Un piano per l’Italia delle Telecomunicazioni

La presentazione del piano industriale di TIM è sempre un’occasione per fare il punto sullo stato di salute non solo del principale operatore del settore delle comunicazioni elettroniche italiane, ma dell’intero comparto. E’ uno sguardo al recente passato e una vista sui prossimo triennio (2019-2021), sulle sfide in atto per garantire al Paese un percorso virtuoso verso la creazione delle reti e dei servizi della Gigabit Society. Lo faremo guardando in avanti, ma dando un’occhiata agli ultimi tre piani, alla ricerca delle principali discontinuità.

Il bilancio del 2018

Il 2018 che ci lasciamo alle spalle è stato un anno di forte competizione, caratterizzato dall’ingresso sul mercato del nuovo operatore ILIAD, ma anche dalle conseguenze del contenzioso sulle modalità di tariffazione (il famoso mese da 28 giorni), la cui combinazione ha portato tensioni sui ricavi e la redditività stessa di tutte le aziende, con le potenziali ripercussioni sui livelli occupazionali che rimangono all’ordine del giorno. Dopo il 2017 del ritorno alla crescita, sia in Italia che in Brasile, la dinamica dei ricavi di gruppo del 2018 rimane lievemente positiva, ma per effetto della performance brasiliana, mentre i ricavi domestici scendono dell’0,6%, con una situazione che è peggiorata nell’ultimo trimestre. Il margine operativo lordo torna a scendere, nonostante la crescita a due cifre del Brasile, mentre migliora il free cash flow, al netto del costo delle frequenze 5G (circa 2,4 miliardi di euro, con degli esborsi distribuiti nel tempo) e il debito netto rimane sostanzialmente costante. Un anno di transizione.

TIMe, Il senso del tempo

Negli ultimi tre anni i titoli del piano triennale sono sempre stati evocativi: da “A Transforming Company”, fino a “DigiTIM” e al contemporaneo “TIMe to deliver and delever”. Allo stesso tempo evolvono i pilastri del rilancio, ma gli ingredienti chiave rimangono molto simili: leadership infrastrutturale, qualità dei servizi e fidelizzazione di una customer base premium, semplificazione dei processi, generazione di cash flow e deleverage. Company at work.

Partnership

Il nuovo piano parte dagli accordi di collaborazione, destinati a modificare l’assetto concorrenziale del comparto, con un impatto che dipenderà molto dall’equilibrio raggiunto tra i diversi interessi in gioco, non ultimi quelli dei consumatori. Nelle infrastrutture di rete mobile si discute con il tradizionale rivale Vodafone, non solo per le componenti passive (le torri), ma anche per quelle attive in chiave 5G. Sulla rete di nuova generazione fissa, dopo la joint-venture con Fastweb (Flash Fiber, controllata da TIM), si apre il confronto con il nuovo operatore Open Fiber (controllata in modo paritetico da Enel e Cassa Depositi e Prestiti, CdP), che ha lanciato uno dei più ambiziosi progetti di cablaggio in fibra ottica del panorama europeo (Fiber To The Home, vale a dire con la fibra che arriva fino a casa degli utenti). Collaborare per competere.

Il triangolo del successo

In un settore che continua ad essere caratterizzato da un elevato tasso di innovazione e un’alta intensità di capitale, è fondamentale trovare un equilibrio tra la dinamica dei ricavi, dei costi e degli investimenti che abilitano l’innovazione. Le aspettative sui ricavi sono di una sostanziale stabilità, ovvero di una leggera crescita (dal 2020), che rimane la sfida degli operatori storici e, oggi, di tutti gli attori consolidati. Se i ricavi si sviluppano a rilento, la pressione sull’efficienza rimane un leitmotiv, con la fiducia in un’ulteriore razionalizzazione dei costi operativi, proseguendo e rilanciando il percorso già avviato. Il tema degli investimenti non rappresenta una sfida da meno. Dal 2015 il rapporto investimenti/ricavi di Telecom Italia è stato tra i più alti in Europa, anche per effetto della necessità di realizzare le reti di nuova generazione, sia per il mobile che per il fisso. Se possibile, questa sfida diventa ancora più rilevante con l’avvento delle reti fisse interamente in fibra (FTTH) e le reti mobili 5G, che saranno sempre di più inscindibili. Finanziare gli investimenti per costruire il futuro.

