Un anno di #Epicfail

Il 2012 è ormai archiviato, ma gli #Epicfail non si dimenticano: ecco la Top 10 degli scivoloni più clamorosi commessi dai brand in un lungo anno di “comunicazioni spericolate” sul Web.

1. McDonald’s e la campagna #McDstories che gli si ritorce contro

Gennaio.McDonald’s lancia un hashtag aspettandosi di ricevere i complimenti da parte dei follower più affezionati, invece l’hashtag diventa un collettore di “storie trucide” raccontate dagli haters di McDonald’s: si parte da quello che ha trovato un dito in un panino fino a quello che è “quasi morto” per i troppi trigliceridi ingeriti. McDonald’s ha cercato di stimolare l’engagement dei propri follower su Twitter, ma il tentativo è diventato un boomerang. Il caso ha fatto scuola: purtroppo molti altri brand hanno seguito la stessa strategia e hanno raccolto i frutti dello stesso epicfail.

LESSON LEARNED – Se si lancia un hashtag troppo vago, non si può mai sapere che piega prenderà la nostra comunicazione.

2. Il ministero dell’istruzione, l’inglese, la pecorina

Febbraio.Il MIUR pubblica online un bando di ricerca sulla filiera di produzione del pecorino toscano. Il bando viene poi tradotto in inglese e il titolo diventa “From sheep to doggy style” (“Dalla pecora alla pecorina”), suscitando lo sconcerto e l’ilarità di tutto il Web. E anche dei quotidiani.

LESSON LEARNED – Non buttate mai online le cose finché non siete sicuri che siano a prova d’errore.

3. Reuters vs. Goria. Ovvero: l’arte del retweet

Febbraio.I signori di Reuters si arrabbiano per la tempestività con cui Goria retwitta i lanci dell’agenzia, e gli intimano di sospendere ogni cinguettio di notizie dalla propria fonte, pena l’avvio di azioni legali nei suoi confronti. Goria, sarebbe quindi “troppo bravo” a fare quello che fa, ma pretesa di Reuters è priva di fondamento: il giornalista ha sempre citato la fonte e non ha mai violato le regole del retweet. E infatti, poco dopo, arrivano le scuse.

LESSON LEARNED – Sul Web anche un pesce piccolo più dar fastidio al pesce grande. Il pesce grande, però, dovrebbe avere il buon gusto di non fingere di non conoscere le regole del gioco.

4. Massimo Boldi, gli insulti e il TT #BoldiCapra

Aprile.Cipollino e un utente hanno un acceso scambio di opinioni sul Grande Fratello. Boldi gli dà del “caprone sfigato” sulla pubblica piazza e lo scambio di battute attira l’attenzione degli altri utenti. È bagarre: immediatamente Boldi viene ripagato con la stessa moneta e il medesimo insulto e #BoldiCapra diventa Trending Topic.

LESSON LEARNED – Undicesimo comandamento: il Web è uno spazio pubblico: non fare online ciò che non faresti nemmeno offline.

5. Groupalia, il #terremoto su Twitter e Santo Domingo

Maggio.Durante le concitate ore del terremoto in Emilia, a Groupalia viene in mente di twittare: “Paura del #terremoto? Molliamo tutto e scappiamo a Santo Domingo!” Gli utenti non la prendono per niente bene e in capo a qualche minuto tutti cominciano a twittare invettive contro Groupalia (E non solo: curiosamente è stata un’epidemia: anche Prenotable e Brux Sport hanno pubblicato tweet dello stesso tenore). Dopo qualche ora i vertici delle varie aziende si sono fatti vivi con i rispettivi comunicati stampa, per chiedere scusa scaricando ogni colpa sulle spalle “del team social media superficiale e inesperto”.

LESSON LEARNED – Quando succede il pasticcio sui social media, dare la colpa al team “inesperto e superficiale” non è una giustificazione accettabile: dietro a un gruppo mal preparato c’è un’azienda che non ha investito nella formazione dei suoi collaboratori. In ogni caso, a comunicare è il brand, non il suo collaboratore.

 6. Chiarelettere e i tweet programmati durante il weekend

Maggio.L’Italia affronta un weekend complicato: un sabato mattina una bomba esplode davanti a una scuola di Brindisi, uccidendo una ragazza, e all’alba del giorno dopo due violente scosse di terremoto scuotono l’Emilia. Domenica mattina, sull’account di Chiarelettere spunta un tweet che augura a tutti una buona domenica: un tweet che, evidentemente, era stato programmato giorni prima. Ci vorranno ore prima di veder comparire un tweet adatto alle circostanze e pubblicato “da umano”.

LESSON LEARNED – Attenzione a simulare la presenza sul social media quando, in realtà, dall’altra parte dello schermo non c’è nessuno a vigilare sull’evoluzione delle discussioni.

