#AskACop: quando nemmeno la CNN impara la lezione

#ThankAPoliceOfficerDay, #WeCantBreathe e, prima ancora #MyNYPD: mentre negli Stati Uniti prosegue la protesta contro la brutalità della polizia nei confronti dei cittadini afroamericani, sui social media continuano a verificarsi a un ritmo impressionante veri e propri “incidenti” comunicativi che, nati con l’intento di fare da contraltare alla protesta nei confronti delle forze dell’ordine, finiscono soltanto per peggiorare la situazione.

E a finire in questa trappola non sono soltanto i “meno esperti”, come poteva esserlo l’agente che, qualche giorno fa, ha creato l’hashtag #WeCanBreathe per far sapere che i poliziotti di Indianapolis non picchiano nessuno e non sparano a caso contro la gente. A cascarci, questa volta, è stata nientemeno che la CNN. Martedì scorso, il colosso delle televisioni all news ha mandato in onda uno speciale dal titolo Cops Under Fire (Poliziotti sotto tiro): una sorta di tavola rotonda a cui hanno partecipato cinque agenti di polizia che, nel corso del proprio periodo di servizio, si sono trovati in situazioni tali da richiedere l’uso della forza contro dei privati cittadini.

Fino a qui non ci sarebbe nulla di strano: il classico programma che tratta un tema molto caldo in modo controverso, ovvero dando voce a coloro che in quel momento sono al centro delle polemiche e dello scandalo. A quanto pare, però, CNN ha voluto tirare troppo la corda, visto che ha pensato bene di dare voce anche al proprio pubblico, invitandolo esplicitamente a intervenire nella discussione.

Come? Con un metodo collaudatissimo – soprattutto per i fail: quello del Q&A su Twitter.

Senza stare a girarci troppo intorno, CNN ha lanciato il programma con un tweet e un hashtag, invitando gli spettatori a porgere via Twitter le domande che avrebbero voluto fare ai poliziotti presenti nello studio:

CNN

Incredibile ma vero: nel bel mezzo della bufera, e con tutti quei precedenti cui probabilmente la stessa CNN ha dedicato un articolo, il responsabile del programma non trova di meglio da fare che chiedere ai telespettatori (anzi no, a tutto Twitter) di “fare delle domande ai poliziotti”. Quegli stessi poliziotti che da settimane sono sotto accusa per aver ucciso Michael Brown, Eric Garner, Trayvon Martin e tutti gli altri.

Com’è andata a finire? Esattamente come quella volta che British Gas organizzò una sessione di Domande&Risposte su Twitter il giorno dopo aver annunciato un rincaro dei prezzi del riscaldamento. E anche come quell’altra volta, quando gli organizzatori di Expo Milano ricorsero al Q&A per illustrare le opportunità di lavoro volontario all’indomani dello scandalo giudiziario che portò all’azzeramento dei vertici di Expo 2015.

Così, non appena lanciato l’hashtag #AskACop (#ChiediAUnPoliziotto), sono cominciati a fioccare tweet sarcastici e arrabbiati di utenti esasperati dalle violenze perpetrate dai poliziotti sugli afroamericani.

Ed è finita così:

CNN2

[“Pop Quiz: queste sono pistole? #AskACop” – “#AskACop Ho una domanda di matematica: se un uomo di colore ha zero pistole, zero coltelli e due mani quante pallottole ci vogliono per disarmarlo?” Fonte: Mashable]

E ancora:

 CNN3

[“#AskACop è nelle tendenze nazionali. Grazie per aver risposto alla nostra chiamata” – “@CNNTonight Mi sa che non è nelle tendenze nel modo in cui voi speravate” – “Perché è così difficile identificare correttamente oggetti inanimati come panini, telefoni cellullari e portafogli quando questi sono in mani nere? #AskACop” – “Quando Dunkin’Donuts vi dà per sbaglio un caffè nero sentite il bisogno di sparare anche a quello? #AskACop”]

E c’è chi, naturalmente, fa notare come #AskACop non sia stata esattamente una genialata:

CNN4

[“@CNN la vostra campagna #AskACop è una pessima idea. Queste cose non finiscono mai bene… Vi ricordate cosa era successo a NYPD? #Fail” – “Il NYPD non aveva fatto una cosa simile ad #AskACop? Bisogna guardare la Storia, bambini” Fonte: Salon e Mashable] 

Vero. Risulta molto difficile concedere il beneficio del dubbio a CNN, che non può non aver pensato che una campagna come #AskACop avrebbe sicuramente attirato lo scherno degli utenti, pronti a impadronirsi dell’hashtag per trasformarlo in un nuovo megafono della propria protesta contro la polizia.

Viene anche da pensare che, forse, CNN potrebbe averlo fatto apposta, nel tentativo di conquistare per il proprio programma una fetta un po’ più grande di pubblico. Il prezzo da pagare però è stato piuttosto alto: la percezione, da parte di quello stesso pubblico, che perfino la grande CNN si sia fatta “fregare” da un hashtag diventato un boomerang. Con #AskACop CNN ha dato l’impressione di non avere poi un’idea così precisa di come funzionino le cose sui social media né, cosa ancora più grave, di non fare tesoro delle esperienze di quanti, prima di loro, hanno inciampato nel medesimo errore.

Le battute sarcastiche che gli utenti hanno inviato su #AskACop sono le stesse che tutti avremmo borbottato stancamente davanti alla televisione, con la differenza che – in questo caso – qualcuno ci ha esplicitamente invitato a esprimerle con un tweet. Se l’obiettivo di CNN era quello di offrire ai poliziotti un palcoscenico autorevole per esporre le proprie ragioni, #AskACop ha sabotato questo intento: nel momento esatto in cui gli utenti “la buttano in caciara”, sono essi stessi a conquistare l’attenzione, trovando un nuovo canale per diffondere la propria protesta.

Lesson Learned: Se lanci una conversazione sui social media devi essere sicuro di poterla gestire fino in fondo, in ogni suo dettaglio. Se il tuo pubblico ti dimostra di saper padroneggiare una conversazione meglio di te… forse ha sbagliato qualcosa.

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