Mercati

Cosa si devono aspettare i clienti? La promessa per i clienti consumer è di una qualità crescente, con un posizionamento sempre più premium, l’abbandono dei repricing (leva che gli operatori hanno attivato più volte nel 2018), una razionalizzazione dei canali, anche per frenare l’effetto “washing machine” e un rinnovamento delle piattaforme di caring verso strumenti sempre più integrati e digitali. Per i clienti business, l’attenzione rimane focalizzata sul ruolo di solution provider ICT per i clienti maggiori e sull’approccio one-stop-shop per le PMI, valorizzando sempre di più la convergenza tra fisso, mobile e ICT. Sullo sfondo la battaglia per frenare la riduzione delle linee fisse, che sono scese di 300.000 unità nel solo quarto trimestre del 2018.

Deliver

Raccogliere quanto si è seminato, sfruttare il potenziale di competenze e presidio commerciale rimane un’ambizione di grande attualità. La sintesi è nel take-up dei servizi innovativi, che rappresenta la chiave di volta per mettere a reddito gli investimenti, ma anche per ammodernare la relazione con i clienti TIM, che comprendono anche la parte più analogica della clientela italiana. Un’altra vetta da scalare rimane quella della semplicità e dell’agilità, sia nell’offerta che nei processi, che scontano inevitabilmente le legacy di una delle realtà più complesse del panorama nazionale, sia per dimensione che per stratificazione di processi e sistemi informativi. Delivery e execution.

Deleverage

Il debito, la croce che accomuna TIM al Paese. Mille motivi, mille responsabili, qualche rimpianto, ma un tema con cui inevitabilmente convivere. Non esistono ricette magiche, ma solo la disciplina e il rigore, valutando le opportunità per eventuali dismissioni. Rigore per garantire i risparmi attesi, ma anche l’efficienza nella gestione degli importanti investimenti che sono tuttora necessari (3 miliardi all’anno, calati di circa 700 milioni nell’ultimo anno, al netto delle frequenze). Senza dimenticare il valore strategico e il potenziale prospettico di alcune attività, come ha dimostrato negli ultimi anni il contributo dato da TIM Brasil ai risultati di gruppo. 22 miliardi di debito netto, il traguardo del 2021.

Vicini e lontani

Il Brasile, Inwit, ma anche Sparkle, Olivetti e Persidera sono lontani o vicini a seconda dei momenti. Di fatto, rappresentano delle componenti che incidono in misura anche rilevante sul valore del Gruppo, come dimostrano la capitalizzazione di TIM Brasil e Inwit, nonché le prospettive di business per alcuni dei mercati che indirizzano. Rewamping.

Lo Stato alla finestra

Lo Stato è stato il primo beneficiario dell’asta sulle frequenze 5G, che dai 2,5 miliardi attesi è arrivata al primato mondiale, in termini di prezzo per abitante, di 6,5 miliardi di euro. Uno Stato che è presente in Open Fiber e da un anno è tornato ad essere azionista di TIM (attraverso CdP), con una quota che potrà arrivare al 10%. Uno Stato che ha investito, e sembra intenzionato a proseguire in questa direzione, come pochi altri nel finanziamento delle reti fisse di nuova generazione, prima attraverso contributi alle imprese e più recentemente nella realizzazione di una rete pubblica nelle aree a fallimento di mercato, bandi che si è aggiudicata Open Fiber, con un contributo pubblico pari a circa 1,5 miliardi di euro. Oltre la Golden Power, è il momento di battere un colpo.

Buon vento.

 

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