Google pagherà all’Italia 320 milioni di euro di tasse sugli 800 milioni che riconosce come imponibile prodotto in Italia dal 2008 al 2013. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, il gigante californiano della rete pagherà la sanzione e fa quindi pace con Fisco, Guardia di Finanza e la Procura di Milano.
Un confronto lungo, quello tra il colosso e il Fisco italiano, che nasce dalla contestazione che “i profitti della raccolta pubblicitaria nel nostro Paese venivano registrati in Irlanda e a Bermuda”. La decisione del gigante del web è inattesa poichè, a detta degli osservatori, Google avrebbe potuto sostenere e ingaggiare anche un lungo braccio di ferro prima di arrivare all’accordo, oppure avrebbe potuto attendere maggio e l’atteso decreto legislativo fiscale che sottrarrà “l‘abuso del diritto, cioè le operazioni che, pur nel rispetto formale delle norme, realizzano vantaggi fiscali indebiti”. Ma così non è stato. Questo approccio rientrerebbe, spiega il Corriere, in una nuova fase di “distensione” che i colossi Usa, spesso identificati con la stessa America, starebbero portando avanti anche per evitare attriti, non solo economici, con gli Stati d’Europa stessi.
La vicenda non è nuova per Google che in questi anni è al centro di dure verifiche da parte della Ue per le sue politiche fiscali che l’avrebbero portata a evadere tasse in Europa. E non è neppure la sola web company ad avere in corso contestazioni simili: è successo anche ad Apple in Irlanda e ad Amazon con il tax ruling in Lussemburgo. Tanto che l’Europa presenterà a marzo un pacchetto per la trasparenza fiscale per far si, spiega il vicepresidente Valdis Dombrovskis, che “le società paghino le imposte nel paese in cui sono generati i profitti e non debbano poter evitare l’imposizione grazie ad aggressivi piani di ingegneria fiscale”.
Aggiornamento: a poche ore dalla diffusione della notizia sono arrivate le smentite di Google e delle autorità italiane.
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