Caso YouTube: nuove regole sulla responsabilità degli hosting provider

Pochi mesi fa avevo discusso in questo articolo circa la vittoria di YouTube di fronte al tribunale di Torino che aveva rigettato il ricorso presentato da Delta TV Programs contro Google e YouTube in relazione ai video di telenovelas caricati da alcuni utenti su YouTube rispetto ai quali Delta deteneva i diritti di sfruttamento economico.

A quel tempo ero stato leggermente “ironico” menzionando che a mio giudizio il “traguardo finale” era ancora lontano. Ebbene non avrei pensato che le mie previsioni potessero essere confermate in così poco tempo. Infatti, il tribunale di Torino, in una sentenza del 23 giugno 2014, pronunciandosi in composizione collegiale in merito alla reclamo proposto da Delta contro l’ordinanza sopra richiamata, ha ribaltato del tutto la posizione iniziale dei propri colleghi.

youtubeIl tribunale ha effettuato una disamina molto approfondita della normativa sulla responsabilità dei c.d. hosting providers e cioè delle piattaforme che ospitano contenuti caricati da terzi dettata dalla Direttiva E-Commerce 2000/31 implementata in Italia tramite il Decreto Legislativo 70/2003. Uno dei principi cardine della Direttiva E-Commerce è che gli hosting provider non sono tenuti al monitoraggio dei contenuti pubblicati dai propri utenti e non sono responsabili per gli stessi a condizione che una volta venuti a conoscenza dei contenuti illeciti procedano immediatamente alla loro rimozione. La Direttiva E-Commerce è stata emessa nel 2003 e non c’è dubbio che molto sia cambiato su Internet negli ultimi 10 anni.

Regime di responsabilità degli hosting provider secondo il tribunale di Torino

La posizione del tribunale è che la Direttiva E-Commerce abbia previsto questo regime di responsabilità unicamente per gli hosting provider cosiddetti “passivi” che semplicemente mettono a disposizione dei propri utenti uno spazio sul web. Al contrario, soggetti quali YouTube che indicizzano le informazioni disponibili, le organizzano, le propongono agli utenti in base ai loro gusti e preferenze e vi abbinano della pubblicità da cui traggono profitto rientrerebbero in una “nuova generazione” di hosting provider soggetti a “maggiori responsabilità” rispetto agli hosting provider a cui il legislatore comunitario si rivolgeva oltre 10 anni fa.

Sulla base di questa premessa, il tribunale ritiene che YouTube non sia tenuta ad un obbligo di monitoraggio preventivo dei contenuti caricati dai propri utenti a meno che il titolare dei diritti d’autore sugli stessi abbia denunciato la violazione dei propri diritti fornendo l’URL dei video contestati e chiedendo la rimozione non solo dei video esistenti, ma anche l’inibizione della futura pubblicazione dei medesimi contenuti.

E l’oggetto del contendere consiste proprio nella possibilità di ordinare a YouTube di inibire la futura pubblicazione dei video oggetto della segnalazione. Questo servizio è al momento offerto da YouTube tramite uno strumento denominato Content ID ma solo su iniziativa del titolare dei diritti che se ne assume le responsabilità e i costi.

Il tribunale di Torino ha invece ritenuto che YouTube sia obbligata a seguito di una segnalazione da parte del titolare dei diritti ad azionare tale strumento autonomamente e a proprie spese, ottenendo il cosiddetto reference file dagli stessi video già caricati sulla propria piattaforma e non solo rimuovendo i relativi URL, ma anche impedendo che gli stessi video siano pubblicati sulla propria piattaforma in futuro da altri utenti su altre URL.

Conseguenze della decisione del tribunale di Torino

sentenzaQuesta soluzione sembra introdurre un sistema di cosiddetto notice and take down che riguarda i contenuti presenti e futuri caricati sulla piattaforma fornendo ai titolari dei diritti uno strumento che neanche il recente regolamento Agcom sulla tutela del diritto d’autore su Internet è in grado di garantire.

Allo stesso modo, questo approccio secondo il tribunale sarebbe anche conforme ai termini della decisione della Corte di Giustizia europea nel recente caso SABAM in cui il tribunale europeo ha escluso qualsiasi forma di sorveglianza diretta a prevenire “qualsiasi futura violazione dei diritti di proprietà intellettuale” perché avrebbe richiesto una “vigilanza attiva” sugli utenti e le informazioni scambiate. La possibilità di utilizzare lo strumento del Content ID a giudizio del tribunale di Torino consentire una semplice inibizione della futura violazione senza alcun bisogno di forme di vigilanza attiva.

Non è chiaro, quindi, se la conseguenza di questa decisione sarà che tutti gli hosting provider dovranno ora munirsi di un sistema altamente sofisticato come quello presente su YouTube o che è consigliabile per loro non averlo perché il tribunale, in tale caso, potrebbe dichiarare l’attività richiesta troppo onerosa.

Decisione sul regime di responsabilità di Yahoo! del tribunale di Milano

E’ interessante che questa decisione sia stata adottata a pochi giorni di distanza da una sentenza del tribunale di Milano relativa a Yahoo e alla richiesta di rimozione dal motore di ricerca Yahoo dei link ai siti tramite il quale era disponibile in streaming, per il download o per la visione in P2P il film “About Elly”, in violazione dei diritti di sfruttamento economico detenuti da PFA Films sullo stesso. In quest’occasione, il tribunale ha adottato un approccio molto diverso ritenendo che non sussista nei confronti di Yahoo alcun obbligo di disattivazione o di apposizione di filtri e che la rimozione dell’accesso al contenuto oggetto della contestazione debba avvenire solo a seguito di un ordine della pubblica autorità come previsto dal Decreto Legislativo 70/2003 di attuazione della Direttiva E-Commerce.

Questa incertezza giurisprudenziale può essere utile a noi avvocati per lo sviluppo dello nostre strategie difensive e teorie dottrinali, ma certamente non è molto utile sia agli hosting provider che ai titolari dei diritti. Forse è da auspicarsi un aggiornamento della Direttiva E-commerce che ponga chiarezza alla materia alla luce dell’evoluzione tecnologica.

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