Google a Roma: il diritto all’oblio tra equilibrio e complessità

Google e il dibattuto tema del diritto all’oblio hanno fatto ieri tappa a Roma nell’annunciato incontro voluto dal Comitato Consultivo del colosso di Mountain View per cooscere opinioni e punti di vista sul tema. Secondo incontro di una serie di meeting previsti in tutta Europa fino a dicembre, la giornata romana è ruotata attorno a due concetti chiave: “equilibrio” e “complessità” così come sottolineato da Luciano Floridi, docente di logica ed epistemologia all’Università di Oxford membro del Comitato. Questi due sostantivi si sono infatti rincorsi di panel in panel nella conferenza sul diritto all’oblio svoltasi nella cornice delll’Auditorium Parco della Musica.

Facciamo un passo indietro. Il 13 maggio 2014 la Corte Europea ha sancito la messa in atto del diritto all’oblio all’interno dei paesi che fanno parte della Comunità Europea. In particolare, il testo recita: “il gestore di un motore di ricerca su Internet è responsabile del trattamento effettuato dei dati personali che appaiono su pagine web pubblicate da terzi”. Google deve rimuovere i link e de-indicizzare la pagine (alle quali puntano i link) che gli utenti segnalano come dannosi per la propria reputazione. Fino ad ora sono complessivamente 120.000 le richieste arrivate a Google provenienti da tutta Europa e il dibattito europeo e mondiale non è mai cessato. Ora il Comitato Consultivo di Google sta compiendo il giro dell’Europa, iniziato in Spagna, per interrogare vari esperti in materia dei singoli paesi: alla fine della serie di conferenze organizzate nel vecchio continente, il Comitato redigerà un documento che terrà conto dei temi trattati e dei contenuti espressi nelle diverse sedi allo scopo di mettere un punto fermo sulla posizione di Google in merito. Dovrebbe essere pronto tra dicembre e gennaio, secondo quanto riporta la stampa.

Durante il convegno di ieri diverse e variegate sono state le angolazioni e le prospettive con cui si è dibattuto del tema, lasciando anche intendere il fatto che attualmente coesistono opinioni discordanti anche all’interno del concilio stesso. Le  parole in merito di Eric Schmidt, Presidente di Google, sono state: “siamo stati nominati dall’Europa come decisori, vogliamo rispettare la legge ma abbiamo bisogno di aiuto”. Inoltre ha aggiunto che il Comitato “è qui per ascoltare” le opinioni degli esperti, proprio per comprendere come regolarsi sulla questione.

Molti gli interventi di interesse aperti da Guido Scorza, avvocato, docente universitario e Presidente dell’Istituto per le politiche dell’innovazione, il quale sostiene che la Corte Europea abbia commesso un errore nell’aver attribuito a Google l’onere della rimozione dei link contesi. Sostiene infatti l’avvocato che “la logica del soggetto privato è massimizzare profitti e di certo non amministrare la giustizia”, compito che spetterebbe ad un altro organo preposto: si è fatta confusione tra gli obiettivi dei privati e gli oneri del servizio pubblico. “Senza contare che nel 2014 rimuovere un contenuto dal web equivale a strappare via le pagine da un libro di storia, il soggetto che chiede la rimozione viene tutelato – ha aggiunto – mentre l’autore dell’articolo è totalmente sprovvisto e perde il diritto al contraddittorio“. Per Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale, “la responsabilità del diritto all’oblio dovrebbe essere posta su una istituzione pubblica ufficiale indipendente”.

Massimo Russo, Direttore di Wired Italia, ha sottolineato come l’oblio ponga interrogativi che toccano il concetto del “personaggio pubblico”, della figura pubblica la cui reputazione va salvaguardata. Il problema però è che oggi “un profilo pubblico lo hanno anche albergatori e ristoratori tramite le recensioni che facciamo [su TripAdvisor o altri, ndr], sebbene essi non siano personaggi pubblici. La stessa sharing economy di cui oggi si dibatte molto si basa su non professionisti e i commenti ai servizi [come le persone recensite su BlaBlaCar, ndr] hanno una certa rilevanza pubblica”. Russo sostiene quindi che non è Google a doversi modificare ma, bensì, la cultura: “quello che dovrebbe cambiare in realtà è il comune senso dello scandalo”.  

Sul fronte della natura dei contenuti Lorella Zanardo, attivista e scrittrice italiana, si concentra sul tema dell’educazione giovanile auspicando che i più giovani imparino presto ad “essere in grado di utilizzare bene e con coscienza i propri dati”. Il riferimento della scrittrice è rivolto soprattutto all’uso delle immagini, ai volti e non mancano i rimandi al recente leak delle immagini private di attrici e modelle. Secondo Zanardo “la richiesta di rimozione potrebbe essere lecita sul contenuto visivo”.

Vincenzo Zeno-Zencovich, infine, professore di diritto comparato presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Roma Tre, ha espresso le sue perplessità sul fatto che sia giusto o meno la deindicizzazione delle pagine facendo riferimento alla damnatio memoriae (letteralmente “condanna della memoria”): concetto insito nel diritto romano che indica una pena consistente nella cancellazione della memoria di una persona e nella distruzione di qualsiasi traccia potesse tramandarla ai posteri. Una condanna severissima.

Il dibattito, andato avanti per tre ore, ha offerto interessanti spunti di riflessione ma sono ovviamente tanti i nodi irrisolti della vicenda. Serviranno altre sette conferenze e molti panel privati per comprendere come Google debba davvero muoversi in modo corretto, sostiene Eric Schmidt. Sul finire della giornata però il Presidente e Fondatore di Wikipedia Jimmy Wales, anche lui membro del Council e a più riprese oppositore del diritto all’oblio, rispondendo ad una domanda proveniente dal pubblico sulla trasparenza, afferma la sua contrarietà al diritto all’oblio: “Google ha avuto un record di trasparenza fino ad ora ma questa situazione è delicata, anche dal punto di vista legale. Penso che sia importante che Google ci dia il massimo delle informazioni possibili”.

L’auspicio finale di  Zeno Zencovich è quello di adottare una visione quanto più cosmopolita e pluralista possibile, in cui “la decisione del Comitato consultivo dovrebbe favorire un dialogo transatlantico sul diritto all’oblio. Ci deve essere un dialogo soddisfacente tra Europa e Stati Uniti, bisogna creare un’area di discussione dove mettere insieme i pezzi del mondo”.

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