In questo articolo affrontiamo temi molto importanti ma allo stesso tempo anche molto delicati. Vogliamo, al contrario dei due articoli precedenti, analizzare insieme due obiettivi SDG: gli obiettivi 13 e 15 che riguardano, rispettivamente, la lotta al cambiamento climatico e la vita sulla terra. Sono due obiettivi che in molti, più di altri obiettivi, tendono ad associare al tema della sostenibilità e sono quindi anche molto dibattuti. Proprio mentre stavamo scrivendo l’articolo, sono usciti i risultati di uno studio condotto dal Digital Transformation Institute su “Italiani e sostenibilità digitale”. Tra i vari punti c’è anche quello della sostenibilità ambientale di interesse per questo articolo. Si afferma “che l’80% degli intervistati si ritiene ferrato ma approfondendo il dato, emerge un quadro che evidenzia una grande confusione nelle persone, che le porta a interpretare tale concetto in una dimensione prettamente ideologica, senza che questa produca un impatto reale nei comportamenti o nelle azioni delle persone”.
Ecco che quindi quando parliamo di cambiamento climatico e di vita sulla terra ci sembra utile più che mai evidenziare come i dati aperti possano essere cruciali per aiutare a fare ordine. Possono infatti consentire una lettura più consapevole da parte della collettività, anche mediante intermediari che usano i dati per informare, distinguendo quanto è confermato da quanto non lo è, magari guidandoli nell’assumere micro comportamenti che sono importanti per questi obiettivi di sostenibilità. Leggendo un articolo scientifico che ci è stato segnalato, “Digital Government and the United Nations’ SustainableDevelopment Goals: Towards an analytical framework”, l’attenzione è ricaduta proprio su un aspetto importante che riguarda l’obiettivo 13, nel seguito discusso. Nell’articolo, infatti, si afferma che “Le iniziative del governo digitale possono anche essere mirate a monitorare il sentimento pubblico nelle discussioni online riguardanti l’azione per il clima (SDG 13): la ricerca deve concentrarsi sulle strategie e le tattiche per sviluppare gli strumenti appropriati per farlo, specialmente considerando la rilevanza delle informazioni (e della disinformazione) diffuse sui social media riguardo a un’area politica così cruciale”.
Abbiamo deciso poi di accorpare due obiettivi nell’analisi perché non è la prima volta che notiamo che gli obiettivi sono fortemente in relazione tra loro; riteniamo quindi che un’analisi congiunta dei possibili dati aperti a supporto possa aiutare ad analizzare i loro traguardi con una visione più integrata, tenuto anche conto di quanto già analizzato per l’acqua negli obiettivi 6 e 14. Non è un caso che una maggiore presenza di dati aperti su diversi argomenti possa facilitare, attraverso proprio il possibile riutilizzo dei dati, una lettura di fenomeni in maniera meno settoriale, rompendo quei confini, o data silos se preferite, che si hanno a volte inevitabilmente quando le competenze sono fortemente suddivise tra diverse organizzazioni.
A supporto di quanto stiamo affermando vi è questo articolo del 2018 del sito web di dati aperti chiamato Open Development Mekong, creato per alcuni Paesi del sud est asiatico dove scorre il fiume Mekong appunto, sorgente di acqua e cibo per circa 300 milioni di persone in quell’area e quindi asset prezioso per valutare lo stato di salute di certe zone del pianeta. Nell’articolo si afferma che in particolare l’obiettivo 15, che andremo nel seguito ad analizzare in ottica di apertura dei dati, è particolarmente utile per l’implementazione di altri obiettivi dell’Agenda ONU 2030 nonostante il suo principale focus sia l’aspetto ambientale: del resto, la vita sulla terra e suoi traguardi non possono che essere influenzati dalla lotta al cambiamento climatico (obiettivo 13) e da tanti altri obiettivi che l’agenda ci porta all’attenzione.
