diverse parti interessate.
Il ruolo fondamentale delle rinnovabili
Al netto di questi ostacoli, le iniziative in questo ambito continuano a crescere. Soprattutto in Europa, dove i progetti annunciati hanno una capacità di elettrolisi complessiva – ossia la quantità massima di idrogeno verde che può essere prodotta attraverso elettrolizzatori – di 200 GW: sebbene – sottolinea ancora il documento realizzato da PwC – l’annuncio di questi progetti non dia la garanzia che vengano effettivamente completati.
Una delle principali problematiche, in questa direzione, può essere rappresentata dal fatto che, per essere economicamente competitivo, l’idrogeno verde dovrebbe essere prodotto in condizioni di surplus di energia rinnovabile, elemento alla base del suo processo produttivo. Questo perché il surplus di energia, che si verifica quando la produzione eccede la domanda, permette di abbattere i costi di produzione dell’idrogeno, rendendo l’elettrolisi più conveniente e, quindi, riducendo il prezzo finale dell’idrogeno prodotto. In altri termini l’idrogeno verde è conveniente quando l’energia stoccata è derivante dagli eccessi di produzione delle rinnovabili. Per comprendere, più nel dettaglio, la reale importanza del ruolo delle rinnovabili, basti pensare che per produrre 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile – come da target UE al 2030 – sarebbero necessari circa 500 TWh di elettricità: dunque, basandosi su una turbina eolica che produce 20 GWh di elettricità all’anno, occorrerebbero 25mila nuove turbine per coprire il fabbisogno di elettricità dei soli elettrolizzatori. Ed a questo va aggiunta la più bassa efficienza complessiva dell’idrogeno – limitata al 16% – rispetto ad altri sistemi.
Insomma, l’idrogeno verde potrebbe realmente rappresentare una delle più interessanti soluzioni a nostra disposizione nell’ottica della decarbonizzazione, ma importanti investimenti infrastrutturali e una decisa spinta verso lo sviluppo delle rinnovabili avranno un ruolo centrale per superare quella serie di limiti – di contesto come strutturali – che ad oggi ne condizionano fortemente la praticabilità. Sarà quindi fondamentale che i governi e le industrie collaborino per creare le condizioni più favorevoli, attraverso politiche di supporto e investimenti in infrastrutture, per abilitarne tutto il potenziale e renderla una soluzione praticabile, competitiva e sostenibile nel panorama energetico futuro.
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