Il parlamento del Regno Unito indaga sulle pratiche fiscali dei giganti internazionali della new economy ma anche dell’economia tradizionale. Le multinazionali avrebbero aggirato la tassazione nel paese tramite una accordi non dichiarati con le autorità tributarie dei cosiddetti paradisi fiscali, o di paesi interessati ad ospitare le sedi europee di società americane, e pratiche fiscali ‘creative’.
I deputati della commissione Conti Pubblici di Westminster hanno chiesto, infatti, ai dirigenti di società del calibro di Google, Amazon e Starbucks conto delle proprie scelte fiscali. L’iniziativa è arrivata dopo una serie di inchieste giornalistiche che mostravano il pagamento di somme ridottissime da parte delle aziende a fronte di forti entrate nel paese.
Una lunga indagine della agenzia di stampa Reuters ha, ad esempio, dimostrato che Starbucks ha pagato soltanto 8.6 milioni di sterline in tasse durante 14 anni di attività. La multinazionale ha ridotto il carico fiscale grazie ad un accordo confidenziale favorevole con l’Olanda, paese dove ha sede un grande impianto di torrefazione e il quartier generale europeo della multinazionale del caffè.
Google ed Amazon hanno usato strategie simili, aprendo le proprie sedi legali europee in paesi che offrivano significativi vantaggi. Amazon sarebbe riuscita ad aggirare la tassazione trasferendo nel 2006 la proprietà della sussidiaria britannica ad una società con sede legale in Lussemburgo. In questo modo, a fronte di entrate lo scorso anno pari a 3.3 miliardi di sterline nel paese, il gigante dell’e-commerce non avrebbe praticamente pagato tasse sui profitti. Google avrebbe utilizzato pratiche simili per ridurre fortemente quanto dovuto all’erario. Google-UK, con una simile strategia, a fronte di vendite nel 2011 pari a 2.5 miliardi di sterline avrebbe pagato soltanto 3.4 milioni di tasse, secondo il quotidiano The Guardian.
“I cittadini – ha spiegato enfaticamente il presidente della commissione del Regno Unito, Margaret Hodge – vogliono sapere perché certe aziende, che usano le infrastrutture locali e pagano stipendi bassi integrati da sgravi fiscali pagati dai contribuenti, non fanno la loro parte“.
“Noi paghiamo tutto quel che siamo tenuti a pagare“, ha risposto Matt Brittin, responsabile di Google per il Nord Europa, ammettendo apertamente di aver aperto il quartier generale europeo in Irlanda proprio per il trattamento fiscale favorevole. La dichiarazione, in sintesi e tradotta, suona molto: il mercato globale e le leggi internazionali ci permettono simili pratiche fiscali, non violiamo nessuna legge; ovvero questo è il sistema globale noi sappiamo sfruttarlo.
“Non vi stiamo accusando di illegalità, ma di immoralità“, ha però ribattuto con forza Hodge, che alla fine ha commentato “I consumatori farebbero bene a boicottare queste aziende“.
E’ un continuo drenare di liquidità dal vecchio al nuovo continente, non è sorprendente che aziende Europee abbiano difficoltà a competere e gli Stati vacillino.
In attesa di una Europa Federale con una fiscalità omogenea, sono convinto che il boicottaggio e la ricerca di provider di servizi Europei sia l’unica strada da percorrere nell’interesse nostro e delle nostre strutture sovrannazionali.