Obiettivo 13 – lotta al cambiamento climatico e traguardi attesi
Sulla lotta al cambiamento climatico ci sono tantissimi studi, alcuni anche disponibili in open access e quindi liberamente accessibili e riutilizzabili, che analizzano questo fenomeno sotto tantissimi aspetti (e.g., corsi dei fiumi che cambiano per effetto dei cambiamenti climatici, cambiamenti negli habitat termici dei laghi, ecc.). Secondo l’agenda Onu 2030 “Le persone stanno sperimentando gli impatti significativi del cambiamento climatico, quali ad esempio il mutamento delle condizioni meteorologiche, l’innalzamento del livello del mare e altri fenomeni meteorologici ancora più estremi. Le emissioni di gas a effetto serra, derivanti dalle attività umane, sono la forza trainante del cambiamento climatico e continuano ad aumentare.” Tuttavia “Il ritmo del cambiamento sta accelerando dato che sempre più persone utilizzano energie rinnovabili e mettono in pratica tutta una serie di misure che riducono le emissioni e aumentano gli sforzi di adattamento.”
Sulla base di questo scenario, i traguardi che si prevedono di raggiungere possono essere riassunti come segue:
- rafforzare la capacità di ripresa e di adattamento ai rischi legati al clima e ai disastri naturali che deve valere per tutti i paesi perché la sfida è veramente globale;
- integrare le misure di cambiamento climatico nelle politiche, strategie e pianificazione nazionali;
- migliorare l’istruzione, la sensibilizzazione e la capacità umana e istituzionale per quanto riguarda la mitigazione del cambiamento climatico, l’adattamento, la riduzione dell’impatto e l’allerta tempestiva. In altre parole, migliorare la consapevolezza e cercare di mettere in campo anche azioni di prevenzione;
- rendere effettivo l’impegno assunto dai partiti dei paesi sviluppati verso la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico;
- promuovere meccanismi per aumentare la capacità effettiva di pianificazione e gestione di interventi inerenti al cambiamento climatico nei paesi meno sviluppati, nei piccoli stati insulari in via di sviluppo, con particolare attenzione a donne e giovani e alle comunità locali e marginali.
Dal solito rapporto ISTAT, che citiamo nei vari articoli, “In Italia, fenomeni meteorologici estremi si stanno intensificando anche a causa dei cambiamenti climatici, con eventi a cascata multirischio: frane, alluvioni, incendi boschivi, fenomeni climatici estremi, ondate di calore, deficit idrici, siccità e desertificazione. La fragilità e la cattiva gestione del territorio, la scarsa manutenzione e l’obsolescenza delle infrastrutture aggravano le perdite umane e i danni economici e ambientali. Nel 2018 le anomalie di temperatura media sulla terraferma hanno registrato un incremento pari a 1,71°C in Italia”. E ancora “Il nostro paese è soggetto a disastri di origine sismica e vulcanica che provocano maggiori perdite e danni dove il territorio e le infrastrutture sono più fragili e vulnerabili.”. Le nazioni unite ci presentano uno scenario complessivo suddividendolo in “prima del Covid-19 e “dopo il Covid-19”, dove dopo il Covid-19 l’emissione di gas serra si è ridotta nel 2020 ma ancora non a sufficienza per arrivare a limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. Soltanto 85 paesi hanno adottato strategie nazionali di riduzione dei rischi da disastri, e investimenti in combustibili fossili continuano a essere più elevati degli investimenti in attività legate al cambiamento climatico.
Insomma, ci sembra ci siano ancora ampi margini per fare meglio e continuare ad analizzare questi fenomeni attraverso dati aperti per tutti ci sembra possa essere una strada, se non l’unica, da percorrere con tenacia!
Obiettivo 15 – vita sulla terra e traguardi attesi
L’obiettivo 15 è molto più ampio del precedente e declinato sotto forma di tanti traguardi attesi anche perché abbraccia diversi elementi rilevanti della nostra vita sulla terra: gli ecosistemi e la biodiversità (che si ricollega anche a quanto discusso nel precedente articolo), le foreste, le montagne, la desertificazione, le strategie nazionali di sviluppo sostenibile, chiaramente in linea con i traguardi prima elencati per l’obiettivo 13.
