7 motivi per i quali il live coding crescerà

Dal 14 al 17 febbraio si è tenuto un importante Algorave: 84 ore di musica non-stop in quella che è stato probabilmente la più grande manifestazione musicale totalmente online di sempre. Il 14 febbraio è stato il quindicesimo anniversario della nascita di TOPLAP, la comunità internazionale online di musicisti attivi nel live coding, ovvero musicisti che improvvisano musica programmando in tempo reale.

Come racconta un post pubblicato sul sito della community, il 14 febbraio del 2004, meno di una decina di live coder si trovarono ad Amburgo per incontrarsi e conoscersi. Persone provenienti da diverse parti del mondo, pionieri di un metodo di fare musica che ancora molti osteggiano, anche se la community conta ora più di 2000 persone iscritte alla chat collettiva di TOPLAP.

Un movimento che si è gradualmente ampliato, quindi, mantenendo come tratto distintivo l’idea di usare il computer come un vero e proprio strumento musicale da sfruttare in performance improvvisate e live. Il secondo aspetto caratteristico di TOPLAP è nei primi due punti del manifesto: totale apertura della conoscenza musicale, degli strumenti utilizzati e del processo creativo. I live coder di TOPLAP mostrano lo schermo al pubblico in modo che tutti possano vedere come programmano. Un modo per ricostruire la gestualità della performance musicale, che vari esperti individuano come fondamentale per la fruizione della musica. Una messa in mostra che non deve però scadere in ostentazione della tecnica perché, come scritto nel manifesto, “non deve essere necessario per il pubblico capire il codice per apprezzarlo, tanto come non è necessario saper suonare una chitarra per apprezzare la visione di una performance chitarrristica”.

Se la pratica di produrre musica con i computer improvvisando è ben più antica e risale almeno agli anni ’80, il merito di TOPLAP è stato quello di organizzare la sottocultura del live coding e di creare gli strumenti, anche se rudimentali, per mettere in comunicazione gli artisti, arrivando a una definizione piuttosto precisa del movimento.

La rapida crescita di TOPLAP, soprattutto negli ultimi anni, è un fenomeno da non sottovalutare e che, anzi, può offrire ai musicisti una nuova opportunità per rilanciare il significato dei live nell’era delle registrazioni digitali, che ci hanno abituato a una musica che produce opere immutabili nel tempo, che restano sempre uguali, oggi come dieci anni fa.

7 motivi per i quali il live coding crescerà

Il live coding continuerà a evolversi, a crescere, e resterà uno dei più interessanti movimenti musicali di questo secolo. Mentre proviamo a spiegare il perché, è possibile ascoltare in sottofondo qualche video tra quelli che ho selezionato privilegiando la varietà stilistica:Alexandra Cárdenas – street code, Andrew Sorensen – jazz, Ganzfeld – sperimentale, Shelly Knots – sperimentale, Benoît and the Mandelbrots – etnica/sperimentale, Sam Aaron – dance.

1. I Live Coder vengono da due controculture e ne hanno creata una nuova

Il live coding nasce, in breve, dall’incontro di due sottoculture: quella degli hacker e quella della musica elettronica, con frequenti riferimenti alla cultura rave. Nonostante la community sia concorde nel ritenere la cultura rave come una sola delle tante componenti del live coding, il risultato è la perfetta unione delle due: ci sono gli ideali di condivisione della conoscenza e il rifiuto delle gerarchie. L’organizzazione riprende gli strumenti “da nerd” che si pongono in alternativa all’accentramento di internet, mentre le discussioni estetiche rifiutano il pensiero dominante delle accademie (o il presunto tale). «La scena del live coding – scrive Alexandra Cárdenas – è un prototipo di comunità utopica dove chiunque può contribuire, sia che suoni da un giorno che da dieci anni. È una questione politica, che ha a che fare con l’integrazione delle diversità in comunità diverse». Sul sito della International Conference on Live Coding, che raccoglie la componente accademica del movimento, si fa esplicito riferimento al rifiuto di ogni commento verbale o atteggiamento offensivo relativo a “genere, identità ed espressione di genere, orientamento sessuale, disabilità, aspetto fisico, corporatura, razza, religione”. Ci vorrebbe tempo per un’analisi accurata della cultura live coding, data la mole delle testimonianze e delle tracce lasciate in rete durante questi 15 anni, tra mailing-list, chat, wiki, repository e siti web.

2. I Live Coder sono sia popular che accademici

Buona parte della community dei live coder ha un’esperienza nel mondo accademico, spesso in contesti vicini alla ricerca in nuove tecnologie musicali. In un certo senso, tanto più sono elevate le conoscenze scientifiche del live coder, tanto più questi è avvantaggiato nel tentativo di raggiungere nuove soluzioni espressive, perché già oggi il live coding sfrutta tecniche allo stato dell’arte della produzione e delle interfacce musicali. In altre parole, molti live coder si creano autonomamente gli strumenti e le librerie di cui hanno bisogno. Questa vicinanza con l’ambiente musicologico e al contempo con il mondo popular della dance music è decisamente singolare per il periodo storico in cui viviamo, in cui la musica “accademica” è ancora circoscritta a un piccolo gruppo elitario di addetti ai lavori, proprio come nel secolo scorso. Sembra, insomma, che nel mondo del live coding il gusto popolare stia finalmente ritrovando aspetti comuni alla musica più “studiata”.

