Banda “ultralarga”: l’Agcom detta le regole in materia di unbundling

Dopo due anni di aggiustamenti e ripensamenti, ieri l’Agcom ha formalmente approvato all’unanimità la delibera che regolamenterà la rete internet di nuova generazione, definita da molti banda “ultralarga“.

Al centro delle polemiche che negli anni hanno infiammato la discussione sul tema, vi è lo scontro tra Telecom Italia e gli altri gestori i quali da tempo le chiedono, fino ad ora senza successo, di affittare l’ultimo miglio dei nuovi network in fibra ai concorrenti, così come avviene oggi per la rete in rame. Ci è voluto l’intervento di Bruxelles, ma alla fine, tra il favorire gli investimenti di Telecom o lo sviluppo della concorrenza, l’Agcom ha, apparentemento, scelto la concorrenza. Nel provvedimento, infatti, si afferma il principio di obbligo di unbundling per Telecom ai concorrenti “dove tecnicamente possibile e tenendo conto dell’effettivo sviluppo del mercato”.

Ques’ultima nota, però, rende di fatto non praticabile la norma poichè il  tipo di rete in fibra scelto da Telecom (architettura Gpon) impedisce prorio tecnicamente, l’unbundling fisico, la modalità che negli anni ha permesso di offrire ai clienti le soluzioni economicamente più vantaggiose. Di qui l’obbligo per Telecom di “presentare un’offerta sui servizi passivi, quali innanzitutto il cosiddetto servizio end to end (l’accesso disaggregato alla fibra compatibile con l’attuale architettura di rete scelta dall’incumbent), le singole componenti che lo formano (c.d. building blocks), l’accesso alle opere civili (ad es. cavidotti)” spiega Corrado Calabrò presidente dell’Agcom.
Con l’end to end l’operatore potrà comprare da Telecom la parte di rete che gli serve per arrivare fino all’utente con la fibra, utilizzando i cavidotti di Telecom e la sua cablatura dei palazzi.
In futuro, l’obbligo di unbundling potrebbe rientrare grazie a nuove tecnologie come per esempio quella del colore della fibra, che permetterebbe l’unbundling anche con il Gpon. “Con questa delibera, l’Italia si colloca nel gruppo ristretto dei Paesi che hanno gia’ completato il quadro regolamentare funzionale allo sviluppo delle reti di nuova generazione, come sollecitato dall’Agenda digitale europea, conciliando promozione degli investimenti e tutela della concorrenza“. dichiara infine Calabrò.

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