Diffusione, mercato, opportunità e limiti della Blockchain

Il 75,5% delle aziende a livello globale, secondo una ricerca IDC del 2018,  si attende che la blockchain contribuisca a guidare le proprie iniziative di Digital Transformation per i prossimi 5 anni. In Europa è però ancora bassa la percentuale di aziende che sta portando avanti progetti pilota o che dichiara di avere progetti in produzione su blockchain: in totale il 9% delle realtà intervistate. Per la maggior parte delle aziende, infatti, questa tecnologia non è conosciuta oppure non è chiaro in che modo possa essere introdotta all’interno dei processi aziendali e quali impatti possa avere sul proprio business.

Anche in Italia, la blockchain è ancora in una fase di studio: le aziende, e in alcuni casi anche gli Enti Pubblici, stanno intraprendendo dei progetti pilota e si trovano in una fase di test.

In generale, nel 2018, le aziende italiane che dichiarano di essere in una fase di valutazione di questa tecnologia, sempre secondo IDC, arriva a circa il 28%, ma di queste, quasi nessuna ha ancora pianificato l’introduzione o ha implementato dei progetti blockchain in produzione.

Blockchain – afferma Diego Pandolfi, research & consulting manager di IDC Italiafa parte della nuova era dei processi di Digital Trust che interessa i rapporti tra le aziende e la loro “comunità” di stakeholder: clienti, enti regolatori, fornitori e service provider. Il 2017 è stato l’anno in cui le aziende hanno iniziato a scoprire questa tecnologia e a valutarne i benefici e le sfide in merito all’adozione. Il 2018 si è confermato un anno importante che ha visto diverse aziende intraprendere progetti pilota e test rigorosi, fino ad arrivare in alcuni casi all’adozione della blockchain in processi in produzione. Questa tecnologia “collaborativa” sta contribuendo a trasformare le modalità con cui le aziende lavorano le une con le altre, abilitando nuovi livelli di fiducia e di relazione end-to-end, permettendo inoltre la riduzione dei costi dei processi di trust e allo stesso tempo un incremento dell’efficienza interna”.

C’è mercato per blockchain?

In base alle stime IDC, la spesa mondiale in blockchain da parte delle aziende di tutti i settori ha raggiunto 1,5 miliardi di dollari nel 2018, con una crescita del 103% rispetto al 2017, il che conferma come il 2018 sia stato un anno importante, soprattutto sia per attività di Proof-of-Concept.

Gli USA rappresentano l’area geografica principale per investimenti in blockchain, con una quota di circa il 46% del mercato totale. In Europa, gli investimenti in blockchain hanno raggiunto i 560 milioni di euro, anche in questo caso raddoppiando i valori degli investimenti rispetto al 2017, il che dimostra un forte interesse anche da parte delle aziende europee ad intraprendere progetti pilota in questo ambito.

Per i prossimi anni gli investimenti a livello mondiale in blockchain registreranno tassi di crescita importanti, con un CAGR stimato nel periodo 2018-2022 del 73% e un totale della spesa che nel 2022 raggiungerà a livello mondiale gli 11,7 miliardi di dollari.

La volontà di migliorare i processi attraverso la digitalizzazione  – continua Pandolfi di IDC – continuerà a spingere gli investimenti in blockchain, specialmente per rinnovare ed efficientare i processi obsoleti che presentano molti punti deboli in termini di sicurezza delle transazioni e scambio di dati”.

Quali i settori trainanti?

La crescita della spesa in blockchain, secondo le previsioni IDC, sarà trainata dal settore Finance, soprattutto grazie alla crescita dei progetti nel Banking, principalmente nelle aree del cross-border payments & settlements e nell’area trade finance. In queste aree, il settore bancario registrerà infatti dei benefici in termini di riduzione dei costi e di ottimizzazione dei tempi per l’esecuzione dei processi.

In ambito assicurativo, la blockchain sta iniziando ad essere applicata nel segmento degli smart contract e per l’automazione di alcuni processi, tra i quali ad esempio la gestione dei reclami.

Le opportunità si stanno espandendo anche in ambito manifatturiero, sia nell’industria di processo sia nell’industria discreta, soprattutto nell’area della supply chain per lo sviluppo di soluzioni che consentono la creazione di un sistema in grado di garantire nuove forme di trust tra gli attori delle filiere. La blockchain può infatti essere utilizzata nei processi di tracciabilità e di certificazione di prodotto, volti ad esempio alla verifica della provenienza (es. per i prodotti alimentari) o alla verifica dell’autenticità (es. abbigliamento).

