Lead Nurturing come viaggio: come creare il gruppo

Come ogni viaggio che si rispetti, il Customer journey ha le sue regole, e il lead nurturing ne rappresenta una degna anticipazione. Siamo giunti alla quarta tappa del nostro viaggio, dopo aver ricercato la destinazione, scelto dove andare, deciso in merito alle facilities a cui non si vuole rinunciare, eccoci alla creazione del gruppo di viaggio.

E’ innegabile il fatto che non siamo in grado di parlare (digitalmente intendo) a tutti i prospect in una modalità one to one (a meno di non essere una piccola attività). Ragioniamo e dobbiamo ragionare per cluster omogenei. Ma questi aggregati di clienti non sono, ovviamente, tutti uguali, visto che scontano delle caratteristiche simili, delle similitudini che ci permettono di immaginare un percorso di scelta quantomeno assimilabile, ma nel microcosmo che abbiamo immaginato per loro, sono molto diversi.

Il fenomeno del digitale e dei social ha, inoltre, rivoluzionato non solo il modo in cui comunichiamo, ma soprattutto il modo in cui il cliente si aspetta che noi comunichiamo con lui.

L’esempio che mi viene in mente è questo: prima se dovevamo fare uno speech in una grande sala, uno speech frontale per intenderci, ci preparavamo in funzione di quello che volevamo dire. Oggi, invece, pensiamo a quello che le persone vogliono ascoltare. Ci preoccupiamo di trovare storie da raccontare, in modo che ogni singola persona si possa identificare nel nostro racconto e possa immaginare che quello speech noi lo abbiamo preparato proprio pensando a lei.

Nello stesso modo dobbiamo pensare a quale storia raccontare a al nostro Mario e alle persone che, come lui, si sono mosse verso di noi.

La capacità di raccontare una storia, è sicuramente alla base della gestione del lead. Ma non una storia qualunque; dobbiamo essere in grado di raccontare “la storia” quella all’interno della quale il nostro potenziale cliente si possa identificare.

Allora nel nostro percorso di nurture, dovremmo essere in grado di costruire non un racconto ma tutti quelli che i nostri potenziali clienti vorrebbero sentire.

Mettendo insieme clienti che hanno un profilo simile, i “compagni di viaggio”, appunto, li inseriremo in un flusso di informazioni fluido, cioè che si possa adattare alle interazioni che il singolo cliente via via vorrà o non vorrà, avere con noi.

Il nostro cario Mario e i suoi compagni di viaggio saranno accolti nella stessa sala virtuale nella partenza, ma avranno una guida diversa in funzione del percorso che vorranno percorrere, e lo faranno scegliendo le varie call to action di cui avremo disseminato il nostro percorso.

Il macro concetto che accompagna tutti i programmi di nurture si raggruppa, didatticamente parlando, in tre grandi aree: educare, informare e convertire.

Educare

Che vuole dire essenzialmente trasmettere ai nostri potenziali clienti contenuti educativi rilevanti per i loro interessi. Il contenuto ha una doppia funzionalità; educare e trasmettere fiducia (attraverso la professionalità che dimostriamo).

Informare

Informare è deliverare contenuti che abbiamo rilevanza per il cliente (informazioni sulle referenze, esempi di come altri clienti hanno risolto problemi simili al suo, e via dicendo). Questi contenuti dovrebbero anche essere deliverati in funzione del canale preferito dal cliente (multicanalità).

Convertire

Portare il cliente a fare l’azione che abbiamo pensato per lui, accompagnarlo verso la scelta della nostra offerta.

Proprio in funzione del fatto che abbiamo creato gruppi omogenei (i compagni di viaggio) dobbiamo sempre tenere in mente che i nostri potenziali clienti esprimeranno del percorso delle preferenze o delle avversioni: è fondamentale quindi prevedere una profilazione progressiva che ci permetta di arricchire la conoscenza del nostro cliente.

Il percorso del nurture è – a tutti gli effetti – un test continuo, in funzione dei feedback che riceveremo: ogni touch point, ogni call to action dovrebbe essere utilizzata come un’opportunità per fare una review del testo, un A/B test su una mail, un controllo su un form e arricchire l’anagrafica del cliente con tutte le informazioni che ha lasciato al suo passaggio.

Il test continuo deve anche considerare il modo in cui il nostro prospect reagisce al lead nurturing, valutando i parametri di engagement: il tasso di apertura e click sulle mail, il tempo speso sul sito, la partecipazione attiva alla conversazione su blog/social e il numero di condivisioni.

Tutto questo si fa grazie al lead scoring (ma di questo parleremo in seguito).

Intanto buon viaggio!

 

 

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