Le mete da raggiungere sono numerose, alcune delle quale riferibili già all’anno passato. In sintesi esse sono:
- garantire la conservazione, il ripristino e l’utilizzo sostenibile degli ecosistemi di acqua dolce terrestri e dell’entroterra nonché dei loro servizi, con particolare attenzione alle foreste, paludi, montagne e zone aride;
- promuovere una gestione sostenibile di tutti i tipi di foreste arrestando la deforestazione, ripristinando le foreste degradate e aumentando ovunque la riforestazione e il rimboschimento;
- combattere la desertificazione, ripristinare le terre degradate, comprese quelle colpite da disastri naturali quali desertificazione, siccità e inondazioni;
- garantire la conservazione degli ecosistemi montuosi, incluse le loro biodiversità;
- intraprendere azioni efficaci ed immediate per ridurre il degrado degli ambienti naturali, arrestare la distruzione della biodiversità anche proteggendo le specie a rischio di estinzione;
- promuovere una distribuzione equa e giusta dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche e promuovere un equo accesso a tali risorse;
- agire per porre fine al bracconaggio e al traffico delle specie protette di flora e fauna e combattere il commercio illegale di specie selvatiche. Il sostegno globale per combattere tali pratiche deve essere rafforzato, incrementando le capacità delle comunità anche locali nell’utilizzo di strumenti di sussistenza sostenibili;
- introdurre misure per prevenire l’introduzione di specie diverse ed invasive nonché ridurre in maniera sostanziale il loro impatto sugli ecosistemi terrestri e acquatici;
- integrare i principi di ecosistema e biodiversità nei progetti nazionali e locali, nei processi di sviluppo e nelle strategie e nei resoconti per la riduzione della povertà;
- mobilitare e incrementare in maniera significativa le risorse economiche da ogni fonte per preservare e usare in maniera sostenibile la biodiversità e gli ecosistemi, per gestire in maniera sostenibile foreste, fornendo incentivi adeguati ai paesi in via di sviluppo.
Anche per questo obiettivo, i vari risultati di monitoraggio sia delle Nazioni Unite sia dell’ISTAT in ambito italiano ci presentano una situazione dove ancora molto deve essere fatto. Colpisce il dato italiano relativo al consumo del suolo “Nonostante il rallentamento degli ultimi anni, connesso alla crisi del settore delle costruzioni, il consumo di suolo continua ad aumentare (circa 48 km2 di nuove superfici asfaltate o cementificate nel corso del 2018). Il 7,6% del territorio è coperto da superfici artificiali impermeabili, ma quasi il 40% presenta un elevato grado di frammentazione, deleterio per la funzionalità ecologica.”. Così come colpisce l’aumento “notevolmente delle violazioni contestate in applicazione della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate (Cites): dai 206 casi del 2016 si passa ai quasi 1.000 del 2018, segnalando una possibile recrudescenza del traffico illecito di specie protette”.
Non sappiamo a quanti lettori questo fosse noto, ma già solo questi studi dell’ISTAT, fatti sulla base di alcuni dati che raccoglie e che rende disponibili come dati aperti, ci possono aiutare quantomeno a essere più informati e a spingere, come cittadini, per fare pressione su alcune organizzazioni affinché certi obiettivi vengano rispettati. È chiaro comunque che di fronte a certi comportamenti non c’è open data che tenga! Tuttavia, la pubblicazione di dati aperti sostenibili, interoperabili e quindi di qualità, utilizzati da un più ampio insieme possibile di persone, può essere sicuramente strumento potente per guidare certe scelte politiche, per stimolare a fare meglio, con impatti importantissimi sulle nostre vite.
Quali dati aperti per i due obiettivi?
Nell’ottica di offrire sempre uno spunto per coloro che detengono dati, proviamo a elencare quelli possibili da aprire, utili per sostenere il raggiungimento degli obiettivi finora discussi.