Grazie all’applicabilità della blockchain nella supply chain, anche i settori del retail e della logistica trarranno benefici da questa tecnologia, nei processi di spedizione delle merci, nel monitoraggio dei prodotti e anche – come per il manifatturiero – per attività di intelligent track & trace, verifica della provenienza dei prodotti e verifica dell’autenticità.

Quali i limiti per la diffusione di blockchain?

Sono francamente preoccupato per la piega che sta prendendo la situazione rispetto al tema Blockchain” – afferma Stefano Epifani, presidente Digital Transformation Institute e recentemente nominato nel gruppo di esperti individuati dal MISE per l’elaborazione della strategia nazionale sulle tecnologie basate su registri distribuiti e blockchain. “Il combinato disposto di hype sul tema, mancanza di consapevolezza delle reali opportunità delle DLT da parte di cittadini, imprese ed istituzioni, che emerge anche dai dati della ricerca DTI, ed interessi economici che ruotano attorno al tema rischia di generare un vero e proprio mostro. Un mostro che, essendo concepito per fare tutto, rischierà di non essere utile a niente e, nella peggiore delle ipotesi, costare molto al Paese, che al solito rischia di essere, anche nel caso di questa tecnologia che è distribuita per definizione, tributario di iniziative che vedranno luce sotto altre bandiere. Serve una massiccia opera di sensibilizzazione verso le istituzioni da una parte e verso le aziende dall’altra, perché altrimenti quella che ad oggi sembra essere un incrocio tra una soluzione in cerca di problemi ed una panacea per tutti i mali rischierà di tradursi nell’ennesima opportunità persa”.

Le imprese – afferma l’esperto di blockchain e presidente della commissione UNI/CT 532 Andrea Cacciahanno bisogno di un quadro normativo stabile per programmare gli investimenti: è indispensabile che i provvedimenti legali creino le giuste condizioni senza introdurre vincoli tecnici che rischiano da un lato di bloccare l’innovazione, dall’altro di richiedere continui interventi di adattamento per “rincorrere” la tecnologia, vanificando così la ragione principale per cui i provvedimenti stessi vengono adottati. Stanno emergendo e si stanno consolidando utilizzi molto promettenti delle tecnologie BDLT che promettono di abbattere i costi in quei casi in cui per garantire la certezza delle transazioni o l’origine, l’integrità e l’autenticità delle informazioni, si farebbe ricorso a strutture centralizzate costose e poco flessibili. Ma il ruolo della standardizzazione in questo contesto è fondamentale. La disponibilità di standard per infrastrutture basate su BDLT svolge un ruolo abilitante in quanto, a differenza del caso delle criptovalute, le esigenze fondamentali per l’uso di blockchain da parte delle imprese sono riferite alla possibilità di integrare servizi e applicazioni gestite da soggetti diversi, dando a tutte le parti interessate garanzie sufficienti di disponibilità, integrità ed origine delle informazioni e delle transazioni”.

Decentralizzare – conclude Nadia Fabrizio, Senior Manager nella divisione Digital Interaction & Visual Experience Cefriel – è un paradigma che mette in discussione millenni di cultura umana basata sulla intermediazione. Nessuno, nemmeno il più illuminato degli scienziati, riesce a guardare queste tecnologie con gli occhiali solo del tecnologo, perché hanno aspetti così dirompenti da innescare in maniera inevitabile, in un senso o nell’altro, una presa di posizione.  Al di là di tutto, adesso serve studiare e comprendere per prepararsi al futuro. Di sicuro tra tre anni non avranno rivoluzionato il mondo come molti profetizzano, ma tra dieci potrebbero aver cambiato per sempre il modo in cui scambiano valore su Internet o costruiamo servizi. I protocolli sono in fase di sviluppo, e nemmeno al MIT hanno ancora trovato la quadra a certi problemi tecnici. Di sicuro serve capire, e sperimentare, provare e riprovare. Ma questo è chiaro ai più. Quale sia la strada italiana non è ancora chiaro. Il rischio di perdersi è grande. Importante la recente iniziativa del MISE che ha istituito un Osservatorio blockchain composto da esperti che possono delineare le linee strategiche nazionali. La speranza è che a fianco di iniziative specifiche, si pensi anche a iniziative di sistema volte a permettere ai piccoli e medi attori di accedere alle competenze e poter sperimentare queste tecnologie”.

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