Fuggetta: “Ministro o sottosegretario, servono competenza e responsabilità politica”

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Alfonso Fuggetta è docente, membro della Cabina di regia di Francesco Caio, nonchè amministratore delegato di CEFRIEL.

Ministero ad hoc o sottosegretariato per l’innovazione in vista del nuovo Governo? Sul tema si sono già espressi il Direttore Stefano Epifani, Ernesto Belisario, Paolo Coppola e Stefano Quintarelli. Stavolta la parola passa ad Alfonso Fuggetta, docente, membro della Cabina di regia di Francesco Caio, nonchè amministratore delegato di CEFRIEL.

Che ne pensi di un eventuale Ministero sul Digitale?

L’amico On. Paolo Coppola scriveva che mettere in piedi un ministero richiede tempo e quindi è meglio avere un sottosegretario che possa operare da subito. Se ricordo bene, il Ministero di Stanca entrò in funzione abbastanza rapidamente. In ogni caso, da un punto di vista tecnico-istituzionale non so se sia meglio un Ministro o un Sottosegretario. Non è una mia competenza e quindi lascio il tema agli esperti della materia.

Ciò che mi interessa molto di più è affrontare questo tema da un punto di vista sostanziale. Credo sia essenziale avere una forte responsabilità politica che guidi e indirizzi l’intera “macchina” che si dovrà occupare del digitale e dell’innovazione in generale. Credo debba essere in stretto contatto con il Presidente del Consiglio e avere il suo pieno supporto. Aspetto cruciale è che la persona che guiderà questo processo sia competente (sul serio e non a parole), che abbia avuto esperienze nell’interazione con la macchina pubblica da un lato e con le imprese dall’altro, e che sia credibile e autorevole. Altrimenti, sarà un’altra corsa in salita.

Quali le competenze?

Ne ha parlato anche il Direttore di TechEconomy Stefano Epifani in un articolo di qualche tempo fa. Commentai quell’articolo arricchendo il ragionamento sulla questione competenze che è vitale. Credo sia importante che sappia “fare” e non solo “parlare”. Sono idee che, come sai, ormai ci scambiamo da tempo.

Cos’è stato fatto di buono dai precedenti governi?

Posso dire che Francesco Caio, in un tempo tutto sommato molto breve per i ritmi della politica italiana (stiamo parlando nella sostanza di 3-4 mesi), ha fatto ripartire e anzi accelerare alcuni progetti chiave (anagrafe, identità e fatturazione). Ma soprattutto ha creato le condizioni per definire una governance forte e capace di imprimere una svolta e una discontinuità nel funzionamento della “macchina dell’innovazione”.

1. Completamento e avvio della governance.
2. Sviluppo di un metodo di lavoro concertato e coerente tra tutti gli stakeholder coinvolti nei diversi progetti.
3. Impostazione di un modello architetturale e funzionale di riferimento per le amministrazioni. Ci abbiamo lavorato molto e credo che i risultati avranno un impatto forte e concreto nel medio periodo.

E cosa di sbagliato?

In questi anni si è parlato troppo, facendo un sacco di promesse e dichiarazioni di intenti, senza saper poi tradurre in pratica quanto enunciato. Si è dato retta e voce a chi “parla” di innovazione e molto meno a chi “la fa”. Sono state trascurate le competenze e le progettualità necessarie per concretizzare queste promesse. Si è confuso autonomia amministrativa con anarchia realizzativa, frantumazione caotica degli interventi e mancanza di una visione unitaria e di sistema. Si è assunto che l’ICT fosse una commodity e come tale se ne è gestito (sciaguratamente) il procurement. Non si è capito che il focus principale sono i cittadini e le imprese, i loro bisogni e i servizi che di conseguenza devono essere realizzati: è questo il punto di partenza per progettare processi innovativi e, conseguentemente, i sistemi informatici e le infrastrutture di supporto necessarie. Non si sono fatte delle scelte né indicate priorità, facendo poco di tutto. In generale, si sono enunciate idee spesso confuse, parziali e incoerenti tra loro, e non siamo stati capaci (come Paese intendo) di mettere in campo una “macchina” che fosse in grado di tradurre quelle idee in realizzazioni concrete e sistematiche. In altre parole, troppo spesso, si è pensato più ad apparire che a fare.

Quali le priorità per il Paese?

In parte le ho citate in precedenza. Credo sia vitale rafforzare, istituzionalizzare e riavviare con decisione quanto impostato da Francesco Caio. Vanno poi in modo similare istruiti e avviati altri filoni di lavoro importanti e che al momento sono stati toccati in modo solo parziale dalla struttura di missione (penso per esempio all’innovazione digitale diffusa nelle imprese).

È tempo di accelerare in modo forte e deciso, perché non possiamo permetterci alcun ritardo. Le parole chiave devono essere sistematicità di visione e degli interventi, competenze forti e governance efficace del processo.

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