Alcuni dati potrebbero infatti aiutare a:
- tracciare quante persone sono morte o sono state direttamente coinvolte in disastri naturali (frane, alluvioni, terremoti, incendi boschivi ecc.) oppure lo stato di edifici a seguito di disastri quali terremoti o inondazioni. Questi dati possono contribuire in merito all’indicatore 13.1.1 – “Numero di morti, persone scomparse e persone direttamente colpite attribuite ai disastri per 100.000 abitanti”;
- valutare quanti enti locali hanno adottato opportune strategie e progetti concreti per ridurre rischi derivanti da disastri naturali. Questi dati potrebbero facilitare il monitoraggio dell’indicatore 13.1.3 – “Percentuale di governi locali che adottano e attuano strategie locali di riduzione del rischio di disastri in linea con le strategie nazionali di riduzione del rischio di disastri”;
- tracciare l’andamento delle temperature nel tempo, delle precipitazioni, del vento attraverso la messa a disposizione di dati metereologici, tra l’altro una categoria di alto valore secondo la direttiva Europea sul riutilizzo dell’informazione del settore pubblico. In tal senso anche dati satellitari, come quelli forniti dal programma Copernicus e già ricordati per i dati analizzati nel contesto degli obiettivi 6 e 14, possono essere una fonte molto preziosa. Come nel primo caso, anche questi dati faciliterebbero l’analisi degli indicatori del target 13.1;
- monitorare specifici parametri presenti nell’aria, possibilmente fornendo dati sulla qualità dell’aria che siano uniformi e completi su scala nazionale. Questa tipologia di dati può sicuramente contribuire alla valutazione dell’indicatore 13.2.2 – “Totale di emissioni di gas serra per anno”
- monitorare l’espansione delle foreste nel nostro territorio, mettendo a disposizione dati sulla copertura boschiva. Questa tipologia di dati è particolarmente utile per misurare gli indicatori 15.1.1 – “Aree forestale in rapporto alla superficie terrestre” e 15.2.1 – “Progressi per una gestione sostenibile forestale” ma anche tracciare una direzione rispetto alle azioni relative al cambiamento climatico visto il ruolo strategico in questo delle foreste;
- tracciare le aree protette terrestri, in aggiunta a quelle marine di cui abbiamo già parlato in merito all’obiettivo 14. In questo caso si può pensare ai dati delle aree protette sia in ambito montano che ancora una volta in ambito forestale, importanti per diversi indicatori dell’obiettivo 15 (15.1.2 – “Percentuale di siti importanti per la biodiversità terrestre e d’acqua dolce che sono coperti da aree protette, per tipo di ecosistema”, 15.4.1 – “Copertura da parte di aree protette di siti importanti per la biodiversità di montagna”, 15.4.2 – “Indice delle coperture verdi in montagna”);
- monitorare il degrado del suolo, mediante dati sulla copertura del suolo e sugli interventi per la difesa del suolo (indicatore 15.3.1 – “Superficie degradata in rapporto alla superficie terrestre);
- tracciare le specie in via di estinzione, mettendo a disposizione dati aperti su specie animali, marine e anche aliene (indicatore 15. 5.1 – “Indice Red List”).
In sostanza, ancora una volta dati aperti ambientali e geospaziali giocano un ruolo fondamentale e costituiscono uno strumento prezioso nella definizione di politiche ambientali possibilmente sostenibili.
Diversi dati già aperti si possono trovare sia in Italia sia a livello internazionale. Vale la pena ricordare i dataset disponibili secondo il paradigma linked open data di ISPRA sulla copertura del suolo e sugli interventi per la difesa del suolo, il recente dataset aperto, suddiviso per distribuzione geografica, del Dipartimento di Protezione Civile sugli aggregati strutturali che si legge “potrà costituire una base cartografica comune, sulla quale far convergere tutte le informazioni relative al danneggiamento del patrimonio edilizio; ma potrà anche essere di supporto per la gestione dell’intero percorso di ricostruzione.”. Esistono inoltre alcuni dataset, a supporto di questi obiettivi, presenti nel paniere dinamico dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AGID). Ad esempio il dataset sulla qualità dell’aria che, stando all’ultimo monitoraggio del 2020, è aperto da 14 regioni su 21 (anche se, aggiungiamo, non in maniera così uniforme come si auspicherebbe), il dataset sulle aree a rischio di incendi boschivi e quello sui sensori meteo, aperto nemmeno dalla metà delle regioni italiane, con dubbi anche rispetto all’aggiornamento dei dati stessi, il dataset sulle specie marine aliene, mai aperto.
In ambito internazionale si vuole segnalare la piattaforma open source di dati aperti chiamata Data Africa dove sono presenti infografiche e sorgenti dati su svariati temi incluso il clima. Capita spesso, infatti, che nei paesi in via di sviluppo si trovino più casi d’uso e più piattaforme anche ben fatte come questa su dati aperti e loro impatto. Prendiamo esempio!
Infatti, ancora molto da noi può essere fatto in termini di apertura: per esempio sui dati metereologici si può fare decisamente meglio, avendo anche a disposizione modelli dati per costruire dataset con una semantica comune.
Nel nostro Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), poi, gli interventi per la transizione ecologica, e quindi per costruire una vita sulla terra più sostenibile, sembrerebbero essere tanti. Diciamocelo, ci vorrebbe un Monithon del Piano insieme a un #datiBeneComune che possano da un lato incentivare l’apertura di qualità dei dati e dall’altro monitorare su quei dati l’effettiva implementazione anche in ottica obiettivi SGDs descritti fin qui e che descriveremo nelle prossime tappe.
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