Privacy: accordo tra FTC e Facebook

La Federal Trade Commission ha raggiunto venerdì un accordo con Facebook in merito alle accuse rivolte alla società per violazione della sua stessa politica sulla privacy, a svantaggio degli utenti registrati. A novembre la FTC aveva chiaramente sostenuto che Facebook aveva ingannato i propri utenti dichiarando che i loro dati personali sarebbero rimasti privati; ha invece consentito in più occasioni la loro diffusione e distribuzione, venendo meno agli obblighi della sua stessa politica sulla privacy.

La commissione ha votato (3 a favore, 1 contrario e 1 astenuto) per l’imposizione di un obbligo ventennale per Facebook di “richiesta preventiva” ai suoi utenti, per l’eventuale riutilizzo dei loro dati. Facebook ha espresso anche la volontà di rendere più esplicita e trasparente la propria prassi sull’impiego dei dati utente (un percorso già avviato da qualche tempo) anche a scopi commerciali; ha anche acconsentito alla realizzazione di un audit indipendente ogni due anni, al fine di verificare le norme sulla privacy.

Facebook si è dichiarata soddisfatta dell’esito del procedimento, ma questa volta si è astenuta dal sostenere (come aveva fatto nei mesi scorsi) di essere “innocente rispetto alle accuse contenute nella denuncia”.

Un cambio di atteggiamento da parte di Facebook dovuto al dissenso, espresso da uno dei membri della stessa FTC, riguardo proprio al procedimento nei confronti della compagnia di Palo Alto. Il Commissario Thomas J. Rosch, infatti, ha dichiarato che consentire alla società di negare le proprie responsabilità in pubblico, pur avendo patteggiato una condanna, significa minare l’autorità e la credibilità della stessa Federal Trade Commission.

Ecco perché la Federal Trade Commission ha anche annunciato di voler rivedere la propria prassi, che consente alle aziende di risolvere le accuse d’illecito mediante un accordo, lasciando poi loro la possibilità di negare una reale colpevolezza.

Una consuetudine che riguarda anche altri Enti federali americani e che ha fatto emergere tutta la sua contraddittorietà in cause come quella di Google; per via dei cookies nel browser Safari, oppure in altri settori commerciali. Come nel caso della condanna di GlaxoSmithKline, che ha patteggiato un accordo con il Dipartimento di Giustizia per frode.

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