Lo smart working piace agli italiani ma preoccupa il tema sicurezza: i dati Citrix

E’ il momento dello smart working in Italia? Sembrerebbe proprio di sì: lo confermano i dati di una recente ricerca condotta da Ales Market Research per Citrix Italia, che ha interessato un campione di 600 lavoratori che, per circa 2/3 delle ore lavorate a settimana, si trovano lontano dal loro ufficio primario. Dall’indagine emerge che lo smart working piace al 70% degli intervistati, e che gli stessi sarebbero anche disposti ad aumentare il numero di ore di lavoro settimanali fino a cinque in più, pur di beneficiare dell’elasticità che lo status di lavoratore mobile gli garantisce (il 52% del campione lavora già oltre l’orario d’ufficio almeno una volta al mese)

I vantaggi secondo le persone

Per il 68% del campione esso rappresenta la possibilità di avere orari di lavoro migliori con una migliore worklife balance, il 65% apprezza il fatto di poter risparmiare il tempo di viaggio e il 64% è convinto di poter migliorare, grazie a questa formula, la propria produttività, nonostante il 53% ritenga che l’interazione con l’ufficio debba essere migliorata e resa più veloce. I benefici del lavoro smart, però, non si limitano a questo. Il 54% ritiene infatti che i soft skill di flessibilità e di orientamento agli obiettivi a esso legati permettano di arricchire il proprio curriculum e facilitare la ricerca di un nuovo lavoro e il 46% pensa che la propria organizzazione dovrebbe investire di più nello smart working.

“Lo smart working è già una realtà e, come spesso accade, la legge interviene a regolare una situazione che di fatto esiste” afferma Benjamin Jolivet, Country manager di Citrix “Non si tratta soltanto una questione logistica: insieme allo smart working si fa strada un’idea di lavoro basata sulla responsabilità e sul raggiungimento degli obiettivi piuttosto che sul numero di ore e sulla presenza in ufficio.

Gli intervistati, infatti, credono che anche l’azienda possa trarre indiscutibili vantaggi in termini di competitività facilitando lo smart working: per il  59% esso aumenta la produttività, per Il 52% porta a una riduzione dei costi fissi, per il 45% a una cultura aziendale più flessibile e per il 42% offre maggior livello di soddisfazione per i dipendenti.

Le aziende e la tecnologia 

Secondo l’80% degli intervistati, all’interno della propria organizzazione il lavoro mobile è sostenuto, anche se il 50% di questi afferma che ciò avviene più per iniziativa dei dipendenti che per  una politica precisa e codificata  (che esiste solo nel 20% dei casi).

Ma che cosa significa, nella pratica, supportare il lavoro mobile? Il 37% degli intervistati afferma di essere in grado di accedere ai dati e alle applicazioni che si usano abitualmente da più dispositivi e il 32% di usufruire di procedure di accesso e autenticazione semplificate. L’accesso ai dati e alle applicazioni professionali viene garantito con continuità nelle ore notturne e nei fine settimana solo al 25% del campione mentre solo il 16% ha a disposizione un appstore aziendale dove accedere a tutte le app necessarie.

Il tema della sicurezza

Una delle principali questioni relative allo smart working, con cui i dipartimenti IT delle aziende si trovano a combattere ogni giorno è proprio la sicurezza. Emerge dalla ricerca che, quando si tratta di individuare dentro l’azienda un responsabile per la sicurezza dei dati, ci si trova di fronte a una realtà variegata per cui il 37% degli intervistati afferma di essere personalmente responsabile, il 24% afferma che la responsabilità è del dipartimento IT dell’azienda medesima, il 18% pensa sia condivisa mentre un preoccupante 20% non sa di chi sia.

Il 58% degli smart worker ha a disposizione per il proprio lavoro applicazioni Office o equivalenti; il 48% può avvalersi di strumenti di comunicazione con i colleghi quali app di instant messaging, condivisione di file o piattaforme social; il 31% può utilizzare applicazioni personalizzate dall’azienda mentre solo il 19% riesce a utilizzare software specifici di settore come per esempio applicazioni ERP personalizzati per  mercati definiti. A livello di dispositivi, PC e smartphone sono i più utilizzati (rispettivamente dal 58% e dal 57% del campione) seguiti da laptop (34%) e tablet (32%). Il desktop, quando utilizzato, resta ancora lo strumento principale per l’84% del campione; seguono laptop e smartphone, che viene considerato dispositivo principale dal 41%. Per quanto riguarda gli smartphone emerge un ulteriore dato interessante: l’84% è di proprietà del lavoratore mentre l’opposto accade con i PC desktop o laptop che rispettivamente nel 60% e nel 40% dei casi sono aziendali.

L’utilizzo di applicazioni di lavoro su dispositivi personali è consentito intorno al 90% dei casi, ulteriore conferma, qualora ce ne fosse bisogno, di come il BYOD stia prendendo piede in tutte le realtà aziendali mentre in sette casi su 10 i dispositivi aziendali sono strettamente personali e non utilizzabili da altri membri della famiglia.

Per tutti i dispositivi, la connessione più utilizzata è il Wi-fi, seguita dal cavo nel caso del desktop (44%) e dalla connessione 3G/4G per tablet e smartphone. E proprio in materia di connessione si registrano i principali problemi tecnici degli smart worker: il 33% lamenta infatti problemi di connessione, il 31% di caricamento lento dei dati e il 26% rileva problemi nel momento in cui deve collegare i dispositivi ad altre apparecchiature.

E il futuro? Il 27% degli intervistati pensa che le priorità siano legate alla sicurezza dei dati, il 25% alle questioni riguardanti la privacy mentre il 26% vorrebbe lo sviluppo di una politica chiara per il lavoro in mobilità all’interno della strategia aziendale.

Smart working: luci e ombre

Naturalmente non sono tutti vantaggi quando si parla di smart working: la possibilità di essere sempre raggiungibili rappresenta una preoccupazione per il 38% del campione; quella di eccedere con il numero di ore il 36% e il 71% sottolinea l’importanza di mantenere comunque una divisione tra lavoro e vita privata, mentre il 33% teme la perdita della dimensione sociale del lavoro a causa delle minor interazioni con i colleghi. Secondo il 36% questo aspetto potrebbe essere preoccupante anche dal punto di vista dell’azienda che vedrebbe diminuire lo spirito di gruppo e di appartenenza a un team.

 

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