Non esiste una scuola per imprenditori di startup dove si insegni la ricetta infallibile per avere successo in un mondo competitivo come quello delle imprese innovative. E non esiste, di conseguenza, un solo modo valido per tutti per poter passare da un’idea promettente a una idea disruptive per il mercato di riferimento.
Ma esistono, invece, luoghi di incontro e formazione condivisa che vedono salire in cattedra diversi portatori di informazioni e di saperi che provengono dal mondo dall’esperienza concreta di business. Luoghi “contaminati, contaminanti e interdisciplinari” che vedono giovani startupper entrare in contatto con imprenditori di settore e investitori attenti all’innovazione per imparare con loro quali sono le buone pratiche di un “mestiere” che si apprende facendo. Il tutto seguendo un percorso formativo specifico che non trascura tecnologie, strategie e business plan.
E’ quello che accade, ad esempio, con le Startup Academy, percorsi manageriali promossi da UniCredit Start Lab, che accompagnano le migliori startup selezionate con l’iniziativa in un percorso di consolidamento: ovvero le 40 startup dei settori Life Science, Clean Tech, Digital e Innovative Made in Italy. L’ultima edizione si è tenuta a Milano dal 9 al 13 novembre.
Un percorso lungo una settimana che vuole fornire spunti concreti da applicare nell’immediato alla propria startup su temi che vanno dai mega trend globali a una panoramica internazionale sugli ecosistemi dell’innovazione, da come gestire i processi d’investimento a come presentarsi in maniera efficace a controparti industriali.
“Momenti di incontro e scambio come questi sono fondamentali, oggi”, ci spiega Pierluigi Paracchi, CEO di Quantica SGR, imprenditore con forte esperienza di venture capital “soprattutto per colmare il gap culturale che c’è sull’innovazione. In questo senso ben vengano tutti quegli eventi che permettono di crescere, di fare cross fertilization a partire da esperienze diverse. Solo così si creano ecosistemi forti e favorevoli per l’innovazione”.
La testimonianza di Paracchi è significativa poiché egli è fondatore del primo venture capital italiano dedicato alle start-up della ricerca scientifica, Quantica SGR, e ha istituito e lanciato il fondo di Venture Capital Principia I che ha investito, tra altre, nella start-up biotech EOS – Ethical Oncology Science. Paracchi ha fatto parte del Cda di EOS fino alla vendita della società all’americana Clovis Oncology per un valore complessivo che sfiora il mezzo miliardo di dollari. La “exit” da EOS rappresenta la miglior vendita di un fondo di Venture Capital Italiano negli ultimi 10 anni ed è una eccellenza non di poco conto se pensiamo che il mercato biotech/farm a livello di piccole e medie imprese “è molto forte e attivo” in Italia mentre le startup di questo settore scontano ancora una “forte lentezza a causa della mancanza nei centri di ricerca e nelle università di cultura imprenditoriale. E’ chiaro che aggiungere imprenditorialità alla ricerca italiana vorrebbe dire creare grandi opportunità per le startup di settore verso l’estero.”
Quando si parla di startup è chiaro che uno dei temi principali siano i capitali iniziali con cui avviare il progetto e una delle prime lezioni da imparare, spiega Paracchi, è legata proprio a questa delicata fase: non tutti i venture sono uguali e c’è una differenza significativa tra venture pubblici e privati.
“Accogliere capitali da investitori pubblici è un patto col diavolo” spiega Paracchi. “E’ chiaro che le startup agli inizi abbiano bisogno di avere capitali per partire e in Italia c’è molto venture capital pubblico.” Ma bisogna agire con consapevolezza: “Però attenzione: spesso accettare questi venture vuol dire condizionare la vita della propria impresa per il futuro.” Questo perché, spiega Paracchi, “non si tratta di smart money ma di denaro che arriva sì, da persone competenti, ma che non hanno una finalità legata alla creazione di valore che alla base, invece, del funzionamento di una industria sana del venture capital.”
Ecosistemi di formazione e saperi favoriscono la creazione di quel sostrato pratico e culturale che può sostenere nel concreto l’avvio di imprese innovative: perché startupper, e imprenditori a 360°, forse non si nasce ma si può diventare.
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