Google: apertura agli editori francesi ma le posizioni restano distanti

La diatriba tra Google e gli editori francesi potrebbe essere risolta tramite negoziato. La società USA si è detta infatti favorevole all’intervento di un mediatore per facilitare la risoluzione della disputa.

La portavoce del governo francese (Najat Vallaud-Belkacem) ha proposto la nomina di un mediatore. Siamo favorevoli a chiunque possa aiutare il dialogo tra noi e gli editori”, ha dichiarato al Le Figaro Alexandra Laferrière, responsabile relazioni istituzionali di Google France.

Laferrière, parlando ad una conferenza organizzata sul tema degli equilibri dell’ecosistema digitale, ha aggiunto che Google ha sempre cercato di collaborare e negoziare con gli editori. Uno degli editori francesi presenti alla conferenza non è molto d’accordo, però, con questa ricostruzione dei fatti, le discussioni sarebbero state molto meno amichevoli e collaborative in passato. “La differenza oggi è che il capo dello stato  ha minacciato di utilizzare la legislazione se la discussione non è realmente conclusiva.”

Il presidente francese Francois Hollande, a fine Ottobre, aveva, infatti, ricevuto all’Eliseo il presidente esecutivo di Google, Eric Schmidt, per discutere di contenuti digitali e di nuovi equilibri nel mercato digitale. Minacciando l’intervento del governo, la cosiddetta Google-Tax, se non veniva trovato un accordo entro fine anno. Minaccia rafforzata tramite la leva fiscale. La direzione generale delle finanze di Parigi, al termine di un’indagine sulle pratiche fiscali dell’azienda, avrebbe, pochi giorni dopo l’incontro, inviato al gigante della ricerca una lettera raccomandata nella quale avrebbe chiesto circa un miliardo di euro. Google avrebbe evitato di pagare una larga parte delle tasse nel paese grazie al posizionamento del quartiere generale europeo in Irlanda. La società ha, però, negato di aver ricevuto una simile richiesta dalle autorità francese, anche se le conferme non ufficiali da fonti francesi vicine alla vicenda si sono moltiplicate.

Eric Schmidt, in un’intervista a The New York Times lo scorso Lunedì, si è detto fiducioso sulla possibilità di raggiungere un accordo con gli editori Francesi. Ha precisato, però, che la società non ha alcuna intenzione di pagare per contenuti non ospitati sui propri server. “Non vogliamo pagare per contenuti che non ospitiamo. Siamo molto chiari su questo”. Dichiarazione che rende le trattative molto più complesse e chiude le porte al cosidetto ‘ancillary copyright’. Sistema fortemente voluto dagli editori europei e da alcuni governi del vecchio continente che prevede per Google il pagamento di una percentuale del copyright per ogni contenuto indicizzato, ovvero i titoli e le prime righe delle news. Google ha sempre ritenuto, e continua a farlo, che l’indicizzazione di questi contenuti rientri nella disciplina del fair use, e che per tanto non debba corrispondere nessun pagamento agli editori.

La vicenda è complessa e una soluzione non sembra in realtà molto vicina. Gli editori e i governi europei hanno già provato più volte a discutere di simili tematiche senza gran successo. Vero è che questa volta sembrano maggiormente intenzionati a strappare qualche concessione. In Germania, il parlamento sta discutendo diverse proposte legislative. La Francia minaccia analoghe iniziative e in Italia la Fieg (Federazione Italiana Editori Giornali) fa pressione sul governo. L’associazione ritiene la questione urgente e chiede il “riconoscimento agli editori di uno specifico diritto d’autore connesso alle attività di indicizzazione effettuate dai motori di ricerca“.

Schmidt, da parte sua, aldilà dei toni amichevoli, ribadisce che l’indicizzazione non viola il copyright degli editori e che il motore di ricerca li aiuta già, grazie al traffico che genera per i loro siti web; invitandoli a trovare nuovi modelli di business. “I giornali hanno un problema molto reale e ci preoccupiamo di quello che sta succedendo loro. Ma devono monetizzare i click che gli inviamo in modo tale da garantire il proprio futuro.”

Insomma, la differenza di posizioni non potrebbe essere maggiore. A questo va aggiunto che diversi esperti ritengono le armi degli editori e dei governi in realtà spuntate, primariamente per la difficoltà di fare a meno dell’indicizzazione sul popolare motore di ricerca e di affrontare i relativi possibili danni economici; e,  più di tutto, per le caratteristiche stesse dell’ecosistema.

Rosental Alves, noto giornalista brasiliano, attualmente professore di giornalismo presso l’University of Texas, ritiene ad esempio non molto efficaci le pressioni su Google da parte di editori e governi e poco importante se abbiano ragione o no.

La disputa sui contenuti digitali è, infatti, accesa anche in Brasile, dove più di 150 editori hanno deciso nel 2011 di non permettere più l’indicizzazione dei propri contenuti su Google News. Alves spiega che le news digitali “non possono essere trattate in alcun modo come un prodotto che si può proteggere con le stesse restrizioni utilizzate nei precedenti ecosistemi… L’informazione è liquida e innarestabile.”

I precedenti, la necessita dell’indicizzazione a fini di traffico, la fermezza di Google sul tema, e le condizioni sistemiche, sembrerebbero suggerire scarse possibilità di vittoria per editori e  governi sul tema dei contenuti digitali.

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