Data-driven business in otto passi 4: corretto governo

Nel nostro percorso verso una gestione data-driven finora abbiamo Identificato, Raccolto, e Validato questi benedetti dati. Tutti ovviamente continuano a vederci come Creatori di Problemi perché, come ci ricorda sempre Cacioppi del Marketing, “sarebbe così facile, guarda il mio Excel!”

Ma noi non molliamo. Perché ora e qui, come direbbe il Bardo, sta l’intoppo.

Benvenuti al quarto passo: il Governo dei dati o quanto meno l’eroico tentativo. Qui ci occupiamo di una questione capace di far tremare le vene e i polsi a più di un prode: a chi appartengono i dati?

Uhmm no, vedo già la fila, direi che la proprietà non è il taglio giusto da dare alla questione. Riproviamo:

chi risponde in prima persona:

  1. di come i dati vengono raccolti dalle varie fonti
  2. di come vengono immagazzinati in sicurezza, backuppati, aggiornati
  3. di come i dati vengono trasformati in informazioni agibili a
  4. di come vengono condivisi e
  5. di come vengono resi accessibili dovunque e in qualunque forma siano necessari a chiunque possa dimostrare di averne diritto
  6. di come vengono elaborati e
  7. di come la loro integrità e sopravvivenza viene garantita durante tutto il processo?

Ecco, vedo già molti meno pretendenti. Bene. Cioè male, ma bene.

In vent’anni e passa, quando si tratta di dati aziendali ho visto cose che voi umani…

  • ogni capo funzione con il “proprio database” sul portatile (normalmente in Excel, in casi estremi in Access) senza nessun repository centralizzato
  • estrazioni manuali dall’ERP dei dati relativi a una singola funzione, maneggiamenti vari in Excel, e successivo reinserimento dei dati nell’ERP; altrimenti noto come “l’integrità de tu’ sorella”
  • raccolta e trattamento di dati nell’ERP ma anche, indipendentemente, da parte del capo funzione che in seguito parlerà esclusivamente sulla base dei “propri” dati
  • capi funzione che manipolano i dati grezzi di processo
  • dati di processo mancanti inseriti a mano.

Di chi sono i dati?

Diciamocelo senza mezzi termini: in un’azienda nessuno può dire “i miei” dati.

Nemmeno l’Amministratore Delegato. I dati appartengono all’azienda.

(La Legge sulla Privacy, aziendalmente parlando, è la legge sulla governance dei dati, ma questo è un discorso che faremo un’altra volta).

Da qui il problema del loro governo. Qualcuno deve rispondere in prima persona dei dati e della loro integrità, indipendentemente da quanto vengono trattati o acceduti. E in ogni caso nemmeno questo qualcuno possiede i dati più di quanto li possieda l’ultimo stagista. Inoltre, questo qualcuno deve garantire una pronta accessibilità dei dati, e molto probabilmente deve mantenere una squadra di esperti che aiutino i diversi capi funzione a capire cosa dicono i dati _per ciascuno di loro_. Questo qualcuno è il Chief Data Officer (e per ora ci facciamo piacere il nome perché non ne abbiamo di migliori).

Se volete la mia opinione, l’IT sarebbe il candidato ideale. Se l’IT facesse davvero il suo lavoro.

In effetti in alcune (poche) aziende fortunate, l’IT lo fa; d’altra parte, cos’altro potrebbe fare? Potrebbe fare quello che fa nella maggior parte delle aziende: si prende cura dell’hardware e del software invece che del business. In queste altre aziende, ogni funzione si fa le sue cose con i dati e l’elaborazione di strategie si riduce a una competizione di retorica e politica.

Ho scritto fin troppo di questa sindrome da “IT autistico” e non voglio certo ripetermi, tranne che per una conclusione ovvia: l’IT garantisce un effettivo governo dei dati aziendali o, per usare il linguaggio delle HR, verrà “lasciato andare con riluttanza” alla prima occasione utile.

Se nel 2016 l’IT vede come proprio ruolo accudire la tecnologia, l’esternalizzazione è vicina è inevitabile.

Action Items

Governo dei dati non significa semplicemente chiudere i dati in qualche database e montare la guardia, un lavoro che tutto sommato l’IT tradizionale farebbe benissimo e con grande entusiasmo. In un business data-driven, **governo dei dati significa:**

  1. occuparsi dell’intero ciclo di vita dei dati (sicurezza, integrità, sopravvivenza)
  2. garantire un’interfacciabilità semplice e veloce
  3. definire un protocollo per la produzione e la diffusione di report periodici personalizzati
  4. raccogliere feedback continui dalle funzioni aziendali
  5. migliorare in modo proattivo i report periodici
  6. far crescere in azienda la consapevolezza dei dati e le capacità di lavorare con i dati
  7. investigare proattivamente i dati per scoprire opportunità e potenziali rischi
  8. essere il traduttore ufficiale fra i dati e il business
  9. raccogliere  e formare risorse interne da fornire su richiesta per analisi ad hoc
  10. aiutare le funzioni a formalizzare e automatizzare i processi decisionali; anche qui, con un processo di miglioramento continuo.

Anche il miglior Data Officer non può fare tutto questo da solo: il mandato e l’appoggio dell’Amministratore Delegato devono essere forti e inequivocabili in ogni momento.

L’azienda data-driven di domani sarà molto diversa da quella che conosciamo. Con il tempo, tutto ciò che può essere deciso in via algoritmica lo sarà. I semplici tempi di reazione al mercato imporranno questa scelta a chi non la prenderà spontaneamente.

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