Alfabeto Open: O come Open Standard

“La comunicazione non è quello che diciamo, bensì quello che arriva agli altri.”
(Thorsten Havener)

Apriti sesamo!”.
La conoscete, vero?
Serve per aprire l’ingresso di una caverna, dove quaranta banditi hanno nascosto un tesoro.

foto openSe però siete informatici analisti, programmatori o system integrator ed avete provato la formula magica creata dalla fiaba di “Alì Babà e i quaranta ladroni” per interfacciarvi ad un sistema tecnologicamente chiuso, avrete notato che non funziona un granché.

Ma anche se siete delle aziende, messe davvero così male con il lock-in tecnologico introdotto dalle vostre precedenti scelte da doversi ormai rivolgere anche alla magia per uscirne fuori, anche voi se l’avete provata avrete dovuto fare i conti con la triste realtà: questa formula davvero non funziona bene.

Pure se siete semplicemente utenti, ricorderete quante volte avete cercato di aprire un documento importate ma il computer non riusciva a leggerlo correttamente… “Apriti sesamo” con voi ha funzionato? No.

Le incompatibilità generate da sistemi o da prodotti software differenti, che trattano e memorizzano l’informazione in maniera segreta (“chiusa”) e privata (“proprietaria”), causano enormi problemi per gli utenti, per le aziende, per i governi …e anche grossi grattacapi agli informatici.

Soprattutto costano moltissimo in termini di creatività, produttività ed efficienza perse, talvolta in investimenti su veri e propri progetti di switching (migrazione) necessari a risolvere il problema del lock-in tecnologico.

C’è quindi un’altra “formula magica” che oggettivamente è meno famosa della precedente, ma che avendo a che fare con le tecnologie è bene conoscere e considerare molto più seriamente.
È la seguente: “Open standard!

Facciamo subito un esempio concreto di Open standard?
Il TCP/IP, su cui si basa praticamente tutto internet e le connessioni fra computer e sistemi, è un protocollo Open standard, ovvero le sue specifiche sono libere e utilizzabili da chiunque: se il TCP/IP non fosse stato uno Standard Aperto, di certo non avremmo internet così come lo conosciamo oggi, così sviluppato, diffuso e funzionale. Capito bene la portata della cosa?

Uno Standard aperto è molto più di una specifica.

Per capire insieme gli effetti di questa “formula magica”, come l’abbiamo scherzosamente apostrofata, possiamo pensare ad un concetto che ne è la diretta conseguenza: l’interoperabilità del software e dei sistemi (vedi schema seguente).open

Possiamo quindi figurare gli Open standard anche come un insieme di regole che consentono al software ed ai sistemi tecnologici di interagire attraverso protocolli aperti (interoperabilità) e consentono al software ed agli archivi lo scambio di dati attraverso formati di dati e di documenti aperti.

Il “trucco” è tutto qui: dobbiamo conoscere come i sistemi si parlano e come i dati vengono memorizzati o diventano documenti.

Possono essere implementati sia in soluzioni open source (implementazione tipica) che in soluzioni closed (proprietarie, caso più raro), fornendo così un ambiente che è agnostico e plurale per quanto riguarda la tecnologia, i fornitori e gli accordi commerciali.

Un formato o protocollo è uno Standard aperto se soddisfa delle regole. Vediamone solo alcune fra le principali (vedi mappa finale).

E’ Standard aperto se:

  • è oggetto di valutazione pubblica completa e sono pubblicamente disponibili le specifiche con cui è stato progettato
  • non trattiene alcun dettaglio necessario alla realizzazione dell’interoperabilità (nessuna segretezza)
  • è utilizzabile senza vincoli ed è equamente disponibile a tutti, in qualsiasi modello di business.

Ma con tutte queste regole, quali sono invece i benefici degli Standard aperti?

In estrema sintesi, permettono di condividere tutti i tipi di dati liberamente e con perfetta fedeltà, senza incompatibilità tra sistemi, prodotti software o documenti.

Un sogno? No, realtà! Basta solo progettare, implementare o acquistare sistemi e software che rispettino il più possibile gli Standard aperti.

Esaminiamo altri benefici:

  • se siete utenti, avere ad esempio l’opportunità di aprire documenti con il software che preferite, open source o proprietario che sia, in quanto il rispetto del formato aperto elimina le incompatibilità e favorisce lo scambio di documenti senza problemi
  • se siete un’azienda, avere garanzie contro il lock-in e le altre barriere artificiali all’interoperabilità dei sistemi, garantendo maggiore salvaguardia degli investimenti ICT (e non solo)
  • se siete informatici, ottenere sistemi e prodotti software di alto livello per l’innovazione, grazie anche alla system integration che consente di interfacciarsi ad altri sistemi potenziando i vantaggi
  • se siete Pubblica Amministrazione, erogare servizi più competitivi e più efficienti, grazie anche all’interoperabilità di dati e sistemi
  • se siete imprenditori che lavorano nella ICT, oppure per l’economia di mercato nazionale e locale, usufruire positivamente di una libera concorrenza e di nuove opportunità date da dai modelli di business open basate su servizi ed innovazione.

Ecco perché gli Standard aperti sono importanti.

Non è un caso, infatti, che l’Inghilterra abbia emanato i suoi “Open Standards principles” (aggiornati l’11 settembre 2015), che esprimono le regole e le strategie nazionali proprio sugli Standard aperti, nei quali tra le altre cose viene imposto di adottare il formato aperto ODF usato da LibreOffice piuttosto che il formato OOXML (il DOCX di Microsoft, figuriamoci un formato chiuso come il DOC).

Non è un caso che le Pubbliche Amministrazioni italiane, in coerenza con quanto già avviene nei paesi della Comunità europea, nella scelta dei formati da usare per la diffusione e archiviazione dei propri dati e documenti debbano (o, purtroppo, per meglio dire dovrebbero):

  • evitare di imporre vincoli tecnologici ed economici agli utenti
  • assicurare interoperabilità tra i sistemi e flessibilità nell’utilizzo dei dati
  • evitare vincoli nei confronti di particolari produttori, favorendo la libera concorrenza di mercato
  • utilizzare standard che siano certificati e diffusi.

Non è nemmeno un caso che persone di tutto il mondo ogni anno organizzino il Document Freedom Day (DFD), la giornata internazionale per celebrare e far conoscere in ogni dove gli Standard Aperti e la libertà di accesso all’informazione.

Ora che ricordo, però, devo ammettere che nella favola di Aladino c’era pure un’altra formula magica: era “Chiuditi sesamo!” … E no eh!

SESAMO!! Rimani pure aperto, ormai è chiaro a tutti (spero) che sia meglio così.

OpenStandard

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