7. Trenitalia si fa social: ma con #meetFS di social ci sono solo gli insulti

Giugno.Trenitalia decide di darsi una svecchiata e di aprirsi ai suoi clienti: così invita un gruppo di influencer a visitare le stanze dei bottoni e lancia un hashtag dedicato. Peccato che anni di frustrazioni dei pendolari siano più potenti degli influencer: #meetFS si reinventa come sfogatoio di un esercito viaggiatori imbufaliti e Trenitalia diventa una vittima illustre dell’engagement-boomerang. Esattamente come successo a McDonald’s soltanto qualche mese prima.

LESSON LEARNED – Pensare di ricevere apprezzamenti quando si è al corrente della propria cattiva reputazione è una sfida persa in partenza.

8. Gianni Alemanno e il tifo da stadio su Twitter

Giugno. Germania-Italia, semifinale degli Europei di Calcio. Tre quarti della popolazione italica sta guardando la partita, l’altro quarto la commenta su Twitter. A commentare c’è anche il sindaco Alemanno, ma qualcuno non gradisce le sue esternazioni di giubilo, soprattutto quando il primo cittadino di Roma si fa scappare qualche commento un po’ sopra le righe (leggi: ha dato del demente a chi non voleva il maxschermo in piazza). Segue un siparietto dove non si capisce più se a Twittare è Alemanno in persona o il suo staff. Volano insulti, minacce di account bannati, frasi farneticanti. L’Italia però vince 2-1.

LESSON LEARNED – Nel momento in cui un politico sbarca su Twitter o Facebook ha già accorciato le distanze con i cittadini: è in mezzo a loro, non di fronte a loro. I gesti inconsulti non sono ammessi, neanche dopo una doppietta di Balotelli.

9. Beppe Grillo, il comico incompreso dai suoi stessi fan

Settembre.Per provocare un po’ i giornalisti, il leader del Movimento 5 Stelle confeziona una finta prima pagina del Corriere della Sera, in cui si parla di una (inesistente) intervista a un compagno di classe di Grillo, che rivela tutti i “vizietti” di Beppe scolaretto, tra cui la pessima abitudine di suonare il campanello di ignari cittadini e poi scappare via. Peccato solo che Grillo e il suo staff abbiano un tantino sopravvalutato la capacità critica dei propri elettori: la finta copertina, infatti, è stata tragicamente presa per vera. E ci è voluto un bel po’ prima di riportare alla ragione l’orda di sostenitori di Grillo, che hanno fatto subito quadrato attorno al proprio leader.

LESSON LEARNED – Mai dare per scontato che i nostri seguaci (utenti, clienti, elettori o fan che siano) capiscano la nostra ironia. 

10. Gasparri e #poernano: quando i follower degli altri sembrano sempre troppo pochi

Ottobre/Novembre.Prima l’ex ministro Maurizio Gasparri, poi la giornalista del Sole 24 ore Rosanna Santonocito: a distanza di poche settimane l’uno dall’altra entrambi cadono nella tentazione di rinfacciare a un utente di Twitter che “hai pochi follower e quindi non sei nessuno per potermi giudicare”. I due hanno scoperto a proprie spese quanto il numero dei follower non sia un’unità di misura affidabile per prevedere l’effetto esplosivo di un tweet, in grado di generare un effetto-valanga.

LESSON LEARNED- Essere popolari e seguiti non è un requisito di base per fare “il botto”, a condizione di avere qualcosa di interessante da dire. Essere relativamente poco in vista non ci mette al riparo da un epicfail ma, quando succede, chiedere scusa non è proibito.

BONUS FAIL. Quando l’epicfail è un epicwin: il caso Shell

Luglio.La sera del 17 luglio su Twitter si mangiavano popcorn davanti al clamoroso scivolone di Shell, che con la sua campagna Arctic Ready pareva essersi conquistata il podio degli epicfail più spettacolari della storia dei social media. Il sito della campagna sembrava essere stato preso d’assalto da un gruppo di utenti preoccupati per le sorti degli orsi polari e invece… e invece era tutto falso: una colossale e perfettamente riuscita contro-campagna escogitata da Greenpeace per mettere in guardia gli utenti sui rischi ambientali delle trivellazioni petrolifere nel Mare Artico. E il caso è finito in prima pagina.

LESSON LEARNED: C’è sempre da imparare dagli errori altrui e riprodurli in modo controllato può essere un’ottima strategia comunicativa (specialmente se ti chiami Greenpeace!).

Facebook Comments

1 COMMENT

  1. Nasce nel 1984 e vede per la prima volta una pagina web sul finire degli anni Novanta: ci rimane male perché si immaginava chissà cosa. Poi vennero i blog, YouTube e i social network, e nel 2009 una tesi sulla costruzione della reputazione in Rete la porta alla laurea in Scienze della Comunicazione. Per un certo periodo si è occupata di Media Education in quel di Bruxelles, poi è tornata a Milano ed è diventata web editor.Nasce nel 1984 e vede per la prima volta una pagina web sul finire degli anni Novanta: ci rimane male perché si immaginava chissà cosa. Poi vennero i blog, YouTube e i social network, e nel 2009 una tesi sulla costruzione della reputazione in Rete la porta alla laurea in Scienze della Comunicazione. Per un certo periodo si è occupata di Media Education in quel di Bruxelles, poi è tornata a Milano ed è diventata web editor.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here