Data-driven business in otto passi 5: corretta interrogazione

Riassunto delle puntate precedenti: abbiamo parlato di come identificare, raccogliere, validare e governare i dati. Tutto molto interessante, certo, ma questo ci garantisce soltanto che un’azienda abbia un corretto strumento di analisi della realtà. Come usarlo, quello dipende da lei.

Se già con le questioni di governo il fattore umano aveva acquisito una grande importanza, da adesso in poi è assolutamente determinante. Il che significa una fra queste due alternative:

  1. che gli informatici devono essere all’altezza del nuovo ruolo che gli deriva dall’evoluzione data-driven delle pratiche di business
  2. che finirà tutto in lacrime.

Perché interrogare i dati è un problema?

Per prima cosa perché, come si dice, torturateli abbastanza a lungo e i dati vi diranno ciò che volete. E se avete esperienza di vita aziendale sapete benissimo che, di fronte ai dati, nessuno è così matto da volere una risposta, no: tutti vogliono la loro risposta.

Prendete l’esempio classico delle elezioni politiche:

  • il partito A dichiarerà afferma di crescere rispetto al proprio risultato delle precedenti elezioni Politiche anche se si svolsero con una legge elettorale diversa
  • il partito B afferma di crescere rispetto alle ultime Europee
  • il partito C saluta con gioia una crescita rispetto al calo atteso dopo le ultime Comunali.

Sostituite a Partito A, B, C i nomi delle vostre funzioni aziendali e avrete un’idea chiara di cosa potrebbe succedere. Ma il data-driven serve proprio per abbandonare una gestione aziendale fumosa, fondata sugli equilibri di potere e abbracciarne un’altra, trasparente e fondata su dati oggettivi condivisi.

Esiste anche un altro motivo, dalle profonde conseguenze filosofiche, ed è che il problema non viene mai dalla risposta, ma dalla domanda:

D’accordo – disse Pensiero Profondo. – La Risposta alla Grande Domanda… sulla Vita, l’Universo e Tutto… – disse Pensiero Profondo.

– Sì…?

– È… – disse Pensiero Profondo, e fece una pausa.

– Quarantadue – disse Pensiero Profondo, con infinita calma e solennità.

Passò molto tempo prima che qualcuno parlasse.

Con la coda dell’occhio Phouchg vedeva giù in piazza la marea di facce in ansiosa attesa. – Saremo linciati, vero? – sussurrò.

– È stato un duro compito – disse pacato Pensiero Profondo.

– Quarantadue! – urlò Loonquawl. – È tutto quello che hai da dirci dopo sette milioni e mezzo di anni di lavoro?

– Ho controllato con grande minuziosità – disse il computer – e questa è la risposta veramente definitiva. Credo che, se devo essere franco, il problema stia nel fatto che voi non avete mai realmente saputo quale fosse la domanda.

– Ma era la Grande Domanda! La Domanda Fondamentale sulla Vita, l’Universo e Tutto! – urlò Loonquawl.

– Sì – disse Pensiero Profondo col tono di voce di uno che sopporti a cuor leggero gli sciocchi – ma qual era in definitiva questa domanda?

Un silenzio pieno di sgomento calò sui due uomini, che, dopo avere fissato sbalorditi il computer, si guardarono tra loro.

– Be’, insomma, la domanda è semplicemente Tutto… Tutto… – disse Phouchg, prostrato.

– Esattamente! – disse Pensiero Profondo. – Per questo è necessario che scegliate in mezzo al tutto qual è in realtà la domanda: solo così potrete capire cosa significa la risposta.

(da D. Adams, “Guida galattica per autostoppisti“, Mondadori 1980)

E pensate pure che io stia scherzando, se vi fa sentire meglio.

Chi deve interrogare i dati?

Esistono due modi per interrogare i dati:

  1. chiedere per sapere
  2. chiedere per avere conferma.

Nella privacy del proprio ufficio, quasi tutti scelgono il primo modo. Ma quando si tratta di discutere con altri, è il secondo modo a farla da padrone, il che spiega perché il governo dei dati ha un’importanza cruciale.

Nessun dirigente vuole veramente sapere cosa dicono i dati, a meno che i dati non dicano quello che vuole sentirsi dire.

Questo significa che non non si può accontentarsi di avere delle risposte, ma occorre prima lavorare sulle domande da fare, per essere sicuri di chiedere davvero ciò che serve all’azienda.

L’esempio delle elezioni spiega chiaramente perchè domande e risposte non possono venire separate: c’è sempre modo di avere la risposta giusta.

Così come non si possono separare domande e risposte, l’azienda non può nemmeno permettere che ciascuna funzione gestisca le interrogazioni dei dati in autonomia (ossia in conflitto di interessi). Come abbiamo già detto, in azienda nessuno può dire “i miei dati”: i dati non sono nemmeno dell’Amministratore Delegato, sono dell’azienda. Quindi le analisi dei dati devono prevedere il contributo di tutti gli interessati, ma devono essere affidate a chi non ha interesse a favorire una particolare interpretazione.

L’analisi dei dati deve essere affidata a un gruppo di lavoro interfunzionale dove l’IT, cui è affidato il governo dei dati, è un primus inter pares.

Certo, per questo occorre avere un IT capace di parlare il linguaggio dell’azienda, ma se nella vostra azienda l’IT è ancora solo un supporto tecnico, il data-driven è l’ultimo dei vostri problemi; vi vedo e vi piango.

Come è fatta una buona interrogazione ai dati?

L’atteggiamento corretto da tenere verso i dati non è diverso da quello con il quale gli antichi interrogavano l’oracolo di un qualche dio: sperare in bene, ma essere preparati al peggio.

I dati non sono lì per consolarci o per rafforzare le nostre convinzioni. I dati (sempre che la loro gestione abbia impeccabilmente rispettato tutto quello che ci siamo detti) sono lì per permetterci un esame di realtà. E la realtà non si conforma sempre alle nostre aspettative.

Una buona interrogazione deve essere: genuina (cerca risposte, non conferme, e mira a fare emergere criticità); puntuale (cerca risposte precise e particolari, non vaghe e generali); operativa (cerca risposte per decidere, non per avviare una discussione).

Action Items

  1. Creare un gruppo interfunzionale per la Business Intelligence
  2. affidare il governo dei dati all’IT
  3. elaborare un piano interfunzionale condiviso di interrogazione dei dati: ogni funzione sappia cosa viene misurato e a quale scopo
  4. standardizzare le interrogazioni per avere risposte o KPI confrontabili
  5. assicurarsi che le interrogazioni siano genuine, puntuali e operative.

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