3. Il Live Coding è live

L’aspetto di improvvisazione del live coding è la sua caratteristica essenziale. Ancora una volta, è in controtendenza rispetto alla cultura dominante, in cui le registrazioni in studio sono il principale mezzo per fruire musica. Ultimamente però, i grandi servizi di streaming stanno stimolando un nuovo modo di percepire la traccia registrata: non andiamo più a comprare un disco al negozio per aggiungerlo alla nostra collezione, ma piuttosto accendiamo lo smartphone e scegliamo una canzone in un catalogo enormemente più grande di quello del vecchio negozio di dischi. Non abbiamo più la necessità di filtrare la musica che ascoltiamo in base alla descrizione, né dobbiamo adeguarci a riascoltare lo stesso disco perché in casa abbiamo un elenco limitato. Non siamo più portati, insomma, a riascoltare in continuazione la stessa musica, ma piuttosto a cercarne di nuova; perde forza il fattore che ha scatenato moltissimi cambiamenti culturali nelle pratiche musicali del Novecento. L’improvvisazione nel live coding, oltre a essere perfettamente coerente con la controcultura live coding, potrebbe rivelarsi l’arma giusta per inserirsi in questo nuovo contesto sociale dove si ascolta una canzone e la si dimentica (quasi) immediatamente.

4. Il Live Coding apre nuovi scenari senza distruggere il passato

Le possibilità tecniche che offre la computer music sono virtualmente infinite. Eppure, forse anche forte dell’esperienza della prima musica elettronica (per esempio quella di Schaeffer e Stockhausen), di fronte a così tante nuove possibilità, il live coding non si è posto in totale rottura con il linguaggio musicale in uso, ma ha deliberatamente scelto di richiamarsi a generi ben definiti. In realtà, i live coder spaziano su tutti i generi musicali esistenti, dalla dance al jazz e al pop fino alla musica più avanguardistica. Anche in questo, in effetti, è innovativo: è un non-genere musicale, che non basa la sua identità sulle strutture semantico-musicali che servono alle case discografiche per settorizzare il mercato, bensì sul mezzo della sua produzione. Se c’è un elemento del linguaggio onnipresente nel live coding è probabilmente la ripetizione di pattern e insieme la casualità nella loro generazione, il che rimanda alla musica minimalista; questo però è dovuto ai limiti delle attuali librerie per la composizione algoritmica e non alla pratica del live coding di per sè. In generale, il live coding si pone nell’ottica di innovare qualcosa di esistente, anziché distruggerlo, e non ha alcuna pretesa di fare qualcosa di migliore rispetto al passato.

5. Il live coding è multimediale

Forse l’aspetto migliore del live coding è la sua multimedialità. L’attività musicale è spesso collegata ad attività di arti visive, sempre live coded. Musicisti e digital artist si uniscono per creare performance a più livelli, a volte – raramente in realtà – con messaggi testuali espliciti proiettati sullo schermo. In alcune occasioni i live coder interagiscono anche con attori, altri musicisti o altro. La performance non è limitata all’uso del computer, che si pone più come una cabina di regia che come vero e proprio strumento.

6. Il Live Coding non ha virtualmente limiti espressivi

Dagli anni ’50 a oggi, la computer music ha creato una grande quantità di strumenti, pratici e teorici. Oggi sappiamo come possiamo produrre suoni di ogni tipo con un computer, simulando timbri di oggetti reali o inventandone di nuovi. Sappiamo come modificare i parametri di esecuzioni musicali per ottenere espressività ed emotività differenti e sappiamo anche come creare automaticamente musica in modo simile all’uomo. Ok, quest’ultimo punto è vero solo in parte, ma è abbastanza comune lasciare che il computer produca autonomamente musica che rispetti particolari vincoli, come la musica che scrive l’uomo. Quello che voglio dire è che l’implementazione di algoritmi simili in un sistema per il live coding non è impensabile, sebbene difficile per una community piccola e iper-frammentata come quella di TOPLAP.

7. Il Live Coding è ancora un neonato

Nonostante sia nata 15 anni fa e sebbene sia cresciuta enormemente, TOPLAP è ancora piuttosto piccola. Le tecnologie musicali sono in costante crescita ma la community si è finora concentrata sulle possibili interfacce, sperimentando linguaggi di programmazione visuali, ibridi e testuali, soffermandosi in particolare sui linguaggi di programmazione funzionali. Personalmente, per quel poco che ho provato, credo che il live coding possa fare grandi salti di qualità implementando altre tecnologie (come quelle citate al punto precedente), che prescindono dall’interfaccia usata. I metodi esistenti nella computer music sono utilizzabili nei contesti live coding per via del fatto che non è necessario lo sviluppo di un’intera interfaccia grafica e il mantenimento di compatibilità tra componenti complessi come invece nei software commerciali per la produzione musicale. Un esempio di progetto di ricerca che vuole portare questo genere di innovazioni in contesti musicali real-time è MIMIC.

Ciò che è mancato finora è stata una grande mente musicale che sapesse fare un grande uso delle tecnologie e che fosse in grado di presentarle al mondo come un nuovo metodo capace di interagire con altri soggetti espressivi (musicisti, attori, performer, etc.), senza porre il live coding come alternativa agli approcci tradizionali. Senza voler offendere gli attuali live coder, nella mia ricerca ho sentito solo una manciata performance che raggiungevano alti livelli artistici, e non a causa della difficoltà tecnica – che verrà comunque lentamente abbattuta. Insomma, musicisti, fatevi avanti perché qui c’è terreno per voi!

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